Festival Dottrina sociale. Stizzoli (Fondazione Segni Nuovi): “Creare zone di vita dove favoriamo le relazioni, quelle vere e gratuite”

“Il nostro modo di stare nella società gode di meno libertà rispetto al passato”, afferma il presidente della Fondazione che dal 2011 promuove a Verona questo spazio per il confronto tra chi è impegnato nel lavoro, nel sociale e in responsabilità pubbliche. Presentando programma e contenuti della kermesse che si svolgerà dal 24 al 26 novembre prossimi, afferma: “Abbiamo tanti punti di riferimento ma, purtroppo, in tanti non esiste più un legame con Dio. E così siamo tutti più controllabili”

(Foto: Alberto Brandino)

“Dobbiamo creare zone di vita dove favoriamo le relazioni. Questo non significa solo luoghi ma anche modi di essere che favoriscano la relazione, quella vera, non quella virtuale”. Così Alberto Stizzoli, presidente della Fondazione Segni Nuovi, presentando al Sir la XIII edizione del Festival della Dottrina sociale che si terrà al Palaexpo Verona Fiere dal 24 al 26 novembre.

Verona si prepara ad ospitare la XIII edizione del Festival della Dottrina sociale. Quest’anno il tema del confronto sarà “Socialmente liberi”. Da dove nasce questa scelta?

Dal fatto che ormai è chiaro che i social e tutto ciò che comporta lo sviluppo dell’intelligenza artificiale nei prossimi anni avranno un peso importante sulle relazioni. Già oggi i social incidono fortemente sui nostri comportamenti. E, a nostro parere, in qualche caso limitano, ci proteggono da coinvolgimenti, da vicinanze che magari dopo riteniamo pericolose.

Social e app fanno in modo che ormai non ci coinvolgiamo mai pienamente con gli altri.

Ecco, questa è una rivoluzione. Perché

l’uomo è sempre stato in relazione e fin dalla nascita ha bisogno degli altri, della mamma, della famiglia, della scuola, della formazione. Oggi corriamo il rischio, nel momento in cui crediamo di sviluppare queste relazioni, di porre invece un limite forte.

Se poi pensiamo al momento che si sta vivendo a livello internazionale, effettivamente anche questo, a nostro parere, mette in luce la mancanza delle buone relazioni che poi fa succedere tutto quello che vediamo quotidianamente.

Cinque anni fa al centro della riflessione del Festival c’era “Il rischio della libertà”. Rispetto ad allora, cosa pensa sia diventato più urgente nella nostra società?

Io penso che siamo tutti meno liberi. Non voglio essere pessimista, ma trovo che effettivamente

il nostro modo di stare nella società gode di meno libertà rispetto al passato.

Basta fare caso a ciò che succede nei confronti, nei talk show che tutte le sere vengono trasmessi in tv: o siamo con l’uno o siamo con l’altro, non esiste un’idea alternativa. E cos’è che manca di più? Secondo me c’è la mancanza di Dio. Mi spiego: abbiamo tanti punti di riferimento ma, purtroppo, in tanti non esiste più un legame con Dio. E così siamo tutti più controllabili.

La mancanza di libertà – la libertà che scaturisce dal riconoscere la presenza di Dio nell’uomo, nella società – mi sembra sia la cosa più urgente da affrontare.

Relazione, confronto, società sono parole e concetti che hanno sempre accompagnato la riflessione del Festival. E sono lo spazio nel quale possiamo esercitare la nostra libertà. I social media da una parte sembrano aver ristretto la frequentazione di questi spazi e dall’altra possono contribuire al venir meno della responsabilità individuale per via di un’idea distorta di libertà. Come evitare un ulteriore impoverimento culturale, affettivo e relazionale che mina la possibilità di creare e consolidare legami con ricadute positive per il bene comune?

Non so individuare una soluzione ad un problema così complesso. Però rilevo che ognuno guarda troppo dentro, troppo verso di noi; ognuno guarda al proprio interesse, al proprio benessere. C’è il primato dell’apparire più che quello dell’essere, come se il nostro scopo di vivere sia quello di farci vedere in un certo modo e non quello di essere. Secondo me il problema è proprio questo: pensiamo che questo modo di vivere aumenti la nostra comfort zone, facilitando il nostro modo di esistere. E invece l’atteggiamento vero è quello della relazione.

In che modo, secondo lei, gli insegnamenti della Dottrina sociale della Chiesa possono aiutarci ad essere “Socialmente liberi”?

Quello della Dottrina sociale è un discorso molto intenso, complesso, importante. Una volta ho detto ad un sacerdote: “Non sono mica capace di studiarla, la Dottrina sociale. Però bisogna soprattutto viverla…”. Ho chiaro un concetto: la Dottrina sociale della Chiesa è come una bussola. I quattro poli sono: il bene comune, ovviamente non considerato come multiproprietà; la persona, e non l’individualismo; la sussidiarietà, intesa come libera iniziativa e non come liberismo selvaggio; infine la solidarietà, non lo statalismo. È necessario avere chiari questi quattro concetti perché ognuno di noi possa applicarli dove è possibile, come è possibile, nelle modalità che vengono ritenute consone. E questo è il contributo forte della Dottrina sociale al nostro modo di operare.

“Assumerci il compito di educare al dono, facendo la fatica di mettere al mondo relazioni gratuite, e avendone cura: l’essere socialmente liberi passa anche per questa via”. Così si conclude il manifesto che spiega il tema scelto per questa edizione del Festival. Un impegno tutt’altro che semplice “in una società in cui tutto sembra disgregarsi”. Quale contributo pensa possa venire dal Festival?

Il Festival è una relazione gratuita. Ci sono persone che ci lavorano con un coinvolgimento di gratuità totale. Se guardiamo intorno a noi sperimentiamo ogni giorno come siamo tutti orientati ad avere relazioni che ci devono dare qualcosa, un ritorno. Invece,

la relazione con la persona dev’essere gratuita

e ha bisogno del nostro coinvolgimento, della nostra vicinanza. Il Festival è un luogo dove questo ce lo trasmettiamo e lo viviamo.

Per quanto riguarda il programma, c’è qualche evento o qualche protagonista che Le sta particolarmente a cuore segnalare?

La riflessione sul tema dell’intelligenza artificiale è importante, perché rappresenterà una novità ogni giorno nello scorrere del tempo. Chissà quali prospettive ci aprirà… Ma c’è un altro tema che mi sta molto a cuore: è quello della panchina, nella sua accezione sportiva.

Non pensiamo mai all’importanza che ha nella nostra vita passare dalla panchina: vorremmo essere sempre protagonisti, in mostra, sotto i riflettori… Ma sappiamo bene che esiste un periodo o un posto nella vita dove si deve passare dalla panchina. Dovremmo riflettere di più sul fatto che la squadra gioca bene anche perché ha una panchina che è cosciente di essere di supporto senza apparire.

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