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Myanmar. Mons. Kung (Hakha): “Nessuna decorazione e canto natalizio, sarà un Natale celebrato in silenzio”

Uccisioni sommarie e, arresti e persone in fuga, famiglie divise, chiese e luoghi di culto attaccati e profanati. Dal 1 febbraio, il Myanmar è sotto la morsa di un regime militare che ha preso con la forza il potere. È in questo contesto che i cristiani celebreranno quest’anno il Natale. Al Sir, la testimonianza del vescovo di Hakha, mons. Kung: “La situazione attuale del Paese non ci permette di celebrare il Natale quest'anno come di consueto. Non ci sarà, ad esempio, nessuna decorazione in casa e nelle città, nessun canto natalizio. Ma sentiamo che il significato spirituale del Natale si fa sentire ancora più potente nei nostri cuori. Gesù bambino nacque nella piccola città di Betlemme. Ed è qui e ora, nella Betlemme che è la diocesi di Hakha e il Myanmar in generale, che Gesù Bambino vuole nascere ancora”

(Foto ANSA/SIR)

Nessuna decorazione nelle case e in città. Nessun canto natalizio. “A causa della situazione attuale, i cristiani non potranno celebrare con gioia il prossimo Natale come in passato. Sarà una celebrazione del Natale in silenzio. Ma la gioia dei nostri cuori per il Gesù che nasce, anche oggi, anche qui, non può essere portata via da nessuno”. Raggiunto dal Sir, è il vescovo di Hakha, mons. Lucius Hre Kung, a descrivere il “clima” in cui quest’anno in Myanmar, i cristiani si apprestano a vivere il Natale, in un Paese che dal 1 febbraio, dopo la presa del potere dei militari con un colpo di stato, sta vivendo sotto un regime di violenze, arresti, attacchi sommari che soprattutto nelle regioni di diverse etnie, stanno causando migrazioni forzate e uccisioni. Hakha si trova nello Stato del Chin, un territorio dove più volte l’esercito birmano ha duramente colpito la popolazione locale prendendo di mira anche le chiese cristiane. È l’esito purtroppo di una serie di combattimenti tra i militari e i gruppi di resistenza civile (Chinland Defence Force, Cdf) che stanno obbligando le persone a fuggire dalle loro case. All’inizio di settembre, nel villaggio di Chat, i militari erano entrati nella chiesa cattolica di San Giovanni: hanno aperto il tabernacolo, preso le ostie consacrate e gettate a terra. A giugno, a Kanpetlet, i militari hanno fatto irruzione nella residenza del parroco per arrestarlo e rilasciarlo dopo un interrogatorio. Ma la violenza in Myanmar è diffusa in tutto il Paese. C’è chi parla di guerra civile e invoca un intervento delle Nazioni Unite. E’ di pochi giorni fa, la notizia rilanciata dalla Bbc, di uccisioni di massa avvenute in un’altra regione del Paese, nel Kani Township, un Comune roccaforte dell’opposizione nel distretto di Sagaing, nel centro del Paese. Il villaggio più colpito è stato quello di Yin, dove almeno 14 uomini sono stati torturati e picchiati a morte, ed i loro corpi sono stati gettati in un canalone boscoso.

Il vescovo Kung delinea una situazione disperata: “Le persone, specialmente nella mia diocesi di Hakha, nello stato di Chin, si trovano in una situazione di grandi difficoltà. La popolazione locale, in particolare coloro che si trovano sfollati interni e famiglie povere, hanno bisogno di aiuti umanitari come cibo, medicine e vestiti pesanti mentre stiamo entrando nella stagione invernale. Per citare qui alcune delle mie principali preoccupazioni ora sono: l’educazione degli studenti che smettono di andare a scuola per 2 anni a causa della pandemia e della guerra civile, la salute fisica e mentale delle persone; l’accesso quotidiano al cibo, il sostegno della loro vita spirituale”.

E’ in questa situazione di violenza e povertà che si celebra quest’anno il Natale. “La situazione attuale del Paese – racconta infatti da Hakha, mons. Kung – non ci permette di celebrare il Natale quest’anno come di consueto. Non ci sarà, ad esempio, nessuna decorazione in casa e nelle città, nessun canto natalizio. La gioia della celebrazione si è zittita. Le famiglie sono divise, i membri dispersi. Ma sentiamo che il significato spirituale del Natale si fa sentire ancora più potente e riccamente nei nostri cuori proprio in assenza di tutti i suoi aspetti più esteriori. Gesù bambino nacque nella piccola città di Betlemme. Ed è qui e ora, nella Betlemme che è la diocesi di Hakha e il Myanmar in generale, che Gesù Bambino vuole nascere ancora. È un Natale ancora più significativo per tutti noi”.

Sarà difficile, soprattutto in alcune parti del Paese, celebrare il Natale. Il vescovo Kung si rivolge direttamente ai militari della giunta. “Con forza chiedo a loro di operare per la pace e la riconciliazione nel Paese e di evitare ogni forma di violenza”. Nella domenica del 3 ottobre, all’Angelus, il Papa aveva lanciato un appello: “Desidero nuovamente implorare il dono per la pace per l’amata terra del Myanmar perché le mani non debbano più asciugare lacrime di dolore e di morte ma possano stringersi per superare le difficoltà e lavorare insieme per l’avvento della pace”. Quell’appello oggi, il vescovo Kung lo rivolge alla comunità internazionale, alle Nazioni Unite, all’Asean, l’organizzazione che riunisce i Paesi del sud-est asiatico, all’Unione Europea: “Chiediamo di pregare e lavorare per la pace nel mondo, in particolare per il Myanmar, affinché possano prevalere Giustizia, Pace e la gioia interiore del Natale”.

 

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