L’inflazione rallenta ma il suo peso sui redditi resta alto

L’inflazione rallenta ancora la sua corsa ma il suo peso sui redditi, soprattutto su quelli fissi e medio-bassi, resta alto. L’Istat ha diffuso l’indice dei prezzi al consumo relativo allo scorso agosto e ha confermato le stime provvisorie anche se con un lieve ritocco al ribasso. L’aumento dei prezzi è stato dello 0,3% rispetto al mese precedente, del 5,4% rispetto a un anno fa. A luglio l’incremento su base annua era stato del 5,9%.

(Foto ANSA/SIR)

L’inflazione rallenta ancora la sua corsa ma il suo peso sui redditi, soprattutto su quelli fissi e medio-bassi, resta alto. L’Istat ha diffuso l’indice dei prezzi al consumo relativo allo scorso agosto e ha confermato le stime provvisorie anche se con un lieve ritocco al ribasso. L’aumento dei prezzi è stato dello 0,3% rispetto al mese precedente, del 5,4% rispetto a un anno fa. A luglio l’incremento su base annua era stato del 5,9%. Nel suo commento ai dati l’Istituto di statistica mette in evidenza una “decelerazione” ancora fortemente influenzata “dalla dinamica dei beni energetici” e che riflette anche “l’evoluzione favorevole dei prezzi di alcune tipologie di servizi (ricreativi, culturali e per la cura della persona e di trasporto) e il rallentamento su base tendenziale dei prezzi dei beni alimentari, la cui crescita in ragione d’anno rimane, tuttavia, su valori relativamente alti (+9,7%)”. Permane quindi “elevato” il ritmo di crescita dei prezzi di quei beni che costituiscono convenzionalmente il “carrello della spesa” (+9,4% su base annuale).
A meno di due settimane dal varo della Nadef, la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza in cui il governo dovrà mettere nero su bianco le coordinate finanziarie entro cui si muoverà con la prossima legge di bilancio, con il dato sull’inflazione si va ulteriormente definendo il quadro dei fattori “macroeconomici” che caratterizzano la situazione. Ed è un quadro oggettivamente problematico come dimostrano anche le rilevazioni dell’Istat rese note negli ultimi giorni. Il secondo trimestre dell’anno ha registrato un aumento dello 0,6% degli occupati, ma a fronte di una contrazione delle ore lavorate. Una crescita fragile, tant’è vero che poi nel successivo mese di luglio anche il tasso di occupazione ha mostrato una flessione (-0,3%) ed era la prima volta che accadeva nel 2023. Sempre a luglio l’indice della produzione industriale ha perso lo 0,7% rispetto a giugno, dopo due mesi consecutivi di incrementi. Positivo il saldo della bilancia dei pagamenti (+16,2 miliardi nei primi sette mesi dell’anno, contro i -15,4 miliardi dello stesso periodo del 2022). Ma se le esportazioni hanno nettamente sopravanzato le importazioni, su entrambi i versanti si registra un calo e questo potrebbe essere collegato con la complessiva frenata dell’economia italiana nel secondo trimestre: il Prodotto interno lordo è diminuito dello 0,4% dopo una lunga serie positiva a partire dallo scorso anno. Non a caso l’indice che misura la fiducia delle imprese ha toccato ad agosto il livello più basso dal novembre 2022. Anche la fiducia delle famiglie, pur mantenendosi sopra il livello medio del primo semestre dell’anno, ha segnato un calo sia a luglio che ad agosto, “principalmente – annota l’Istat – a causa di un peggioramento delle opinioni sulla situazione economica generale”.

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