Covid in Terrasanta seconda ondata

Noi la temiamo e ci angoscia il pensiero che in autunno possa tornare, ma c'è un posto nel mondo dove, nonostante il caldo estivo, il Covid ha rialzato la testa e la temuta seconda ondata è già realtà. Si tratta della Terrasanta, in secondo lockdown almeno fino al 5 agosto.

Gerusalemme

Noi la temiamo e ci angoscia il pensiero che in autunno possa tornare, ma c’è un posto nel mondo dove, nonostante il caldo estivo, il Covid ha rialzato la testa e la temuta seconda ondata è già realtà. Si tratta della Terrasanta, in secondo lockdown almeno fino al 5 agosto.
Israele e Palestina condividono nuovamente la pandemia che aveva già chiuso tutto tra marzo e aprile. Attendevano la riapertura degli aeroporti per il primo d’agosto ma i contagi sono ripresi a fine giugno e hanno costretto al secondo blocco, con conseguenze pesanti su entrambe le comunità.
Israele, fin dal 6 luglio, ha chiuso club, palestre, piscine e ha imposto il tetto delle 20 persone nei luoghi di culto come nei ristoranti e nei mezzi di trasporto. Il distanziamento di due metri e la mascherina sono d’obbligo. Solo per i bambini dai 10 anni in giù sono stati lasciati i centri giochi e le attività estive.
La Palestina, dalla settimana scorsa, ha chiuso tutto eccetto farmacie e fornai. Il primo ministro, Mohammad Shtayyed, ha lanciato accuse, lamentando il fatto che i varchi tra i due paesi siano controllati solo da Israele: a suo dire sarebbe questo a far aumentare i contagi. Per certo, la circolazione interna è scoraggiata e controllata: dal 5 marzo sono stati aggiunti vari check point che rendono complicati gli spostamenti. Il passaggio di stato è consentito con deroga speciale a chi lavora in Israele, che però ha l’obbligo di fermo per 14 giorni per prevenire eventuali contagi.
Non si può parlare di Terrasanta senza pensare ai luoghi di culto e al turismo religioso. Il Covid li ha messi in estrema sofferenza: tutto è fermo da marzo. Intere famiglie sono senza reddito e la cosa si ripercuote anche su scuola e bambini. Molte delle scuole sono legate alle realtà religiose cristiane presenti, anche se sono frequentate indifferentemente da cristiani e musulmani. Ebbene, senza reddito le famiglie non riescono a pagare le rette; senza rette le scuole non riescono a pagare gli insegnanti. Molte scuole sono a rischio chiusura e c’è chi lo ha già fatto. Non va dimenticato che, causa Covid, non si è tenuta la tradizionale Colletta pro Terrasanta del venerdì santo: molte situazioni soffrono anche per la mancanza di questi nostri aiuti.
Quanto sia grave la situazione lo dicono alcuni dati: a Betlemme (stato di Palestina, regione Cisgiordania) almeno l’80% delle famiglie vive di turismo tra ospitalità e, soprattutto, piccolo artigianato. Ora che anche la Basilica della Natività è stata richiusa non hanno nessuna entrata. Quanto alle scuole, a Betlemme ha chiuso la scuola tecnica dei salesiani, attiva da 70 anni. Causa Covid, che ha fermato i progetti di solidarietà, sono in difficoltà realtà importanti come l’ospedale a vocazione pediatrica Caritas Baby Hospital e l’istituto per bambini sordomuti Effatà, che vivono degli aiuti che ricevono. Analoga sofferenza hanno le scuole cattoliche di Gerico (Palestina).
Gerusalemme stessa (in Israele) vede in crescita i contagi, specie in due zone: i quartieri arabi e quelli degli ultraortodossi, accomunati da ampie sacche di povertà che si sta dimostrando buona alleata del virus.
Pochi giorni fa lo stesso custode di Terrasanta, il trentino padre Francesco Patton, ha lanciato un appello per il sostegno di quindici scuole cristiane: luoghi dove i bambini studiano, dove i ragazzi apprendono un mestiere e dove si impara, senza che venga insegnato, che la convivenza pacifica è possibile anche tra diversi.

(*) direttore “Il Popolo” (Pordenone)

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