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Libano: padre Abboud (Caritas), “abbiamo bisogno di cibo, medicine e vestiti. Non lasciateci soli”

Nel Libano si fa sempre più grave la crisi economica. La popolazione si ritrova sempre più povera, la lira libanese ha perso più della metà del suo potere di acquisto. A fare paura oggi nel Paese dei Cedri non è la pandemia Covid-19 ma la fame. L’appello del presidente di Caritas Libano, padre Michel Abboud, “servono cibo, vestiti e medicine”

Libano

“Lottiamo ogni giorno contro una povertà che cresce sotto i nostri occhi. Abbiamo bisogno di cibo, medicine e vestiti”. È il grido di aiuto di padre Michel Abboud, presidente di Caritas Libano. Da Beirut racconta così al Sir il dramma che sta vivendo il Paese dei Cedri attanagliato da una “crisi economica e finanziaria senza precedenti, scoppiata – ci tiene a precisare – ben prima della pandemia di Covid-19” che fino all’8 luglio ha visto 1946 contagiati e 36 decessi. Dalla metà di ottobre dello scorso anno, infatti, il Paese è scosso da una lunga serie di proteste popolari contro l’incapacità del Governo di trovare una soluzione alla crisi e fare fronte a un debito pubblico pari a quasi il 170% del Pil. Le manifestazioni hanno spinto, il 29 ottobre 2019, l’allora premier Saad al-Hariri a dimettersi. Al suo posto, a dicembre, è stato nominato Hassan Diab che lo scorso marzo ha dichiarato il default per la prima volta nella storia del Libano e annunciato negoziati con il Fondo Monetario internazionale (Fmi) per ristrutturare il debito. Negoziati che, in mancanza di riforme, difficilmente porteranno a dei risultati. Intanto mentre le proteste continuano l’economia va a picco e la popolazione è sempre più povera, frustrata e disperata.

“Nei giorni scorsi ci sono stati dei suicidi. Padri di famiglia che la fanno finita perché non riescono a sopportare questa situazione – sottolinea padre Abboud –. Ad armare le loro mani sono il peso della crisi, il non vedere un futuro migliore davanti e soprattutto il non poter assicurare il minimo alla loro famiglia. Tutto questo è devastante”.

Numeri della crisi. Svalutazione della moneta, che segna un meno 80%, controllo delle banche sui capitali e depositi, aumento dei prezzi e crescita della disoccupazione, giunta al 40%, sono i segnali più evidenti dell’agonia del Paese dei Cedri. Secondo dati forniti al Sir da Caritas Libano, contenuti nell’ultimo rapporto sulla situazione nel Paese, “un salario minimo di 75 dollari Usa oggi basta per acquistare cibo per poco più di 5 giorni. Il dollaro, valuta cui è agganciata la lira libanese (Lpb), viene scambiato sopra le 9000 Lbp nel mercato nero poiché non è disponibile al tasso ufficiale di 1515 Lbp. I prezzi dei generi alimentari sono aumentati del 50% tra metà marzo e maggio. Ad oggi, il prezzo dello zucchero è salito di circa il 93,6%, i fagioli bianchi del 67,6%, il riso egiziano del 65,3% e l’olio di semi di girasole del 98%. Il prezzo di un chilo di carne bovina è passato, in due mesi, da 18.000 Lpb, lire libanesi, (12 dollari Usa) a oltre 50.000 Lpb (33 dollari Usa). Un pacchetto di 900 grammi di pane è passato da 1.500 a 2.000 Lpb”. Secondo dati del ministero del Lavoro, citati dalla Caritas, “il 30% delle imprese registrate ha chiuso. Nella sola Tripoli ben 250 negozi commercianti in grano avrebbero abbassato le saracinesche a causa della crisi. Cominciano a chiudere anche negozi di abbigliamento e scarpe di lusso. Stessa sorte per le macellerie. Nelle farmacie cominciano a scarseggiare le medicine”.

