Nicaragua: Chiesa sotto attacco. La sua colpa? Non tacere la gravità della situazione politica e sanitaria

I cittadini del Nicaragua vivono una situazione sempre più difficile, un incubo dal quale pare sempre più difficile trovare una via d’uscita. Prigionieri di un Governo che ha eliminato le libertà fondamentali. Che continua ad alimentare ostilità verso la Chiesa e non impedisce, anzi perlopiù favorisce, attacchi che il card. Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua, ha definito di “natura terroristica”, come quello perpetrato venerdì 31 luglio alla cappella del Sangue di Cristo, nella cattedrale della capitale. Un gesto molto preoccupante, che si aggiunge ad altri due attacchi subiti nell’ultimo mese da luoghi sacri, precisamente dalle cappelle della Veracruz e del Nindirí. In queste settimane, agli occhi del regime, la Chiesa nicaraguense ha una “colpa in più”, oltre a quella di difendere, da anni, le libertà e i diritti umani e di denunciare le continue violazioni di tali diritti. La “colpa” è, appunto, quella di non tacere la gravità della situazione sul Covid-19

(Foto ANSA/SIR)

Mons. Leopoldo Brenes

Prigionieri di un Governo che ha eliminato le libertà fondamentali. Che continua ad alimentare ostilità verso la Chiesa e non impedisce, anzi perlopiù favorisce, attacchi che il card. Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua, ha definito di “natura terroristica”, come quello perpetrato venerdì 31 luglio alla cappella del Sangue di Cristo, nella cattedrale della capitale. Che nega, contro ogni evidenza, la diffusione massiccia del contagio di Covid-19, fornendo dati poco aggiornati e inattendibili.

I cittadini del Nicaragua vivono una situazione sempre più difficile, un incubo dal quale pare sempre più difficile trovare una via d’uscita.

E in questa situazione la Chiesa è, sempre più, sotto attacco. Esemplare quanto accaduto nella cattedrale di Managua: un soggetto incappucciato ha lanciato una bomba molotov nella cappella del Sangue di Cristo, nella cattedrale della capitale nicaraguense, provocando un incendio nell’area dove è custodita l’immagine del crocifisso e dove viene esposto il Santissimo. La scultura del Sangue di Cristo ha 382 anni e ha subito gravi danni, forse irreversibili. A questo fatto si è riferito Papa Francesco all’Angelus di domenica 2 agosto, esprimendo il suo dolore e la sua vicinanza alla Chiesa nicaraguense.

Un gesto molto preoccupante, che si aggiunge ad altri due attacchi subiti nell’ultimo mese da luoghi sacri, precisamente dalle cappelle della Veracruz e del Nindirí. E non è la prima volta negli ultimi anni che la cattedrale stessa viene attaccata, sempre nell’attuale clima teso tra il regime di Daniel Ortega e la Chiesa. È assai eloquente che la vicepresidente e moglie di Daniel Ortega, dopo l’accaduto, abbia irriso l’arcidiocesi dicendo che l’incendio è stato provocato dalle candele, quando invece vari testimoni hanno visto la persona incappucciata entrare nella chiesa.

In queste settimane, agli occhi del regime, la Chiesa nicaraguense ha una “colpa in più”, oltre a quella di difendere, da anni, le libertà e i diritti umani e di denunciare le continue violazioni di tali diritti.

La “colpa” è, appunto, quella di non tacere la gravità della situazione sul Covid-19.

Proprio in queste settimane, i contagi hanno ripreso a salire in tutta l’America Centrale. E il Nicaragua, con tutta evidenza, non fa eccezione. Da mesi la Chiesa nicaraguense e la stessa arcidiocesi di Managua hanno cercato di avvertire e sensibilizzare la popolazione. E hanno sospeso le celebrazioni alla presenza dei fedeli e le processioni, qui sempre molto partecipate. Ultimi in ordine di tempo, i festeggiamenti patronali di Santo Domingo de Guzmán.

E la stessa Chiesa sta pagando un duro prezzo per la pandemia: giovedì 30 luglio è morto per il Covid-19 un sacerdote della diocesi di Estelí, padre Jaime Valdivia. Si tratta del sesto religioso deceduto a causa del virus. E alcuni interrogativi ha destato anche la morte del vescovo emerito di León, mons. César Bosco Vivas Robelo, anche se ufficialmente il decesso non è stato accostato al virus.

Covid-19, contagi in crescita ma la pandemia è negata dal regime. Ma qual è la reale consistenza della diffusione del contagio nel Paese?I dati ufficiali sono ben poco attendibili: per mesi sono stati forniti numeri irrisori, poi si è cominciato ad aggiornarli settimanalmente (in tutto il mondo i numeri vengono invece forniti quotidianamente). L’ultimo dato parla di 3.672 positivi e 116 morti.

Leonel Arguello, tra i maggiori epidemiologi de Paese, fa parte dell’associazione Nicasalud. E spiega al Sir perché c’è da credere ben poco a questi numeri: “Molti ospedali pubblici e privati, a quanto ci risulta, sono pieni. Secondo un’indagine effettuata nelle scorse settimane, due persone su tre conoscono un malato di Covid-19. Oltre a quella governativa, esistono comunque altre fonti che ci aiutano a capire come stanno andando le cose. Una è l’’Observatorio ciudadano’ (Osservatorio della cittadinanza), un organismo indipendente che raccoglie le segnalazioni di medici e altri specialisti e volontari. Certo, non è facile fare una stima attendibile, dal momento che solo il Governo è autorizzato a realizzare esami in laboratorio e a divulgarne gli esiti. Si può solo cercare di stimare i casi sospetti. Ma l’ipotesi dell’Osservatorio è che i contagi siano almeno tre o quattro volte di più, mentre i morti molti di più rispetto ai numeri ufficiali”. Si registra, nel contempo, un forte aumento del numero dei funerali e una conferma arriva anche dai produttori di bare.

L’ultimo report, dello scorso 29 luglio, riporta 9.044 casi sospetti di contagio e 2.537 casi di morte con sintomi sospetti, un numero addirittura venti volte maggiore rispetto al dato ufficiale.

Prosegue Arguello: “Il Nicaragua è probabilmente l’unico Paese al mondo che non ha tenuto in nessuno conto le raccomandazioni dell’Oms, non ha disposto misure di distanziamento fisico, l’uso delle mascherine, le scuole sono proseguite, non si è fatto nulla. Agli stessi medici viene proibito di usare mascherine e guanti per non creare allarmismo e, in ogni caso, i dispositivi di protezione sono costosissimi”. Sono già oltre un migliaio gli operatori sanitari contagiati e circa un centinaio i deceduti.

Il Governo ha messo i bastoni tra le ruote anche alla Chiesa. La diocesi di Matagalpa, una delle città più colpite dal coronavirus, aveva progettato di aprire un ambulatorio medico a sue spese, ma le è stato impedito. In questo contesto, la scelta di restringere la partecipazione alla liturgia e alle attività pastorali, comune al resto del continente, appare al Governo come qualcosa di inaccettabile.

Giornalista “La vita del popolo”

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