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Il collasso di Manaus senza più ossigeno. L’arcivescovo Steiner: “Siamo stati abbandonati”

Manaus sta vivendo giornate drammatiche, che soli i numeri, pure significativi (oltre 200 inumazioni al giorno di media negli ultimi 4 giorni) non spiegano abbastanza. Ospedali saturi, persone che muoiono in casa, o non ricevono un adeguato trattamento perché è finito l’ossigeno. Per alcune ore, venerdì scorso, si è temuto di dover trasferire in un’altra città i bambini nati prematuri, neppure a loro era garantito l’ossigeno. “La situazione è caotica, il sistema sanitario è collassato. Quando le persone che ottengono un letto in terapia intensiva poi muoiono per mancanza di ossigeno, si deve dire che siamo stati abbandonati”, racconta al Sir l’arcivescovo di Manaus, dom Leonardo Ulrick Steiner

“La situazione è caotica, il sistema sanitario è collassato. Quando le persone che ottengono un letto in terapia intensiva poi muoiono per mancanza di ossigeno, si deve dire che siamo stati abbandonati. Quando uno Stato inizia a portare in altri luoghi i suoi cittadini malati, significa che abbiamo perso il controllo della situazione. Ciò che preoccupa è l’insensibilità del Governo, la mancanza di operatività nei confronti dell’assistenza alle persone che hanno necessità di essere ricoverate”. Non usa giri di parole l’arcivescovo di Manaus, dom Leonardo Ulrick Steiner, intervistato dal Sir, nel descrivere la situazione che si è venuta a creare nella capitale dello Stato di Amazonas, tornata a essere dopo 9 mesi la capitale mondiale del Covid-19. Manaus sta vivendo giornate drammatiche, che soli i numeri, pure significativi (oltre 200 inumazioni al giorno di media negli ultimi 4 giorni) non spiegano abbastanza.

Dom Leonardo Steiner

Ospedali saturi, persone che muoiono in casa, o non ricevono un adeguato trattamento perché è finito l’ossigeno. Per alcune ore, venerdì scorso, si è temuto di dover trasferire in un’altra città i bambini nati prematuri, neppure a loro era garantito l’ossigeno. Un disastro figlio, certo, di una probabile variante “brasiliana” del virus simile a quella inglese e sudafricana, ma soprattutto all’abbandono di cui parla l’arcivescovo, che non può essere compensato dalla gara di solidarietà che si è aperta nel fine settimana (per esempio il gruppo motociclistico Honda ha annunciato che regalerà 300 bombole d’ossigeno), mentre lo Stato di San Paolo ha annunciato l’invio di 50mila dosi del “proprio” vaccino Sinovac-Butantan, provocando la piccata reazione del ministro della Salute Eduardo Pazuello, che ha accusato il governatore paulista João Doria di “fare marketing” con i vaccini.

Spiega al Sir Jesem Orellana, epidemiologo che segue la zona amazzonica per la prestigiosa fondazione Fiocruz di Rio de Janeiro: “Il nuovo ceppo del virus esiste, come la nostra stessa Fondazione ha documentato, ma questa è la quinta motivazione di quello che sta succedendo a Manaus. Prima ne esistono altre quattro: il grave e storico problema della corruzione in tema di politiche sanitarie; la diffusa precarietà abitativa e la povertà diffusa, che rendono la popolazione particolarmente vulnerabile; un unico vero e proprio ospedale per 5 milioni di abitanti, con meno di 40 letti di terapia intensiva, non è possibile che 6 persone muoiano in 5 minuti per mancanza d’assistenza; incompetenza tecnica e politica, unita alle idee negazioniste dell’estrema destra. Poi, dopo di questo, c’è anche la variante del virus, ma il contagio è divampato perché se ne sono create le condizioni. Deve far riflettere che Manaus sia stata la città emblema del Covid-19 sia nella prima che nella seconda ondata”. Intanto, “l’aver portato malati in altre città rischia di diffondere pesantemente il contagio nel resto dell’Amazzonia”.

