Calcio e scommesse illecite. Capitanucci: “Prevedibili ‘danni collaterali’ della pervasiva diffusione del gioco d’azzardo”

“Questa vicenda ha mostrato che i costi dell’azzardo non sono solo in casa d’altri, ma arrivano anche dove mai ci immagineremmo, ci riguardano tutti e possono essere anche molto salati. E sollecita nuovamente i decisori politici a intervenire con un intervento serio e tempestivo, scevro da conflitti di interessi, proprio a partire dalla valutazione dei danni azzardo-correlati”, dice al Sir la presidente di And-Azzardo e Nuove Dipendenze Aps

Ancora una volta il mondo del calcio è scosso da uno scandalo: quello delle scommesse su piattaforme illegali. Coinvolti diversi giocatori, dietro una dipendenza molto pericolosa che colpisce tante persone nella nostra società: quella dal gioco d’azzardo. Ne parliamo con Daniela Capitanucci, presidente di And-Azzardo e Nuove Dipendenze Aps.

(Foto: profilo Facebook di Daniela Capitanucci)

Le scommesse illecite sono una delle tante facce del gioco d’azzardo? Che opinione ha su questo fenomeno?

Ciò a cui stiamo assistendo in questi giorni sono solo i prevedibili “danni collaterali” della diffusione pervasiva del gioco d’azzardo nel nostro Paese. Anche quello legale.

Perché è noto che esiste una continuità tra legale e illegale e il gioco d’azzardo legale non ostacola affatto il proliferare di quello illegale, come ha ben documentato la Commissione parlamentare antimafia della XVIII legislatura. Per comprendere ciò che sta accadendo, è necessario allargare lo sguardo. Il gioco d’azzardo, scommesse incluse, è ovunque in Italia, diffuso in punti di vendita fisici e online. Possiamo affermare che sport, scommesse e azzardo sino ad ora sono andate a braccetto. Senza il divieto di pubblicità in vigore dal 2019 – che in teoria porterebbe con sé la proibizione della sponsorizzazione delle maglie da parte dei concessionari di giochi d’azzardo e scommesse – non senza conseguenze, verrebbero legittimate e ratificate alcune contiguità economiche dirette tra i due mondi. Purtroppo, tale interdizione alla pubblicità è stata comunque bellamente aggirata nei fatti: chiunque si è accorto che negli stadi molti siti, con il pretesto di offrire informazioni, veicolano il pubblico verso piattaforme di scommesse online. Club, Federazione, ministro dello Sport e dei Giovani e altri interlocutori si mostrano favorevoli ad abolire la norma per tornare a ricevere denaro da chi gestisce scommesse. Questi interlocutori parrebbero rincorrere soluzioni impossibili, gettando la responsabilità dei fatti di questi giorni sui giocatori-scommettitori, invece di assumersene quel pezzo che ha a che fare con i legami intessuti tra Federazione, società sportive e concessionarie, senza considerare che il calcio in realtà con questo approccio rischi di diventare la vittima collaterale di sé stesso. C’è bisogno di maggior coerenza.

Lo sport dovrebbe, in teoria, educare a sani principi, mentre vediamo che spesso è sporcato da brutte storie. Ma questo cosa insegna ai giovani?

Sarebbe quanto meno necessario separare totalmente questi due mondi, sport e azzardo.

Lo sport non è azzardo. E l’azzardo non è sport. Non possono esserci contaminazioni.

Non possiamo diffondere gioco d’azzardo in ogni dove, nel territorio e online, e poi pretendere che non si giochi, o si giochi responsabilmente… C’è da chiedersi: l’attuale offerta di azzardo è responsabile? 136 miliardi di euro raccolti nel 2022, di cui 20 miliardi persi inesorabilmente… (fonte: Adm), cioè, usciti per sempre dalle tasche delle famiglie italiane, è responsabile e sostenibile? Questi volumi di denaro rappresentano davvero un successo per la collettività?

Chi è il giocatore tipo? I giovani sono più a rischio?

Mentre alcuni giochi d’azzardo (slot machine e gratta e vinci, ad esempio) hanno una clientela trasversale, le scommesse sullo sport hanno invece un pubblico specifico. Tutte le indagini epidemiologiche condotte, sia a livello locale da And-Azzardo e Nuove Dipendenze Aps, sia a livello nazionale (Iss, Cnr…), evidenziano che scommettere sul calcio è un’attività ampiamente praticata da soggetti di genere maschile, tra i quali numerosi sono anche under 25. Nel solo 2021 nella fascia d’età 18/24 anni sono stati aperti 1.360.000 conti di gioco, a cui vanno aggiunti, nella stessa fascia d’età, altri 1.816.000 conti di gioco già attivi (fonte: Adm). Le scommesse sportive sono il gioco d’azzardo più praticato dagli studenti italiani maschi. Secondo l’Istituto superiore di sanità, il 52% degli studenti 14-17enni, dunque minorenni ai quali sarebbe precluso l’accesso, frequenta sale scommesse. Ed è ancora più facile aggirare i divieti per scommettere online. Per la Generazione Z, nata e cresciuta in un mondo ove l’azzardo è ovunque, quindi praticare sport, guardare partite e scommettere su di esse è vissuto come un rito collettivo, in cui tutte e tre queste azioni sono imbricate indissolubilmente tra loro.

