Dalla Coldiretti un appello per la ricostruzione della Romagna: “La tempestività negli aiuti è essenziale”

Durante un assolato weekend del Corpus Domini, piazza San Pietro e via della Conciliazione sono state bonariamente “invase” dagli stand di Coldiretti che ha voluto salutare la giornata dedicata al “World Meeting of Human Fraternity”, evento ispirato all’Enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco, su invito proprio della fondazione che porta il nome del documento, perché si potesse impiantare un “villaggio sul cibo” per l'occasione

Durante un assolato weekend del Corpus Domini, piazza San Pietro e via della Conciliazione sono state bonariamente “invase” dagli stand di Coldiretti che ha voluto salutare la giornata dedicata al “World Meeting of Human Fraternity”, evento ispirato all’Enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco, su invito proprio della fondazione che porta il nome del documento, perché si potesse impiantare un “villaggio sul cibo” per l’occasione. Non deve quindi far storcere il naso la presenza degli agricoltori così a ridosso del colonnato, perché Coldiretti è una “creatura” sia di Pio XII come anni di fondazione (siamo nel dopoguerra, e fu il deputato Dc Paolo Bonomi a fondarla) quanto di Paolo VI che ebbe una interlocuzione costante con l’Associazione e che in un discorso del 1972 diceva: “La Chiesa ha rivolto sempre particolari premure alla gente dei campi, aprendo la via alla sua elevazione umana e morale ed aiutandola a realizzare la sua missione con dignità e coscienza del suo valore spirituale e sociale”. Sin dal 1950 a Coldiretti è assegnato un assistente ecclesiastico nazionale, oggi don Nicola Macculi direttore della Caritas di Lecce, che segue il mondo dei coltivatori e il suo legame inscindibile con la Dottrina Sociale della Chiesa.

Anche il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, non ha dubbi sulla missione della sua associazione e la sua relazione con la Fratelli tutti “noi oggi celebriamo la giornata della fraternità e della solidarietà, valori che ci ispirano sin dalla fondazione”, ecco perché nelle due giornate appena concluse Coldiretti ha sviluppato per l’occasione un’azione su tre direttrici: la tavola della fraternità (con una tenda dove far trovare un pasto caldo anche per le persone meno fortunate), il cestino solidale (da portare nei rifugi e presso i giacigli di chi vive per strada) e infine la “spesa sospesa”.

Un cesto speciale è stato portato anche a Francesco, per augurargli pronta guarigione.

Ma oltre alla solidarietà (sono oltre 8 milioni i chili di cibo per le famiglie bisognose che sono stati raccolti negli ultimi cinque anni dagli agricoltori della Coldiretti) è chiaro che quello che più preme è la questione ricostruzione della Romagna: “Il tema della tempestività negli aiuti è essenziale, speriamo e lavoriamo perché il Governo dia risposte concrete in questo senso”. I danni sono importantissimi: “5 milioni di piante che vanno espiantate e reimpiantate rapidamente, perché più si perde tempo si perde una intera annata”, spiega ancora Prandini, che prosegue: “Se poi si parla della frutta, quello che andrà espiantato e reimpiantato avrà bisogno mediamente di quattro anni per tornare in produzione”. Ma non c’è solo il settore della frutta, c’è tutto il settore cerealicolo che è fortemente compromesso dall’alluvione.

Le imprese agricole colpite, direttamente o indirettamente, nella zona della Romagna sono 20 mila e riguardano l’intera filiera, dalla produzione, alla trasformazione e in parte anche alla distribuzione. Migliaia di lavoratori il cui lavoro è a rischio, migliaia di imprenditori che hanno avuto danni e rischiano di non riaprire più. Il valore complessivo della zona supera il miliardo e mezzo di euro di fatturato di sola produzione agricola.

Ne è un esempio Claudia Buzzecoli, di Brisighella (nel ravennate) che ci racconta proprio gli ingenti danni che ha subìto, con il terreno collinare della sua impresa che è franato in larga parte a causa delle piogge e della piena che ne è conseguita. Claudia racconta con stoicismo la sua vicenda se si considera che “Me la sono comprata sei mesi fa e ora ne ho visto andar via un bel po’”. Seminativo, ulivi, vigneti tutto distrutto, ricoperto di fango “noi alleviamo i maiali di Mora Romagnola, e questo era il periodo della riproduzione, siamo stati otto giorni senza elettricità e acqua e i maialini hanno bisogno di tanto caldo e non siamo riusciti a salvarli”. E dopo i danni e lo scetticismo sugli aiuti pensa già a come riconvertire l’azienda “L’agricoltura in collina è già difficile di suo, se il terreno inizia a franare, non lo recuperi più” spiega. Come lei migliaia di altri agricoltori.

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