Ciclone Eloise in Mozambico. Don Bolzon (missionario a Beira), “tanta devastazione e sofferenza”

Anche la casa dell'arcivescovo di Beira, don Claudio La Zuanna, è stata danneggiata dalla furia del ciclone Eloise, passato in Mozambico centrale il 23 gennaio. Migliaia di case distrutte e famiglie sfollate, strutture ecclesiali danneggiate. Secondo l'Unicef 176.000 persone potrebbero aver bisogno di aiuti umanitari. Il racconto da Beira di don Maurizio Bolzon, fidei donum della diocesi di Vicenza

foto: M.Bolzon

Case scoperchiate dalla violenza del vento, che ha portato via i tetti e le lamiere. Abitazioni di argilla divenute fiumi di fango a causa della pioggia battente. Arredi completamente distrutti. Sei persone morte e 12 feriti, 8.800 case distrutte, tra cui 26 centri sanitari. Secondo l’Unicef  in Mozambico centrale oltre 176.000 persone, compresi 90.000 bambini, avranno probabilmente bisogno di assistenza umanitaria a causa del ciclone Eloise che ha stravolto la città di Beira e i dintorni la notte del 23 gennaio. Perfino la casa dell’arcivescovo ha subito seri danni: “Più della metà del tetto è volata via, sono crollati i controsoffitti, tutti i mobili sono bagnati. Anche altre strutture parrocchiali sono state danneggiate. Girare per i quartieri più poveri e vedere tante case distrutte, con la povera gente che cerca riparo, fa male al cuore. C’è tanta sofferenza”. Lo racconta al Sir da Beira don Maurizio Bolzon, fidei donum della diocesi di Vicenza. Insieme a due confratelli veneti vivono da circa quattro anni una esperienza di unità pastorale in terra africana, sotto la guida dell’arcivescovo don Claudio Dalla Zuanna,  dehoniano vicentino. Il Mozambico è un Paese spesso sconvolto da forti cicloni, l’ultimo violentissimo (forza 5) è stato il ciclone Idai nel 2019, che uccise almeno 900 persone. Stavolta il ciclone Eloise è stato forza 3, ma si è fatto comunque sentire con prepotenza, seminando danni e dolore. Le possibili epidemia di malattie legate all’acqua, come diarrea e colera, sono poi la principale preoccupazione nelle aree inondate. Questa è la seconda potente tempesta a colpire il Paese in meno di un mese.

Da sinistra: don Davide Vivian, don Giuseppe Mazzocco e don Maurizio Bolzon

Sacchi di sabbia per impedire ai tetti di volare. “Per la seconda volta la città di Beira sta affrontando una prova molto grande – dice don Bolzon -. Il ciclone è durato tantissimo, con raffiche di vento dalle 11 di sera fino alle 6 del mattino e tantissima pioggia”. I missionari e gran parte della popolazione si erano preparati mettendo dei sacchi di sabbia sopra il tetto: “Per noi sono stati provvidenziali. In alcuni casi hanno salvato la situazione. In altri casi – o perché non avevano i sacchi o perché non hanno fatto in tempo – ci sono state distruzioni molto più gravi. Beira è sotto il livello del mare e i quartieri dove vive la gente più povera erano prima delle risaie che piano piano si stanno riempiendo di case, perché non ci sono altri posti dove vivere.

La distruzione del ciclone a Beira – foto: M.Bolzon

La visita ai bairros, i quartieri più poveri. All’indomani del vento folle don Maurizio è uscito di casa ed ha trascorso la giornata a visitare queste zone – lui e i confratelli vivono proprio lì, in un bairro – ed è stato molto duro. “Vi assicuro che chi ha un cuore in questo momento se lo ritrova a pezzi. Vedere così

tante case senza tetto o le abitazioni più fragili, di argilla, completamente sciolte, con le suppellettili bagnate in mezzo al fango.

Fa male vedere i quartieri abbandonati in quelle condizioni”. Le persone raccoglievano i pochi vestiti e beni che possedevano, li caricavano sulla testa e passavano attraverso i campi allagati, con l’acqua al ginocchio o alla cintola. Cercavano di andare a casa di parenti o amici, per dormire sotto un tetto.

La distruzione del ciclone a Beira – foto: M.Bolzon

Gravi danni anche a casa dell’arcivescovo. Il giorno dopo il missionario ha celebrato messa in una chiesa senza le lamiere del tetto. “Abbiamo ringraziato il Signore perché siamo ancora vivi, con meno vittime rispetto al ciclone del 2019. Ma quando i presenti hanno raccontato le loro storie è stato molto doloroso”. Poi è andato a casa del vescovo don La Zuanna: “Ha avuto grandi danni, più della metà del tetto è volata via, sono crollati i controsoffitti, i mobili erano completamente bagnati”. Molte altre strutture ecclesiali sono state danneggiate.

La distruzione del ciclone a Beira – foto: M.Bolzon

Una emergenza nell’emergenza sanitaria. Se nel 2020 il Mozambico ha scampato tutto sommato gli effetti peggiori del Covid-19, “ora è partita la seconda ondata più forte e virulenta – spiega don Bolzon -, che sta creando molte difficoltà, anche perché arrivano pochi aiuti internazionali, vista la complessa congiuntura mondiale. Ognuno dovrà cercare di rimboccarsi le maniche e risollevarsi con le proprie forze”.

Tetti scoperchiati dal ciclone a Beira – foto: M.Bolzon

Un popolo forte. Il missionario, che entra nelle case e ascolta i racconti della gente, cerca di rassicurare e infondere coraggio. “Ma questa gente è forte – dice -. Non ho mai visto popoli così forti. Quando chiedo: e se domani arrivasse un altro ciclone? I mozambicani rispondono:

‘Questa è casa nostra, ci rimboccheremo le maniche e ripartiremo di nuovo’.

Detto da persone che hanno appena perso la casa sono parole di grande resilienza. Sono capaci di rialzarsi sempre”.

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