Swing state e Toss-up: gli Stati oscillanti e incerti, ago della bilancia nella corsa alla Casa Bianca

Il Cook Political Report ha spostato il Texas nella colonna degli incerti nella corsa presidenziale. Lo Stato, roccaforte dei repubblicani da più di quattro decenni, sembra ora essersi spostato più al centro, mentre prosegue il testa a testa tra il presidente Donald Trump e l'ex vicepresidente Joe Biden. Questo spostamento potrebbe far presagire un sorprendente cambio di casacca politica, a sei giorni dalle elezioni, considerando che i texani votano repubblicano dal 1976. Il Cook Political Report monitora le elezioni presidenziali ed è redatto da un centro di analisi ampiamente seguito e rispettato in tutto il Paese. Il Cook classifica gli stati americani a secondo della loro propensione politica in varie colonne dove si va dai convinti democratici e repubblicani, ai moderati, agli swing state, quelli che non sempre hanno mantenuto lo stesso colore politico e quindi oscillanti e quelli incerti, nella via di mezzo, definiti toss-up, dove i due candidati, in questo momento, vincono o perdono di 1 o 2 punti percentuali. Il presidente degli Stati Uniti non si elegge direttamente, ma attraverso il cosiddetto electoral college-il collegio elettorale

(Foto ANSA/SIR)

(da New York) – Il Cook Political Report ha spostato il Texas nella colonna degli incerti nella corsa presidenziale. Lo Stato, roccaforte dei repubblicani da più di quattro decenni, sembra ora essersi spostato più al centro, mentre prosegue il testa a testa tra il presidente Donald Trump e l’ex vicepresidente Joe Biden.
Questo spostamento potrebbe far presagire un sorprendente cambio di casacca politica, a sei giorni dalle elezioni, considerando che i texani votano repubblicano dal 1976. Il Cook Political Report monitora le elezioni presidenziali ed è redatto da un centro di analisi ampiamente seguito e rispettato in tutto il Paese. Il Cook classifica gli Stati americani a secondo della loro propensione politica in varie colonne, dove si va dai convinti democratici e repubblicani, ai moderati, agli swing state, quelli che non sempre hanno mantenuto lo stesso colore politico e quindi oscillanti e quelli incerti, nella via di mezzo, definiti toss-up, dove i due candidati, in questo momento, vincono o perdono di 1 o 2 punti percentuali. Il presidente degli Stati Uniti non si elegge direttamente, ma attraverso il cosiddetto electoral college-il collegio elettorale.

Il collegio elettorale è composto da 538 grandi elettori, persone scelte dal partito di appartenenza perché si sono particolarmente distinte nell’impegno in campagna elettorale e in cause politiche o civili e che una volta elette si impegnano a votare il candidato presidente del proprio partito.

Per diventare presidente, un candidato deve ottenere i voti di almeno 270 grandi elettori.

Perché 538 elettori? E’ un numero dato dalla somma dei senatori 100, più i 435 rappresentanti della Camera e 3 grandi elettori del distretto di Columbia.

A ciascuno Stato è attribuito un numero di grandi elettori equivalente al numero dei suoi rappresentanti al congresso: ossia due senatori – a prescindere dal suo peso demografico – e un numero di rappresentanti alla camera, legati alla popolazione. La California, che è lo Stato più popoloso del Paese, ne ha 55, seguita dai 38 del Texas, dalla Florida e dallo stato di New York, con 29 grandi elettori a testa.

La cartina mostra gli Stati blu orientati ai democratici e quelli rossi più repubblicani, con in mezzo gli Stati il cui esito è molto incerto. Tra parentesi i numeri dei grandi elettori che spettano a ciascuno Stato.

Trump nel 2016, ha vinto 30 stati e 306 grandi elettori. Oggi, solo 20 Stati, per un valore di 125 grandi elettori, sono al sicuro nella colonna dichiaratamente repubblicana. L’ex vicepresidente Joe Biden detiene 24 Stati con 290 grandi elettori classificati come democratici.

Per vincere le elezioni, Trump dovrà trionfare in tutti gli Stati che attualmente si trovano in questa colonna di mezzo, ancora incerta e cioè Florida, Georgia, Nord Carolina, Iowa, Ohio, e ora anche il Texas. Anche allora, a Trump mancherebbero 22 grandi elettori per arrivare a 270 e quindi dovrebbe vincere in due stati inseriti nell’area democratica e cioè Arizona, Michigan, Minnesota, Wisconsin, Pennsylvania, Arizona, Nevada e New Hampshire, che in qualche elezione sono andati ai repubblicani.

Arizona, Wisconsin e Pennsylvania, secondo i sondaggi potrebbero offrire al presidente qualche possibilità perché il suo concorrente guida la corsa di appena 3 punti, ma in Wisconsin, l’enorme picco di casi di coronavirus e ricoveri hanno allontanato le simpatie per Trump, e anche qui la gestione del Covid diventa pagella per valutare l’operato presidenziale.

Biden dal canto suo sta espandendo il suo elettorato e potrebbe anche permettersi di perdere il Texas che resta comunque uno stato decisivo, ma il candidato repubblicano sta rafforzando altrove le sue posizioni, anche se in quest’ultima settimana si è proprio concentrato negli Stati incerti. Il dato sorprendente resta comunque la partecipazione al voto anticipato con oltre 70 milioni di americani che hanno già scelto il loro presidente e anche qui il Texas ha toccato l’87% dell’affluenza totale registrata nel 2016.

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