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Piano Trump pace Medio Oriente: ecco i punti principali

Presentato ieri a Washington dal presidente Usa, Donald Trump, insieme al premier israeliano Benjamin Netanyahu, il suo piano di pace per il Medio Oriente. Un piano definito "eccezionale"dagli israeliani e rigettato in toto dai Palestinesi: "non siamo in vendita" .

Gerusalemme capitale indivisa dello Stato d’Israele; sovranità israeliana sulla valle del Giordano; mantenimento dei 15 insediamenti in Cisgiordania e congelamento delle colonie per quattro anni, vale a dire il tempo previsto per firmare una pace duratura con i palestinesi; continuità territoriale per lo Stato palestinese garantita da un tunnel sotterraneo che unirà Cisgiordania e Gaza; Gerusalemme Est (o meglio sobborghi della città santa situati oltre il muro di separazione israeliano) capitale di uno stato palestinese; investimenti per 50 miliardi di dollari da parte degli Stati Uniti e di alcuni paesi arabi a favore del futuro stato. Sono questi alcuni dei punti più salienti del Piano di pace presentato il 28 gennaio a Washington dal presidente Usa, Donald Trump.

Il tycoon americano, con a fianco il premier israeliano Benjamin Netanyahu, mai così vicini anche perché entrambi alle prese con inchieste parlamentari interne, ha parlato di “ultima occasione” per i palestinesi e di “soluzione realistica a due Stati”. Non la pensa così il presidente palestinese Abu Mazen che ha subito affondato la proposta: “Il piano non passerà mai. Non siamo in vendita”. Posizione condivisa anche dalle altre anime palestinesi, Hamas, Fatah e Jihad islamica. Bocciatura senza mezzi termini dal leader della coalizione arabo-israeliana Joint List, Ayman Odeh, che ha definito il piano “razzista”. “Combatteremo questo razzismo palese con tutti i mezzi a nostra disposizione. Esorto ogni cittadino, arabo o ebreo, che crede nella democrazia e nella pace a opporsi a questo pericoloso piano”. Che prevede anche il divieto per il futuro Stato palestinese di avere un esercito, la demilitarizzazione di Gaza e il disarmo di Hamas, nessun diritto al ritorno o compensazione ai palestinesi scacciati nel 1948 dalle loro case.

Sul piano internazionale si registrano i secchi ‘no’ di Iran e Giordania e la freddezza dell’Onu che ha ribadito che “i confini fra i due Stati sono quelli precedenti la guerra del 1967”. Per la Lega araba “il Piano Trump legittima l’occupazione israeliana”. Dura la Turchia: “un piano nato morto. Usurpare la terra ai palestinesi non è la soluzione al conflitto, quei territori non possono essere oggetto di trattativa. Continueremo a stare al fianco dei fratelli palestinesi per la creazione della Palestina all’interno dei territori palestinesi”. Queste le parole usate nel comunicato emesso dal ministero degli Esteri di Ankara, che ribadisce che il riconoscimento di Gerusalemme come capitale della Palestina costituisce una “linea rossa” invalicabile per la Turchia, e che Ankara non accetterà alcun piano che “non goda del benestare” dell’Autorità Palestinese. La Francia di Macron è convinta che “la soluzione dei due Stati, in conformità con il diritto internazionale e i parametri internazionali concordati, sia necessaria per la realizzazione di una pace giusta e duratura in Medio Oriente”. L’Italia “valuterà con molta attenzione la proposta” di Washington in coordinamento “con l’Ue e in linea con le Risoluzioni Onu”. La convinzione espressa dalla Farnesina è che la “Soluzione a due Stati resti la prospettiva più giusta e sostenibile”. Aperture sono arrivate invece da Arabia Saudita, Egitto, Emirati arabi e Qatar, che, seppur con qualche sfumatura diversa, hanno lodato gli “sforzi continui” dell’amministrazione Trump nel cercare di sviluppare un piano di pace completo tra israeliani e palestinesi. In particolare il Qatar che, chiedendo negoziati diretti, ha ribadito la necessità di uno Stato palestinese “all’interno dei confini del 1967 compresa Gerusalemme Est” e il diritto al ritorno dei rifugiati. Per la Gran Bretagna di Boris Johnson il piano di Trump “è un passo avanti”.

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