Stati Uniti: sul voto incombe il timore delle rivolte legate alle milizie

Uffici chiusi, vetrine ricoperte con pannelli di compensato, giorno di vacanza per alcune istituzioni, poliziotti dispiegati vicino ai seggi. Anche la Casa Bianca ha deciso di dotarsi di una barriera “non scavalcabile” per proteggere il presidente e le persone invitate a seguire con lui la notte elettorale. Gli Usa si sono preparati all’election day nei modi più disparati. Due, però, le note comuni di questo 3 novembre 2020: l’attivismo e il timore delle rivolte legate alle milizie

(Foto: ANSA/SIR)

Uffici chiusi, vetrine ricoperte con pannelli di compensato, giorno di vacanza per alcune istituzioni, poliziotti dispiegati vicino ai seggi. Anche la Casa Bianca ha deciso di dotarsi di una barriera “non scavalcabile” per proteggere il presidente e le persone invitate a seguire con lui la notte elettorale. Gli Usa si sono preparati all’election day nei modi più disparati. Due, però, le note comuni di questo 3 novembre 2020: l’attivismo e il timore delle rivolte legate alle milizie.

Prima di scendere in una piazza reale, però, i gruppi si stanno mobilitando sulla piazza virtuale dei social media con inviti ad organizzare proteste, alcune anche non violente; marce, manifestazioni di incoraggiamento per gli elettori, o sistemi di protezione delle urne da chiunque metta in pericolo il libero esercizio del voto.

La militarizzazione del voto è un’esperienza nuova e inattesa per il Paese.

Ai seggi potrebbero ritrovarsi, a seconda della permissività degli stati, gruppi armati di destra e di sinistra e non solo la polizia.

Negli ultimi quattro anni, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha mostrato una certa simpatia per i gruppi di estrema destra, molti dei quali armati. Allo stesso tempo, la sua amministrazione ha esercitato pressioni sulle forze dell’ordine per minimizzare la minaccia rappresentata da queste organizzazioni, consentendo alla violenza non statale di rientrare nel mainstream politico a un livello mai visto dagli anni ’60 e ’70. Solo il mese scorso, un gruppo di estremisti antigovernativi è stato arrestato per aver complottato per rapire il governatore democratico del Michigan, incoraggiati da un tweet presidenziale che chiedeva di “Liberare il Michigan” dalle restrizioni del Covid-19. Quando le élite politiche appoggiano i gruppi armati, anche tacitamente, e quando i governi non riescono a organizzare una risposta coerente e unificata nei confronti di tali gruppi si aprono scenari difficili da controllare. Indipendentemente da chi vincerà il 3 novembre, la presidenza di Trump avrà aperto la porta a ulteriori violenze elettorali in futuro. “Se il sistema politico degli Stati Uniti inizia a normalizzare la presenza di gruppi armati, i futuri aspiranti politici potrebbero vedere un vantaggio elettorale nel coltivare queste organizzazioni”, sostengono Aila Matanock e Paul Staniland, professori di Scienze politiche rispettivamente all’Università di Berkeley in California e a quella di Chicago.

La violenza politica sporadica e ricorrente di basso livello, istigata o abilitata dai leader politici tradizionali, secondo gli studiosi intervistati dalla rivista Foreign Affairs, potrebbe gradualmente erodere la qualità della democrazia americana. Alcuni di questi gruppi armati cercheranno, a loro parere, di influenzare il risultato delle elezioni, ad esempio sostenendo esplicitamente i candidati o prendendo di mira pubblicamente i loro oppositori; mentre i politici dal canto loro potrebbero impegnarsi a portare avanti dei loro programmi per poter raggiungere la vittoria. Altri ancora si autoproclameranno difensori della democrazia. A New York, il gruppo dei Guardian Angels, un’organizzazione di prevenzione della criminalità senza scopo di lucro ha detto che i loro membri si stanno dispiegando in tante città degli Usa per rispondere a rivolte, proteste violente e individui e gruppi armati, consapevoli che “i cittadini non hanno alcuna fiducia nel governo per mantenere la pace e contrastare disordini e saccheggi” che potrebbero seguire la notte elettorale. Un gruppo chiamato “Refuse Fascism – Rifiuto il fascismo” ha organizzato per oggi pomeriggio una marcia a Washington e altre in varie città Usa per chiedere “Trump/Pence fuori”. Sebbene sarà difficile annullare i guadagni fatti dai gruppi armati durante gli anni permissivi di Trump, la prossima amministrazione dovrà individuare azioni coordinate e bipartisan per liberare la democrazia statunitense dalla loro influenza, nonostante ieri il presidente abbia siglato la nascita della “Commissione 1776”, per promuovere un’educazione patriottica a difesa dei padri fondatori e della Costituzione, di cui massimi custodi si sentono proprio i membri delle milizie.

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