Per il cambiamento non resta che sperare

C'è come un filo che lega tra loro i rapporti delle tante ricerche che da decenni, anno per anno, vengono pubblicati per descrivere lo stato di salute della nostra società. Salvo qualche eccezione, sembra che i sondaggi convergano tutti su un’unica visione: l’Italia si presenta come un Paese sostanzialmente in sofferenza e preoccupato per il futuro. La situazione appare ancora più problematica per quanto riguarda il mezzogiorno. Di “lavoro povero” e “migrazioni giovanili” parla lo Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel mezzogiorno) l’istituto che raccoglie le principali notizie sull’andamento dell’economia meridionale.

C’è come un filo che lega tra loro i rapporti delle tante ricerche che da decenni, anno per anno, vengono pubblicati per descrivere lo stato di salute della nostra società. Salvo qualche eccezione, sembra che i sondaggi convergano tutti su un’unica visione: l’Italia si presenta come un Paese sostanzialmente in sofferenza e preoccupato per il futuro. La situazione appare ancora più problematica per quanto riguarda il mezzogiorno. Di “lavoro povero” e “migrazioni giovanili” parla lo Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel mezzogiorno) l’istituto che raccoglie le principali notizie sull’andamento dell’economia meridionale. Criticità destinate, peraltro, ad acuirsi – sostiene l’istituto di ricerca – se dovesse andare in porto il progetto governativo sull’autonomia differenziata. Un’Italia sempre più divisa emerge, ancora, dalla storica indagine del “Sole 24 Ore” sulla “qualità della vita” nelle 107 province italiane. A fronte di incoraggianti eccellenze al nord, si notano ancora i soliti aspetti critici al sud. Dei 90 indicatori presi a base per la lettura della situazione, emerge,infatti, l’acuirsi delle disuguaglianze – geografiche, generazionali, di genere, economiche e così via – nel nostro Paese, con le province del sud destinate a occupare gli ultimi posti. Non vanno meglio le cose sul fronte dell’istruzione. Secondo una classifica OCSE (organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) l’Italia è al 36° posto su 57 paesi sul fronte delle istituzioni scolastiche. La preparazione dei nostri giovani, emerge dalla ricerca, sembra essere peggiore di quella dei giovani di molte nazioni del cosiddetto “secondo mondo”. E, ancora, siamo sempre più vecchi, impauriti, rassegnati, secondo il rapporto del Censis ( Centro Studi Investimenti Sociali) che, nei giorni scorsi, ha animato il dibattito pubblico. Abbiamo paura di tutto, è detto nel rapporto, consideriamo tutto emergenza, abbiamo paura del clima impazzito, dei migranti e del terrorismo. Insomma,siamo un Paese in uno stato di salute decisamente precario. Gli scenari sopra descritti contrastano con le rappresentazioni entusiastiche sull’andamento del Paese che, di norma, sono solite fare le forze di governo. Per l’attuale Presidente del consiglio, Giorgia Meloni, non c’è stata mai un’Italia così in salute: la disoccupazione diminuisce, il numero delle persone occupate aumenta e l’Italia si trova ai primi posti nelle varie graduatorie in Europa. Nessuno mette in dubbio i tanti aspetti positivi del nostro Paese, ma basterebbe guardare oltre l’ordinaria gestione per accorgersi, come afferma Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, che “La povertà è in aumento e colpisce soprattutto gli anziani, le famiglie con figli e chi ha un lavoro precario”. I dati Istat, Caritas e Censis parlano, infatti, di cinque milioni e seicentomila poveri ( il 10% della popolazione nazionale) la maggior parte dei quali minori, residenti nel centro-sud. Impressionante, infine, anche il fenomeno di molti giovani che emigrano all’estero in cerca di lavoro. Quello che più preoccupa dalla lettura delle citate indagini sociali è che siamo di fronte a un trend negativo destinato a peggiorare, di anno in anno, almeno fin quando le forze politiche non si convinceranno a “guardare alle prossime generazioni”, anziché occuparsi, sistematicamente, “delle prossime elezioni”. Occorre, cioè, cominciare a guardare alla realtà, anche quella più scomoda e darsi una prospettiva sul modello di Paese che si vuole costruire. In quest’ottica siamo tutti chiamati a cooperare, governanti e cittadini, consapevoli che il cambiamento richiede coraggio insieme a una buona dose di speranza. “Peggio di questa crisi – affermava Papa Francesco durante la pandemia – c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi». Alla fine della seconda guerra mondiale, di fronte alle macerie, molti italiani trasformarono le paure in speranza e poterono, così, ricostruire il Paese. “Dobbiamo essere speranza per dare speranza”, diceva Giorgio La Pira, il “Sindaco Santo” di Firenze, figlio della diocesi di Noto, al quale il Vescovo Salvatore Rumeo ha deciso di dedicare tre giorni di celebrazioni in occasione del 120.mo anniversario della nascita .

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