Mafia. Don Panizza: “Giusto ricordare le vittime. C’è ancora molto da fare”

Oggi, come ogni primo giorno di primavera, si celebra la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie è una ricorrenza annuale di sensibilizzazione e mobilitazione in ricordo delle vittime delle mafie in Italia e nel mondo organizzata a partire dal 1996. A partire dal 2017, è stata riconosciuta dallo Stato italiano (Legge 8 Marzo 2017, n. 20) come “Giornata nazionale della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie”, che si stima siano 1013. In occasione della Giornata il Sir ha intervistato don Giacomo Panizza, sacerdote bresciano che nel 1976 a Lamezia Terme ha fondato la Comunità Progetto Sud.

foto SIR/Marco Calvarese

Oggi, come ogni primo giorno di primavera, si celebra la “Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie” è una ricorrenza annuale di sensibilizzazione e mobilitazione in ricordo delle vittime delle mafie in Italia e nel mondo organizzata a partire dal 1996. A partire dal 2017, è stata riconosciuta dallo Stato italiano (Legge 8 Marzo 2017, n. 20) come “Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie”, che si stima siano 1013. In occasione della Giornata il Sir ha intervistato don Giacomo Panizza, sacerdote bresciano che nel 1976 a Lamezia Terme ha fondato la Comunità Progetto Sud. Una vita, quella di don Panizza, spesa nella lotta alle mafie, e segnata pesanti minacce e intimidazioni da parte della criminalità organizzata. Oggi continua nel suo impegno con la stessa volontà degli ultimi 50 anni, vivendo sotto scorta.

Don Giacomo, come ci si arriva e cosa si aspetta da questa giornata?

È una giornata che purtroppo si inserisce in un contesto sul quale c’è ancora molto da fare. Da una parte perché le mafie continuano ancora a esistere e dall’altra c’è tanta gente che si dimentica la giornata e il valore che questa assume.

Non è entrata nei costumi e nelle nostre scelte di vita, ma sembra piuttosto una cosa cui si partecipa solo perché organizzata.

Sono ancora troppo poche le persone che partecipano alla giornata e poi la declinano vivendo nella giustizia giorno dopo giorno.

Secondo lei perché questo avviene?
Soprattutto perché si pensa che il problema della mafia non riguardi da vicino tutti. Invece il problema non è soltanto quello che accade, ma la cultura di lasciarlo accadere senza far nulla. Questo avviene anche nelle zone di mafia, fermo restando che ormai la mafia è ovunque.

Il fenomeno viene sottovalutato, quindi.
Non c’è la consapevolezza del fatto che la mafia blocca la democrazia, la libertà, così come l’economia e il mercato. Blocca la cittadinanza tutta.

La vastità della penetrazione dei clan mafiosi non è legata soltanto al crimine, ma alla vita quotidiana.

La Giornata è anche un’occasione per fare memoria delle vittime. Si stima che siano 1013
Le vittime sono tante e a più livelli. È giusto e importante che vengano ripresi e detti i nomi e cognomi, per riportarli e affidarli alla storia che purtroppo è accaduta ed è stata lasciata accadere. Persone che sono state lasciate sole.

Quando ci si scontra con realtà come quelle mafiose si deve essere in tanti. Non basta soltanto aver ragione, questo ancora non sta accadendo, ma si deve costruire.

Come si può fare per creare una cultura della consapevolezza?
Dalle parrocchie, dai gruppi, dallo Stato e dalla scuola, così come dalla Chiesa che deve incarnarsi nella vita così come ha fatto Dio. La Chiesa non può fare altrimenti.

In ultimo, cosa auspica per questa giornata?
Oggi spero sia un giorno di rinascita, non soltanto di primavera. Auspico che sia un giorno nuovo da cui si possa ripartire per la vita.

 

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