Effettuato il primo trapianto al mondo di un cuore di maiale in un uomo cardiopatico

E' di pochi giorni fa la notizia dell'effettuazione del primo trapianto al mondo di un cuore di maiale in un uomo cardiopatico. Tecnicamente, si parla di "xenotrapianto" (trapianto da una specie animale ad un'altra). Si può facilmente comprendere come un tale esperimento, se coronato da un effettivo e duraturo successo, potrebbe rappresentare una significativa soluzione alla cronica carenza di organi da trapiantare, a fronte di lunghe liste di pazienti in attesa di ricevere una chance di vita.

E’ di pochi giorni fa la notizia dell’effettuazione del primo trapianto al mondo di un cuore di maiale in un uomo cardiopatico. Tecnicamente, si parla di “xenotrapianto” (trapianto da una specie animale ad un’altra). Si può facilmente comprendere come un tale esperimento, se coronato da un effettivo e duraturo successo, potrebbe rappresentare una significativa soluzione alla cronica carenza di organi da trapiantare, a fronte di lunghe liste di pazienti in attesa di ricevere una chance di vita.
L’innovativo intervento, realizzato da un’equipe di medici della University of Maryland School of Medicine (Usa), coordinati dall’esperto chirurgo Bartley P. Griffith, è stato effettuato su David Bennett, un paziente 57enne affetto da una forma gravissima di aritmia che lo avrebbe in breve portato alla morte. Purtroppo, le sue condizioni cliniche estremamente compromesse escludevano un suo ingresso nelle liste d’attesa per ricevere un cuore umano. Dunque, per Bennet si è presentata un’unica alternativa alla morte certa: scegliere di sottoporsi a questa tipologia sperimentale di trapianto, pur segnata ancora da molte incognite. Ovviamente, la FDA (ente regolatorio per le autorizzazioni sanitarie negli Usa) aveva dato la preventiva autorizzazione in emergenza (“uso compassionevole” della procedura).
La buona notizia è che ad oggi, dopo pochi giorni dal trapianto, David Bennett è vivo, il suo nuovo cuore svolge adeguatamente la propria funzione e i medici sperano anche di poterlo presto disconnettere dalla macchina cuore-polmoni (ECMO), che finora ha supportato la ridotta funzionalità cardiaca. Ovviamente, si spera che nei prossimi giorni e mesi non sopravvengano gravi complicazioni. Sul piano clinico, i maggiori rischi legati a questo tipo di intervento – lo ricordiamo, effettuato in questa forma per la prima volta al mondo – riguardano anzitutto il rischio di rigetto, accentuato dalla provenienza animale dell’organo, e la corretta funzionalità e crescita “in situ” del cuore trapiantato (un cuore di maiale cresce di più di un cuore umano). Per dare soluzione (almeno parziale) al primo di questi problemi, gli scienziati hanno agito in parte alla radice – utilizzando per il trapianto il cuore di un maiale geneticamente modificato (fornito dalla Revivicor, una compagnia statunitense che si occupa di medicina rigenerativa), in modo tale da renderlo immunologicamente più compatibile con l’organismo umano -, in parte sul versante farmacologico – somministrando a Bennett un nuovo e più potente farmaco immunosoppressore (un composto sperimentale preparato dalla Kiniksa Pharmaceuticals). Per attenuare il secondo problema, ovvero il maggiore tasso di crescita del cuore suino, la modificazione genetica dell’animale (che ha riguardato in totale 10 geni) ha previsto anche il “silenziamento” di un gene per prevenire l’eccessiva crescita del suo tessuto cardiaco. In definitiva, i medici della University of Maryland School of Medicine stanno davvero mettendo in campo ogni sforzo e risorsa possibile perché questo xenotrapianto possa avere successo, dando speranza di vita a Bennett e a tanti altri pazienti come lui in attesa di un organo.
Fin qui, la descrizione – in forma di estrema sintesi – della procedura medica adottata. Cosa dire invece sul piano del ragionamento etico? Quali le eventuali problematiche connesse ad un intervento così sperimentale e particolare? Anzitutto, valgono le medesime condizioni richieste per qualunque trapianto, circa la correttezza scientifica delle procedure, le ragionevoli speranze di successo e la valutazione dei rischi prevedibili (in rapporto alla gravità della patologia in atto e della prognosi per il paziente). Si è già sottolineato come per David Bennett questa sperimentazione, regolarmente autorizzata dalle autorità sanitarie, costituisse l’unica possibilità concreta per una speranza di vita.
Un rischio specifico insito negli xenotrapianti è la possibilità di trasmettere, insieme all’organo animale, delle infezioni (dette “zoonosi”) causate da virus non nocivi nell’animale stesso, ma che nell’uomo potrebbero risultare dannosi. In questo caso, trattandosi di maiali allevati e “controllati” fin dalle fasi embrionali, con uno stato di salute certificato, il rischio di xenozoonosi è ridotto quasi a zero, pur persistendo la possibilità teorica di una sua occorrenza.
Spostandosi sul versante antropologico, poi, va considerato il problema etico dell’eventuale impatto, oggettivo e soggettivo, che un organo (o anche un tessuto) di origine animale può avere sull’identità del soggetto umano che lo riceve. Assumendo che per identità personale intendiamo la singolarità e irriducibilità dell’essere umano in rapporto al suo “essere” (livello ontologico, oggettivo) e al suo “sentirsi” (livello psicologico, soggettivo), riconosciamo che tale identità costituisce un bene intrinseco della persona, un valore morale che reclama il diritto/dovere di promuoverne e difenderne l’integrità. Da ciò deriva che il trapianto di un organo (e tanto più di un organo animale) estraneo al corpo trova un limite etico nel grado di modificabilità che esso eventualmente comporta per l’identità del ricevente, tanto sul piano oggettivo quanto su quello soggettivo. Nel caso in esame, a livello oggettivo, il cuore – anche se di origine animale – rimane un organo meramente funzionale che, una volta integrato nell’organismo che lo riceve, certamente non provoca cambiamenti sostanziali nella persona. Diverso è il discorso sul piano soggettivo: qui dovrà essere il paziente stesso a valutare quanto la propria identità percepita possa essere modificata, in base alla carica simbolica che il nuovo organo viene ad assumere per lui. Nel caso di David Bennett, egli stesso ha esplicitamente dichiarato di aver scelto con piena consapevolezza e convinzione di sottoporsi al trapianto di cuore suino, accettandone in pieno la provenienza. Anche su questo versante, quindi nessun problema etico.
Rimane sullo sfondo (non possiamo affrontarla qui) la questione etica di fondo circa la liceità o meno – con le relative condizioni – dell’uso (o dell’eventuale sacrificio) degli animali per il benessere dell’uomo.

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