Che cosa mangiamo? La libertà di scelta dei consumatori passa da controlli e informazioni corrette

I principi di sicurezza e informazione dovrebbero apparire scontati e acquisiti (tra l’altro in Italia sono sanciti da leggi precise), ma troppo spesso ancora finiscono nel caos mediatico oppure in quello costruito ad arte da chi vuole speculare illecitamente sull’alimentazione oppure, più semplicemente, da chi è male informato. L’esempio della carne sintetica è lì a dirci tutto circa la confusione e gli schieramenti che si possono generare basati sull’informazione in qualche modo non completa

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Non solo sapere cosa si mangia, ma anche esser certi che ciò che si acquista sia sicuro dal punto di vista della sanità alimentare. Liberi di scegliere, dunque, ma liberi e informati. E ragionevolmente certi che qualsiasi cosa arrivi sugli scaffali dei punti vendita, questa sia stata controllata in modo adeguato. Il tema è certamente “caldo”, anche per le recenti decisioni di Governo e  Parlamento sugli alimenti a base di insetti e su quelli “sintetizzati”.

I principi di sicurezza e informazione dovrebbero apparire scontati e acquisiti (tra l’altro in Italia sono sanciti da leggi precise), ma troppo spesso ancora finiscono nel caos mediatico oppure in quello costruito ad arte da chi vuole speculare illecitamente sull’alimentazione oppure, più semplicemente, da chi è male informato. E per capire quanta confusione vi sia, basta pensare proprio alle vicende più recenti relative agli alimenti a base di insetti oppure a quelli “sintetizzati” o “coltivati” in vitro come la carne sintetica.

Insomma, quello dell’alimentazione, si dimostra così ancora una volta un tema divisivo, in cui gli schieramenti si fanno netti e intransigenti, mentre la lucidità sembra perdersi nelle polemiche così come la scienza (vera e unica disciplina a poter dettare legge in questi casi) nelle diatribe in televisione.

L’esempio della carne sintetica è lì a dirci tutto circa la confusione e gli schieramenti che si possono generare basati sull’informazione in qualche modo non completa.

Alla domanda se sia davvero carne quella “coltivata”, la risposta non può essere univoca perché la scienza non ha ancora dato una risposta univoca.  Sulla risposta però gli schieramenti si sono formati e scontrati. E’ carne buona e sana per i sostenitori che aggiungono a loro sostegno l’assenza di antibiotici, il danno ambientale più basso, l’assenza di consumo di acqua e suolo per allevare gli animali, la diminuzione del numero di animali uccisi, la possibilità di dare carne anche anche a chi non può permettersela. E’, invece, un obbrobrio biologico per i detrattori che mettono sul tavolo dubbi come la possibilità di tumori determinate dalle staminali (che servono per costruire la carne “coltivata”), l’assenza di studi approfonditi sulla sicurezza nutrizionale,  l’elevata produzione di anidride carbonica e l’alto costo energetico del procedimento. Entrambi gli schieramenti hanno ragioni da parte loro, ma non sufficienti.

Altro esempio è quello degli insetti a tavola. Esempio che, se vi fosse bisogno, è ancora più complicato dall’elemento culturale insito da sempre nell’alimentazione. Perché, lo sappiamo, gli insetti fanno parte della gastronomia tradizionale di altre culture differenti dalla nostra (ma non per questo meno apprezzabili). Qui la scienza può forse dir poco, mentre il cozzo più sonoro arriva dallo scontro tra tradizioni alimentari secolari. Ma la confusione è sempre altissima.

Quindi che fare?

Controlli e informazioni appaiono essere ancora una volta i due cardini attorno ai quali far ruotare tutto. Controlli su due fronti. Quelli dettati già dalle leggi (in Italia eseguiti dai Carabinieri Nas ma anche dagli Ispettorati repressione frodi che fanno capo al ministero dell’agricoltura così come dalle aziende sanitarie locali) e controlli indicati dalla scienza che, magari nel silenzio dei laboratori, continua a sperimentare e, appunto, a verificare la salubrità degli alimenti soprattutto quelli “nuovi”. La morale?

Sapere cosa si mangia è, pressoché da sempre, condizione essenziale per fare scelte avvedute compatibilmente con le proprie possibilità alimentari. E deve essere condizione assicurata a tutte le fasce di popolazione. Indicazioni chiare sulle materie prime e sulla loro origine, spiegazioni comprensibili degli ingredienti, illustrazioni precise dei luoghi di origine e di trasformazione sono tutti elementi ormai insostituibili di ogni etichetta alimentare corretta, almeno nel nostro Paese. Un traguardo, raggiunto per quasi tutti i cibi almeno in Italia, che è stato duro conquistare e che ha richiesto anni di negoziati e battaglie da parte dei coltivatori e dei consumatori. Traguardo che deve però essere reso efficace per tutti. E non solo per nicchie di mercato o fasce di popolazione più o meno ampie.

Perché, a ben vedere, c’è un terzo strumento che occorre adoperare: la voglia di capire e quindi di informarsi usando fonti autorevoli e affidabili. Perché le etichette occorre leggerle con attenzione, perché sui cibi occorre comunque andar cauti, perché invece di seguire qualche guru improvvisato del mangiare e bere “sano” è sempre meglio andare alle fonti istituzionali e scientifiche.

Insomma, la prima regola da applicare è quella di non farsi abbindolare da immagini ad effetto che nascondono solo la pochezza di argomenti. Gli esempi non mancano. Tra gli ultimi basta ricordare gli “insetti contro maccheroni” e gli “alimenti del futuro”. Ma come non ricordare anche un classico della propaganda d’altri tempi come il “vino del contadino”?

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