Dal Sud del Libano, riferisce la Caritas, “giungono notizie di carenza di carburante che dovrebbe comportare, nei prossimi giorni, interruzioni elettriche e nella rete, con inevitabili ricadute anche nel funzionamento degli ospedali.

“I beni essenziali si sono trasformati in beni di lusso che la grande maggioranza delle persone non può più permettersi”.

“E in un paese che importa il 90% degli alimenti di base – commentano da Caritas Libano – la carenza di dollari pone serie preoccupazioni per l’approvvigionamento. È anche per questo che moltissime persone hanno iniziato a piantare semi e coltivare verdure in casa o in pezzi di terra. Nel frattempo sta tornando in auge il baratto, vestiti, scarpe oggetti domestici in cambio di cibo”. Crisi e pandemia stanno avendo un forte impatto anche sul settore scolastico. “L’80% per cento delle scuole cattoliche rischia la chiusura perché i genitori degli alunni non sono in grado di pagare le rette. Centinaia di insegnanti, impiegati e lavoratori rischiano di essere messi alla porta. L’Università americana di Beirut, una delle più antiche e prestigiose del mondo arabo, ha licenziato 1.500 dipendenti”.

Rifugiati e lavoratori stranieri. Ci sono fasce della popolazione che risentono più di altre del cocktail crisi-pandemia: sono il milione e mezzo di rifugiati, in larghissima parte siriani e i lavoratori stranieri. “I datori di lavoro di questi ultimi non possono più permettersi di pagare i salari.

Dozzine di colf etiopi sono state costrette a dormire per strada. Alcune di loro non hanno nemmeno il passaporto” denuncia Caritas Libano che ha preso in carico molte di queste lavoratrici impossibilitate a fare rientro in patria. Una situazione imputabile anche al sistema di lavoro libanese detto kafala, che di fatto consegna nelle mani del datore di lavoro tutti i diritti del lavoratore, alimentando una vera forma di schiavitù. Aumentano anche i casi di violenza domestica contro le donne.

La risposta della Caritas: dare pane. La missione della Caritas si fa sempre più difficile, ma, afferma padre Abboud,

“cerchiamo di andare avanti. Attualmente assistiamo oltre 40mila famiglie in tutto il Paese. Abbiamo anche attivato una rete di solidarietà dove le famiglie che ancora hanno qualcosa da offrire aiutano vicini, parenti e amici in difficoltà. Oggi più che mai le iniziative di solidarietà e il sostegno delle Ong sono indispensabili per sopravvivere”.

Negli ultimi 5 mesi, dice padre Abboud, “la Caritas ha distribuito 11.293 kit alimentari, 5.415 pasti caldi e 3.012 voucher alimentari. Inoltre, stiamo collaborando con i Maroniti per fornire generi alimentari in diverse regioni del Libano. Nel mese di giugno Caritas ha distribuito 50.239 medicinali a 11.425 beneficiari in tutto il Libano”.

Caritas Libano per questa sua missione si avvale di 35 centri sociali, di 10 centri di assistenza sanitaria, di 7 unità mediche mobili operative in tutto il Libano e di oltre 120 tra Ong e Municipalità. “Fino a quando riusciremo ad andare avanti?” è la domanda che si pone il presidente di Caritas Libano. Il dubbio non poggia tanto sulla generosità dei libanesi quanto sulle “nebulose prospettive future. Per ora non si intravede la fine del tunnel”. Nella speranza che qualcosa “possa cambiare e rassicurare la gente, nelle nostre mense continuiamo a servire i più vulnerabili, ma abbiamo solo pane”.

“La gente ha fame”.

“Lo sforzo più grande adesso è riuscire a dare a tutti un po’ di pane così che vadano a dormire con qualcosa nello stomaco. Quello che chiediamo ai nostri benefattori non sono soldi ma cibo, medicine e vestiti. Confidiamo nell’aiuto internazionale, nelle Caritas di tutto il mondo e nelle Conferenze episcopali estere. Non lasciateci soli”.

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