Giubileo dello sport. La giovane atleta paralimpica Sara Vargetto: “Mi ha dato una nuova vita”

In occasione del Giubileo dello Sport (14-15 giugno), presentiamo la storia di Sara Vargetto, giovane atleta paralimpica italiana di 17 anni e simbolo di come con determinazione è possibile superare ogni limite. Lo sport ha trasformato la sua vita, offrendole un percorso di crescita personale e inclusione, come il dialogo tra la Chiesa e mondo sportivo può offrire ai giovani un messaggio di fiducia e accoglienza. Nonostante le difficoltà e le pressioni, Sara vive con passione l’esperienza sportiva e sogna di partecipare alle Paralimpiadi. “Da bambina mi hanno detto che io non avrei mai potuto correre. Invece io corro”

(Foto Calvarese/SIR)

In occasione del Giubileo dello Sport, che si terrà il 14 e 15 giugno, abbiamo incontrato Sara Vargetto, giovane promessa dell’atletica paralimpica italiana con un sorriso contagioso e un’energia dirompente, in forza all’Athletica Vaticana. A soli 17 anni “Saretta”, così la chiamano tutti ed è scritto anche sul telaio della sua carrozzina da corsa rosa, ha già avuto l’onore di incontrare Papa Francesco e coltiva il sogno di conoscere anche Papa Leone XIV. Originaria dei Castelli Romani, ci racconta con passione come lo sport – tra basket in carrozzina e corsa – abbia trasformato la sua vita, aprendole nuove strade di speranza, crescita e impegno. La sua storia è un esempio di determinazione e di come lo sport possa essere un ponte di inclusione e di rinascita personale.

Come inizia la tua storia con l’atletica?

Proprio per caso. Io facevo basket in carrozzina, ancora lo faccio, e un giorno mi hanno invitato a una presentazione della corsa di Miguel; una signora bionda mi si avvicina e fa: “Ma perché non vieni a provare? Dai, magari ti piace!”. E io mi giro verso papà e gli faccio: “Dai, andiamo, magari ci piace, proviamo!”. E mi ha aperto un mondo, non me lo doveva dire.

E al basket in carrozzina come ti sei avvicinata?

Io faccio fisioterapia alla Fondazione Santa Lucia, un giorno ero arrivata prima. Dal parcheggio sentivo dei rumori di palla che palleggiava, girandomi verso mamma le faccio: “Mamma, ma che cos’è questo rumore? Andiamo a vedere!”. E c’era questa palestra bellissima, questo campo meraviglioso, in cui si stava allenando la squadra principale del Santa Lucia, mi si avvicina Stefano, che oramai è il mio allenatore, e fa: “Guarda, io alleno la squadra giovanile del Santa Lucia basket, vuoi venire?”. E da là mi sono innamorata anche del basket.

Come si sviluppano le tue giornate?

Io non faccio nulla di diverso rispetto ai miei coetanei o comunque a confronto con gli atleti normodotati che gareggiano. Mi alzo, vado a scuola, poi spesso mangio in macchina per arrivare prima al campo e poi, dipende dal giorno, ma solitamente faccio sia atletica in pista che basket. Quindi spesso capita che faccio il doppio.

E quando studi?

In macchina, magari mentre mangio se capita.

Qual è la cosa che ti piace di più dell’atletica?

La verità è che ha tante cose. Forse la cosa più bella è che quando gareggi sei da sola, però tu porti il nome di una squadra. Dietro hai tutto uno staff, delle persone che lavorano per te, che ogni giorno ti spronano a dare il meglio, che ti aiutano. Lì oltre ad essere te da sola contro il tempo, sulle spalle senti proprio, non la pressione, però il volere delle altre persone.

Qual è invece la cosa che ti dispiace nello sport?

Ogni tanto le pressioni che mettono, magari.

Ogni volta che partecipi ad una gara in strada, tutto intorno a te c’è sempre una gran partecipazione, una festa, perché?

La corsa su strada non è il mio sport principale, perché il principale è in pista. Io la prendo molto come allenamento, quindi mi piace stare in mezzo alla gente e divertirmi. Se tu mi senti, io urlo, canto. È una festa per me.

Qual è il tuo sogno?

La gara che tutti gli atleti aspirano di fare, le Paralimpiadi. Ci stiamo lavorando ma non si è mai pronti per una gara del genere, secondo me. Quindi c’è un sacco da lavorare. Tanto ancora. Parecchio.

(Foto Calvarese/SIR)

Quanto è importante che ci sia un Giubileo dello sport all’interno dell’Anno santo “Pellegrini di speranza”?

Tanto. È tanto importante perché

lo sport, oltre a far bene fisicamente, fa bene molto mentalmente, aiuta tante persone a uscire da un momento buio, a essere se stessi, a trovarsi. A me, per esempio, ha dato una nuova vita, ha migliorato completamente la mia percezione di vedere la vita, di conoscere il mondo,

e quindi penso sia davvero una bella iniziativa.

Cosa vorresti dire ai giovani come te?

Lo sport oltre ad essere importantissimo va seguito e il Giubileo dello sport secondo me influenzerà anche il mondo sportivo. Perché la Chiesa che entra nel mondo sportivo, nel mondo olimpico e paralimpico è un gran passo avanti. Quindi è davvero una bella iniziativa per tutti e soprattutto per i giovani che lo vivranno.

Sei un punto di riferimento della pratica sportiva paralimpica, soprattutto tra i giovani come te. Qualcuno ti contatta per chiedere dei consigli?

Spesso magari mi scrivono le mamme dei bambini, o proprio dei ragazzi che hanno visto le mie interviste, hanno visto quello che faccio sui social, e mi scrivono: “Guarda, io ti devo ringraziare perché grazie a te sono uscito”, “grazie a te io ho iniziato a fare sport”. Anche se non è l’atletica ma qualsiasi altro sport, a me si riempie davvero il cuore di gioia.

Quando ero piccola ero stata ricoverata per un’operazione alla caviglia ed era stato detto ai miei genitori, con me presente, che io non sarei mai riuscita a camminare bene come gli altri bambini e non avrei mai potuto correre. Invece io corro, cioè dimmi di no.

Sara Vargetto è molto più di un’atleta paralimpica: è un modello di coraggio e di speranza per tanti giovani. Attraverso la sua esperienza, emerge chiaramente il potere dello sport come strumento di cambiamento, non solo fisico ma soprattutto mentale e sociale. Il Giubileo dello sport, inserito nell’Anno santo “Pellegrini di speranza”, rappresenta un’occasione unica per celebrare questi valori, portando la Chiesa a dialogare con il mondo sportivo e olimpico e offrendo ai giovani un messaggio di fiducia e inclusione. Come Sara, tanti altri potranno trovare nello sport la forza di riscrivere la propria storia e correre verso un futuro migliore.

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