Perché i calciatori, che fanno parte di un mondo dorato, a loro volta scommettono?

Dovremmo chiederci piuttosto perché mai non dovrebbero scommettere! I calciatori sono giovani maschi della Generazione Z e, proprio come i loro pari, scommettono, anche a costo di pagarla cara, sebbene consapevoli dei rischi che corrono (sanzioni sportive). Lo fanno proprio come accade a tutti gli altri “sconosciuti”, che violano norme differenti, nello stesso modo: ad esempio, quando a scommettere è un minorenne, in barba ai divieti. O quando a giocare d’azzardo è un esponente delle Forze dell’ordine, un magistrato o un operatore sanitario… Al pari dei loro coevi meno famosi – ma non meno danneggiati! – questi calciatori-scommettitori con il loro comportamento mettono a nudo una realtà che dovrebbe preoccupare e invece è costantemente sottaciuta, negata, manipolata, mistificata, fintanto che adesso non ha investito soggetti in vista. La vicenda di questi giorni scoperchia i danni collaterali che provoca l’azzardo, in termini di trasgressione delle regole, progettualità, conseguimento di risultati, qualità della vita: successi e percorsi di vita buttati alle ortiche. Per i calciatori e per le migliaia di giovani sconosciuti. Sono i costi dell’azzardo. Che pagano tutti, non solo i giocatori-scommettitori ricchi e famosi.

A che punto siamo con il contrasto all’azzardo in Italia?

Assistiamo con preoccupazione a una fase in cui la normalizzazione dell’azzardo, come comportamento socialmente accettabile e persino come fonte di risorse per l’erario e per l’industria, è dietro l’angolo.

Vi è la tendenza a presentare dati in modo rassicurante, occultando o tacendo i costi sociali collaterali ai 136 miliardi raccolti nel solo 2022, le sofferenze individuali, familiari e collettive, che invece ci sono e sono pesanti. Ma che vengono vissute in privato, sino appunto – come in questo caso – quando colpiscono persone in vista.

Quali sono le richieste che avanzano le associazioni e le organizzazioni impegnate in prima linea per il contrasto del Disturbo da gioco d’azzardo e dei suoi effetti negativi sulle persone, le loro famiglie e la società tutta?

Anche tra i tecnici le prospettive non sono omogenee, ma le Associazioni “storiche”, che si occupano di azzardo da oltre vent’anni, ritengono che siamo in ritardo per affrontare la situazione prevalentemente con iniziative di prevenzione (in particolare, quella educativa, insufficiente se non supportata da cambiamenti contestuali). Se vogliamo saltarne fuori, sempre che non sia già troppo tardi, è necessario invertire la rotta in modo netto nell’offerta di azzardo e scommesse, adottando pesanti misure di prevenzione ambientale (limitazione dell’offerta) con monitoraggio costante dell’incidenza e prevalenza del disturbo. L’ultima ricerca epidemiologica risale al 2018-19 (Iss) e andrebbe replicata con urgenza. Infine, andrebbe garantita cura competente, sia per i giocatori sia per i loro prossimi. Anche su questo versante della presa in carico specialistica, le linee guida ministeriali purtroppo sono ferme a parecchi anni fa.

Le scommesse su piattaforme illecite cosa insegnano?

La dolorosa vicenda che ha investito i giovani calciatori ha mostrato come nell’azzardo il discontrollo non è selettivo e il Disturbo da gioco d’azzardo (per piacere, basta con questa “ludopatia”!) è davvero democratico. Chiunque può essere colpito. Tonali, Fagioli, Zaniolo, ma anche i più umili e meno famosi Marco, Paolo, Giuseppe…. sono le vittime collaterali di un sistema di offerta dell’azzardo decisamente malato. Non dimentichiamo che per ogni giocatore d’azzardo patologico, scommettitori inclusi (stiamo parlando di un milione e cinquecentomila persone), vengono impattati negativamente almeno altri 7 soggetti, legati a loro in qualche modo: familiari, amici e – come è appena accaduto nello scandalo scommesse – entourage dell’ambito lavorativo dello scommettitore. Questa vicenda ha mostrato che i costi dell’azzardo non sono solo in casa d’altri, ma arrivano anche dove mai ci immagineremmo, ci riguardano tutti e possono essere anche molto salati. E sollecita nuovamente i decisori politici a intervenire con un intervento serio e tempestivo, scevro da conflitti di interessi, proprio a partire dalla valutazione dei danni azzardo-correlati.

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