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Naufragio nel crotonese: i fiori sulle bare bianche dei bambini all’interno del palazzetto dello sport

I fiori sulle bare bianche dei bambini all'interno del palazzetto dello sport di Crotone possono essere forse un piccolo segno di speranza, quanto meno un barlume di umanità. La città e la Calabria si sono mosse per onorare le vittime del naufragio di Cutro. Partecipazione, commozione, dolore, i sentimenti visibili nella mattinata crotonese. Negli occhi dei familiari delle vittime, giunti anche da molto lontano, la paura di riconoscere il volto dei loro familiari. Per le difficili operazioni di riconoscimento, allestita una saletta all'interno del PalaMilone, dalla quale, attraverso le foto registrate sui portali, i familiari hanno potuto constatare la presenza o meno dei propri parenti

(Foto ANSA/SIR)

I fiori sulle bare bianche dei bambini all’interno del palazzetto dello sport di Crotone possono essere forse un piccolo segno di speranza, quanto meno un barlume di umanità. La città e la Calabria si sono mosse per onorare le vittime del naufragio di Cutro. Partecipazione, commozione, dolore, i sentimenti visibili nella mattinata crotonese. Negli occhi dei familiari delle vittime, giunti anche da molto lontano, la paura di riconoscere il volto dei loro familiari. Per le difficili operazioni di riconoscimento, allestita una saletta all’interno del PalaMilone, dalla quale, attraverso le foto registrate sui portali, i familiari hanno potuto constatare la presenza o meno dei propri parenti. Si sono accostati ai propri cari tra le lacrime, abbracciati dai volontari delle associazioni locali che hanno voluto dare un supporto nei giorni più difficili. Medici Senza Frontiere, Unhcr, Protezione civile, insieme per dare letteralmente una mano nell’ora del dolore.

“L’abbraccio supera ogni barriera”, ci dice una volontaria. Ed è così, quando il cuore è in frantumi, come i legni di un barcone travolto dal mare. “Siamo partiti ieri pomeriggio dalla Germania insieme a mio padre – ci dice un giovane afgano, perché qui, tra queste bare, ci sono cinque nostri parenti, che sapevamo dovevano arrivare in quei giorni in Italia”. Un papà con il volto rigato dal dolore, che non ha la forza di dire nulla. E un altro, in inglese, aggiunge: “solo ieri sera abbiamo saputo di quello che era successo”. Intanto dinanzi alle bare bianche compaiono orsacchiotti e peluche. Gli operatori della Croce Rossa li accolgono, danno loro un cracker o una bottiglietta d’acqua all’interno del capannone allestito dinanzi all’ingresso del palazzetto e da dove attendono, numerino in mano, di entrare. Entrare rischiando di leggere sulla bara non un nome, ma una fredda combinazione alfanumerica. Vittime e senza volto in attesa di vedersi riconosciuta un’identità.

Il rappresentante della comunità islamica li guida nella preghiera dinanzi ai loro cari. La tristezza è evidente, così come è chiara nei volti di tanti cittadini, che da stamattina hanno voluto raggiungere il PalaMilone per un omaggio floreale. La preghiera e il silenzio, dinanzi all’inferriata che ha raccolto cartelloni, striscioni, candele, tanti fiori. Mai troppi, per dire che simili tragedie – come ripetono in coro le Istituzioni – non devono accadere più. La Chiesa locale è presente, l’arcivescovo Panzetta guida il silenzio orante dinanzi ai feretri. Il Crotonese conosce da tanto tempo il fenomeno degli sbarchi ed è maestro in accoglienza. “La nostra gente è buona”, ci dice il sindaco Vincenzo Voce. E questo si tocca con mano. Arrivano anche gli allievi delle scuole, accompagnati dai docenti. Si accostano al PalaMilone in silenzio, quasi a sintonizzarsi con il dolore che aleggia. Ma l’immagine più bella è quella di un bambino che si inginocchia e, anche “se il mare non è sempre blu”, come recita un cartellone con il disegno delle onde nere, comunque chiude gli occhi ed eleva dal cuore il pianto e la preghiera.
L’attesa della speranza, la stessa della bambina che è invece ricoverata all’ospedale di Crotone e che da ieri pomeriggio, sforzandosi di lenire il dolore delle contusioni, cammina per i corridoi con la sua bambola in mano. Ripartire da qui, ma senza “spegnere i riflettori”, unire gli sforzi perché un dolore come questo non merita di essere provato.

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