È in questo drammatico scenario che dom Steiner risponde alle nostre domande, esprimendo previamente un’altra preoccupazione, quella di “andare incontro ai fratelli e le sorelle che vivono in strada nella città di Manaus. Siamo riusciti ad alleviare un po’ la situazione offrendo un pasto. Ma dove ripararli in questa stagione delle piogge?”.

Come mai a suo avviso dopo una prima fase così drammatica Manaus è giunta impreparata a questa seconda ondata?
Non c’è stata una politica chiara in relazione alla lotta alla pandemia. Molte persone, anche i leader dell’Esecutivo nazionale, vivono di negazionismo, vivono come se il virus colpisse solo gli altri. Il tempo delle elezioni amministrative e l’intenso movimento del commercio nel periodo natalizio, hanno fatto sì che il virus si diffondesse più intensamente. C’è stata una negligenza riguardo all’acquisto di ossigeno da parte del Governo statale.

In realtà, abbiamo appreso poco dalla prima ondata.

Mancano una leadership e e una squadra che sappiano coinvolgere la società nell’affrontare la pandemia.

Ritiene ci siano mancanze ed errori nelle scelte politiche, a livello statale e federale?
Le scelte politiche a livello federale, in relazione alla pandemia nazionale, sono state sbagliate. A livello dello Stato di Amazonas, ci sono state la mancanza di pianificazione e percezione della gravità della pandemia. Le azioni sono state intraprese dopo aver raggiunto una situazione di gravità quasi irreversibile.

Qual è ora la maggiore urgenza?
Le urgenze ora sono due: ossigeno e letti di terapia intensiva. Le persone stanno morendo per mancanza di letti in terapia intensiva e per mancanza d’ossigeno.

Come giudica il dibattito sui vaccini?
Il Brasile ha una lunga tradizione di vaccinazioni. Non c’era alcuna preoccupazione nel trovare laboratori che potessero preparare il vaccino. Il governo ha ignorato i centri di ricerca che abbiamo e ha incoraggiato la non vaccinazione. Alla base, c’è stata una scelta di anti-politica. La politica richiede di ascoltare e parlare. Qui siamo di fronte a interessi elettorali che denigrano la politica, e intanto aumenta il numero dei cittadini che muoiono.

È convinto di aver fatto la cosa giusta decidendo di celebrare le Messe senza i fedeli, nonostante per la legge di tratti di servizio essenziale?
Poco prima di Natale abbiamo notato un aumento dell’infezione, una sorta di seconda ondata. Quando ci siamo resi conto che la situazione poteva sfuggire di mano, abbiamo deciso di sospendere le celebrazioni con la presenza dei fedeli. Questa determinazione è avvenuta nonostante il fatto che le chiese siano considerate un servizio essenziale, quindi i luoghi delle celebrazioni possono rimanere aperti. Dove è possibile le chiese restano aperte per la visita al Santissimo sacramento e la preghiera personale. Continuiamo a trasmettere le celebrazioni via internet e, la domenica, la celebrazione della cattedrale viene trasmessa dalla televisione Encontro das Águas e dalle radio dell’arcidiocesi. Ci consulteremo con il clero e i dirigenti dei vari organismi, dovremo comunque posticipare l’inizio delle celebrazioni in presenza.

Che appello rivolge al resto del Brasile, ma anche a livello internazionale?
Sarebbe importante per noi superare il negazionismo, le ideologie che distruggono e uccidono, le politiche che erodono le relazioni, i profitti frutto del dolore e dalla sofferenza delle persone, delle famiglie, dei popoli. Mettiamo il meglio della nostra umanità al servizio dei malati, soprattutto le nostre forze spirituali. Siamo con papa Francesco, che insiste sulla necessità di renderci conto della grandezza di essere tutti figli e figlie di Dio, di appartenerci l’un l’altro come umanità. È un tempo di cura, di solidarietà, di amore misericordioso, di conforto, per far emergere il nostro essere cristiani. Ci sentiamo come una grande assemblea in cui si prega l’uno per l’altro.

(*) giornalista de “La Vita del popolo”

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