Natale. Padre Scalese: “Sorgerà una Stella anche in Afghanistan”

La riflessione natalizia di padre Giovanni Scalese, Superiore ecclesiastico della Missione sui juris dell’Afghanistan. Per lui questo è il primo Natale in Europa, dopo gli anni trascorsi nel Paese asiatico, piombato "in una crisi umanitaria senza precedenti, tra l’indifferenza generale". Si direbbe, scrive il religioso barnabita, che "anziché veder sorgere una stella, l’Afghanistan stia sprofondando nelle tenebre piú cupe. Ma i Magi avvistarono la stella in Oriente e vennero a Betlemme per adorare il Signore. Si dice che uno di loro, Gaspare,  fosse un sovrano dell’Impero Kusana, corrispondente all’attuale Afghanistan".

(Foto: Unicef)

Quello del 2014 fu il mio ultimo Natale in Italia. Il 4 novembre di quell’anno ero stato nominato Superiore ecclesiastico della Missione sui juris dell’Afghanistan. In procinto di partire per Kabul, inviai agli amici i miei auguri natalizi: “Vidimus stellam eius in oriente et venimus adorare eum (Mt 2: 2).  I Magi provenivano dall’Oriente. Uno di loro, Gaspare, pare che fosse un sovrano dell’Impero Kusana, corrispondente all’attuale Afghanistan. I Magi avvistarono la stella in Oriente e vennero a Betlemme per adorare il Signore. Quest’anno mi aggregherò a loro nel viaggio di ritorno: il 7 gennaio mi trasferirò in Oriente, a Kabul, per iniziare la mia nuova missione. Nella speranza di vedere anch’io, di lì, il sorgere della medesima stella”.

(Foto Missio sui iuris of Afghanistan)

Tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018, con l’aiuto di un giovane araldista slovacco, fu disegnato lo stemma della Missione: uno scudo azzurro con una mezzaluna d’argento sormontata da una stella d’oro a otto punte, accollato alla croce di Herat (uno dei pochi vestigi dell’antica presenza cristiana nell’Afghanistan preislamico). Sotto lo scudo, il motto: Orietur stella (= “sorgerà una stella”). Il motto era ripreso dal quarto oracolo di Balaam: «Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele» (Nm 24: 17). Sul n. 4 (Natale 2017) di Nasara, newsletter della Missione, veniva data la spiegazione del motto: “Questo versetto probabilmente riguardava Davide, ma, attraverso di lui, esso faceva riferimento a tutta la sua dinastia e, in particolare al Messia. Nell’antico Oriente, la stella era il simbolo di un dio o di un re. Nell’interpretazione messianica cristiana, la stella si riferisce a Gesú. Quando i magi arrivano a Gerusalemme, in cerca del Re dei Giudei, dicono: ‘Abbiamo visto la sua stella in Oriente’ (Mt 2: 2, secondo la Volgata). È una specie di compimento della profezia di Balaam”. Dopo aver ripreso, a proposito dei magi, le informazioni contenute negli auguri natalizi del 2014, Nasara concludeva: “Il nostro auspicio è che quella stella possa sorgere di nuovo. Fuor di metafora,

il nostro auspicio è che un giorno gli Afghani possano incontrare Cristo.

Sembrerebbe che, con gli eventi dell’agosto scorso, quell’auspicio sia stato categoricamente e definitivamente smentito. Il potere, in Afghanistan, è stato ripreso da una delle frange più estremiste del fondamentalismo islamico. La quasi totalità dei pochi cristiani che erano presenti in Afghanistan ha lasciato il paese, in attesa degli eventi, ma senza farsi eccessive illusioni di potervi presto ritornare. Il rischio è che l’Afghanistan, dopo il breve periodo in cui si è trovato al centro dell’attenzione dei media, possa cadere nell’oblio ed essere dimenticato da tutti. Quel che è peggio è che esso potrebbe piombare in una crisi umanitaria senza precedenti, tra l’indifferenza generale. Si direbbe che, anziché veder sorgere una stella, l’Afghanistan stia sprofondando nelle tenebre piú cupe.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Ma il Signore ci assicura: ‘I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie’ (Is 55: 8). Dio agisce nella storia con modalità diverse dalle nostre, il più delle volte adottando criteri per noi semplicemente inimmaginabili. Giorni fa è venuto a trovarmi l’incaricato della pastorale dei migranti dell’Arcidiocesi di Vienna, il quale ha voluto condividere con me la sorprendente esperienza che sta attualmente facendo la Chiesa austriaca:

centinaia di afghani chiedono il battesimo! Motivo? Nel loro lungo errare verso l’Europa, essi hanno incontrato comunità cristiane accoglienti, sempre pronte a venire loro incontro in modo gratuito e disinteressato. Attraverso quelle comunità, hanno incontrato Cristo!

In questo primo Natale che, dopo sette anni, trascorro di nuovo in Europa, mi viene spontaneo ripetere con i magi: ‘Abbiamo visto la sua stella in Oriente, e siamo venuti per adorarlo’.

(*) superiore ecclesiastico della Missione sui juris dell’Afghanistan

 

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