Quando il libro aiuta nel cammino. Anche d’estate

Le scelte per le letture estive investono anche la cosiddetta modernità: mettiamo in borsa le ultime novità, magari quelle legate ai neo-gialli, noir e polizieschi, o ne approfittiamo per leggere quelli che possono essere considerati a tutti gli effetti dei (neo)classici? In questo ci aiuta molto l’attualità della Gmg, perché la barriera letture per giovani/libri per adulti non ha, come stiamo per vedere, molta ragione di esistere

foto SIR/Marco Calvarese

Le scelte per le letture estive investono anche la cosiddetta modernità: mettiamo in borsa le ultime novità, magari quelle legate ai neo-gialli, noir e polizieschi, o ne approfittiamo per leggere quelli che possono essere considerati a tutti gli effetti dei (neo)classici? In questo ci aiuta molto l’attualità della Gmg, perché la barriera letture per giovani/libri per adulti non ha, come stiamo per vedere, molta ragione di esistere.

Facciamo un esempio: un “classico” come “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupéry ci invita non solo e non tanto all’avventura aerea, ma a elaborare l’abbandono, l’addio, l’assenza, l’accettazione della vita come passaggio. Come ha messo bene in evidenza l’edizione Ancora curata da Enzo Romeo del libro “terminale” del poeta-aviatore, sono molte le possibilità di trovare riferimenti alle Scritture e alla tradizione giudaico-cristiana. In fondo quella del piccolo amico del pilota atterrato casualmente nel deserto è una storia nella storia, e via così, tra la nascita della sensazione di aver trovato un amore unico e poi il trauma scatenato dalla scoperta della finitudine: la rosa unica è tale dentro di noi, e dobbiamo accettarne la finitudine nel qui e nel nostro ora.

La fine non è mai la fine, ma la possibilità di un nuovo inizio, di una diversa strada, di una maturità mai assoluta che ci viene donata dalle sconfitte, come ci suggerisce un libro oscurato dal film Disney, completamente diverso dal racconto: stiamo parlando di “Mary Poppins”,primo romanzo di una serie, scritto nel 1934 da Pamela Lyndon Travers, il cui vero nome era Helen Lyndon Goff. Niente di sdolcinato, niente cartoni animati, acrobazie aeree e pinguini danzanti (se mai gli animali dello zoo durante una inquietante, quasi religiosa, visita notturna), semplicemente la storia di quattro bambini (non due come nel film) che vengono accompagnati per un attimo da una strana visitatrice che conosce i linguaggi degli animali e che insegna ai piccoli l’arte di crescere nonostante mancanze e dolori. Diario autobiografico della vita stessa dell’autrice in Australia, con un papà alcolizzato e una mamma depressa e con manie suicide, salvata da una zia spuntata dal nulla e che si prende cura di tutti, con severità ma anche con abnegazione.

L’arrivo di una parente o di un’estranea a sorreggere una famiglia non è nuovo nella letteratura, basti pensare al capolavoro della grande scrittrice americana Marilynne Robinson che nel suo “Le cure domestiche” narra dell’arrivo di una zia vagabonda chiamata ad accudire due sorelline rimaste orfane e senza più nessuno. Solo che questa zia porta con sé un modello assai lontano da quello perbenista della middle class americana, fatto di viaggio, natura e affidamento all’oggi, senza pensiero per il domani. Se qualcuno dovesse pensare a un riferimento anche evangelico, avrebbe pienamente ragione, anche perché la scrittrice ha sempre fatto riferimento alla sua fede calvinista.

Ma c’è anche un altro racconto, stavolta italiano, che nonostante sia stato messo nella “squadra” della letteratura per l’infanzia (era uscito sul “Giornale dei bambini” nel 1881 con il titolo di “Storia di un burattino”) ancora oggi emana sensi profondi assai vicini alla religione: “Pinocchio”, di Carlo Lorenzini, alias Collodi, che era in realtà il nome del paese della mamma. Un racconto di formazione, certo, ma anche del sacrificio necessario per lasciarsi alle spalle la vecchia vita e per andare incontro alla salvezza. Non è un caso che qui l’elemento cardine sia il legno, che richiama anche il sacrificio della Croce e alla possibilità di lasciarsi alle spalle i condizionamenti della materia bruta e i suoi derivati, quali il potere, il denaro, il successo a tutti i costi, l’apparire sempre e comunque, il piacere fine a se stesso.

Storie di rinascite, di superamento del pericolo e dell’accettazione della inevitabile ferita (c’è a questo proposito un bel libro dello psicoterapeuta Massimo Scialpi, “La crepa”, Fuorilinea ed., che aiuta a capire come l’insuccesso sia parte integrante della nostra crescita), che ci aiutano a fare i conti con la dura realtà, ma nello stesso tempo ci dicono che si può lottare, aiutare e farsi aiutare in un mondo in cui lo stare insieme in pace e amore non è un’utopia. I libri aiutano, eccome.

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