Quel neonato abbandonato in un cassonetto è figlio di tutta la società

Dopo l'ennesimo abbandono di un neonato, questa volta in un cassonetto a Villanova Canavese (Torino), è sempre più importante informare dell'esistenza dei Centri di aiuto alla vita, dei servizi Progetto Gemma e Sos Vita, della possibilità di partorire in anonimato, delle culle per la vita. Se una mamma non può tenere il suo bambino, deve sapere che sarà comunque accolto e amato

(Foto: ANSA/SIR)

La storia del neonato gettato in un cassonetto dei rifiuti a Villanova Canavese (Torino) e trovato vivo da una passante attratto dal flebile gemito del piccolo, mi ha fatto tornare alla mente una lettera scritta diversi anni fa dal card. Carlo Caffarra, dopo che nei pressi di casa sua, tra i rifiuti, fu trovata una neonata salvata, anche in questo caso, da un ignaro passante fermatosi all’udire il flebile richiamo. “Cara Maria Grazia, sei stata buttata nei rifiuti sotto la mia finestra, vicino alla mia casa. Eri diventata qualcosa di troppo; un di più di cui bisognava disfarsi. Come è potuto accadere? Perché non sei stata guardata con gli occhi dell’amore, forse resi ciechi da un indicibile dramma. E quando non guardo l’altro con questi occhi, esso diventa un residuo da cui liberare la realtà. Un rifiuto di cui disfarsi. Sei stata salvata perché il tuo vagito ha trovato ascolto nel cuore paterno di due uomini buoni. Il tuo vagito vale più di tutti i nostri calcoli egoistici, perché ha gridato che nessuna persona può essere rifiutata. Ci ha ricordato che l’intero universo è meno prezioso di te, anche quando vagivi in mezzo ai rifiuti; è meno prezioso di una sola persona umana. Grazie per avercelo ricordato dal fondo di un letamaio.

Il tuo vagito entri nella coscienza di ciascuno di noi fino in fondo, e dentro la nostra città.

Il cassone dell’immondizia posto sotto la mia finestra fu guardato con occhi pieni di amore da Dio stesso, perché in esso c’era la Sua immagine. Non rinunciamo più alla verità che ci è stata svelata dal tuo vagito: nessuna persona è da buttare, perché in ogni persona è presente un mistero da venerare. Tanti sono passati davanti a quel cassonetto. Io stesso lo vedo ogni volta che mi affaccio alla finestra. Continueremo a vivere dimenticando chi siamo, e come fossimo tante solitudini pressate l’una contro l’altra? Eppure ancora mi attraversa il tuo vagito, che indica la verità di cui andiamo affannosamente in cerca, nei nostri giorni divenuti tristi. Grazie, piccola bambina, perché ascoltando il tuo pianto ho imparato ancora più intimamente cosa significhi essere padre: prendersi cura di ciascuno perché nessuno non sia più sfigurato. Che la nostra città percorra, guidata dal tuo vagito, l’intero cammino che porta dalla solitudine all’amore. Che il tuo vagito sia il dolore di chi ha generato in noi la coscienza della nostra umanità e ci ha fatto sentire il peso specifico di essere persone: per sempre. Grazie, piccola madre di noi tutti”.

Come non interrogarci, a questo punto, su quella moltitudine di bambini ai quali viene impedito di nascere?

Bambini rifiutati ancor prima di venire alla luce, bambini che la società non vuole vedere, ma che esistono; bambini che vengono scartati in nome di falsi diritti e di una interpretazione corrotta della libertà. Anche questi bambini non nati, anche loro, ha detto Papa Francesco, “sono figli di tutta la società, e la loro uccisione in numero enorme, con l’avallo degli Stati, costituisce un grave problema che mina alle basi la costruzione della giustizia, compromettendo la corretta soluzione di ogni altra questione umana e sociale” (2 febbraio 2019).

Dovrebbe essere maggiormente diffusa la conoscenza della rete dei Centri di aiuto alla vita (si trovano in ogni regione, isole comprese, e spesso sono abbinati a case di accoglienza) e dei servizi Progetto Gemma e Sos Vita. Si deve poi sapere che esiste la possibilità di partorire in anonimato in modo che la mamma dia alla luce il suo bambino in ospedale ricevendo cura e assistenza, e così tutelare sia lei che il figlio. È poi necessario sapere dove si trovano le culle per la vita e in primo luogo avere la consapevolezza del loro significato: quello di una comunità che accoglie, allarga le braccia, esprime condivisione e solidarietà, offre serenità e speranza a una mamma che – chissà in quale situazione si trova e per questo dobbiamo avere tanta benevolenza verso di lei!  ̶  non può tenere quel figlio o quella figlia appena partoriti. Per questo le culle sono una benedizione:

se tu, mamma, non ce la fai o non puoi, pensiamo noi al tuo bimbo o alla tua bimba. Non temere. Sarà accolto e amato!

Questo dicono le culle. Chi volesse documentarsi sulle culle per la vita, può farlo leggendo il libro curato da Rosa Rao, “Le culle per la vita” (edizioni Movimento per la vita italiano). Per averne una copia si può scrivere a ordini@mpv.org.

* Presidente del Movimento per la vita italiano

Altri articoli in Italia

Italia