Cattolici e musulmani sulle sfide dell’ambiente. Diamo ai nostri passi di dialogo “futuro e speranza”

Si è svolto nella cittadella di Loppiano (Firenze) del Movimento dei Focolari l’Incontro nazionale islamo-cattolico organizzato dall’Ufficio Cei per l’ecumenismo e il dialogo, insieme ai leader delle principali Comunità islamiche presenti in Italia. L’obiettivo è declinare in un piano quinquennale e in maniera concreta alcuni punti del Documento di Abu Dhabi sulla Fratellanza umana. Al centro del confronto quest’anno è stata posta la questione ambientale. “Ogni aggressione all’ecosistema è un male fatto nei confronti dei più deboli, soprattutto delle generazioni future”, ha detto Abdellah Redouane, segretario generale del Centro islamico culturale d’Italia (Cici). “Prendere coscienza di questa responsabilità morale deve spingerci insieme a mettere in discussione il nostro stile di vita”

“La vostra presenza incoraggia e permette ai passi, che stiamo compiendo, di aver futuro e speranza”. Con queste parole mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei, ha salutato i circa 100 partecipanti “in presenza” – oltre ai tanti collegati via Facebook e YouTube – all’Incontro nazionale islamo-cattolico organizzato dall’Ufficio Cei per l’ecumenismo e il dialogo, insieme ai leader delle principali Comunità islamiche presenti in Italia. “Passi significativi: ambiente e cura del Creato” è il tema del dibattito che si sta svolgendo tra momenti in Auditorium e laboratori nella cittadella di Loppiano, del Movimento dei Focolari. Divisi in 14 gruppi, i partecipanti – animati a due moderatori, musulmano e cattolico – si sono confrontati sui temi della famiglia e del ruolo educativo che svolge, sulle responsabilità delle comunità religiose e delle comunità civili, sulle aspettative dei giovani ma anche su lavoro ed economia, ecologia spirituale e stili di vita. L’incontro si conclude questo pomeriggio con un gesto simbolico, la piantumazione di un albero di melograno. Un albero particolarmente significativo per le tre religioni abramitiche: simbolo di giustizia per la tradizione ebraica, segno della sofferenza e della Resurrezione di Gesù per la tradizione cristiana e simbolo di fertilità in diverse tradizioni orientali.

L’incontro di Loppiano – spiega al Sir mons. Giuliano Savina, direttore dell’Ufficio Cei – fa parte di un progetto quinquennale che ha l’obiettivo di declinare in maniera concreta alcuni punti del Documento di Abu Dhabi sulla Fratellanza umana, firmato da Papa Francesco e dal grande Imam di Al-Azhar Ahmad al Tayyib. Al centro dei lavori di Loppiano quest’anno è stata posta la questione ambientale. Nei prossimi anni si discuterà della relazione “uomo-donna”, di cittadinanza e di lavoro. “Il titolo di questo incontro richiama i passi significativi che stiamo compiendo”, ha detto mons. Stefano Russo. Sono passi che aprono “le porte della fiducia”, che favoriscono “la mutua conoscenza delle nostre tradizioni religiose”. L’auspicio è che si possano generare anche nel territorio italiano, “di regione in regione”, “dinamiche inedite” di dialogo, incontro e ascolto: “è questa la sfida che ci viene affidata”. “È questo un vero e proprio esercizio di fratellanza umana – ha concluso Russo – che fa bene alle nostre reciproche relazioni e all’Italia intera”.

Anche Abdellah Redouane, segretario generale del Centro islamico culturale d’Italia (Cici) e della Grande Moschea di Roma ha sottolineato che l’incontro di Loppiano segue un cammino di dialogo iniziato ormai da anni cominciato nel 2017 e “costituisce un traguardo significativo di un progetto di conoscenza reciproca che si inserisce oggi in una fase in cui il mondo sta attraversando un periodo buio, ancora non concluso, contraddistinto di incertezze e malessere in generale”. La crisi pandemica – ha osservato Redouane – ha offerto agli uomini di fede l’occasione di riflettere sulla cura della nostra casa comune chiamandoli “a riconoscere e a pentirsi per i danni commessi contro il creato, in nome delle leggi supreme del mercato”. Ed ha aggiunto: “Ogni aggressione all’ecosistema è un male fatto nei confronti dei più deboli, soprattutto delle generazioni future. Prendere coscienza di questa responsabilità morale deve spingerci insieme a mettere in discussione il nostro stile di vita e adoperare una profonda conversione ecologica che sia non solo individuale ma coinvolga l’intera comunità umana”.

Vengono proiettate in auditorium le foto del fiume Tigri praticamente in secca all’altezza di Baghdad. Del Nilo e del caos del Cairo.  Inquinamento atmosferico, traffico fuori controllo, plastica, rifiuti incontrollati, riscaldamento globale. “Il risultato di questi processi – dice Martino Diez, docente all’Università Cattolica e direttore scientifico della Fondazione internazionale Oasis – è il deteriorarsi della qualità della vita, fino a mettere a rischio la forma stessa della civiltà. Non è difficile prevedere per i prossimi anni un aumento dei cosiddetti migranti climatici e delle tensioni geografiche, con chiare ricadute in Italia e in Europa. La crisi ambientale infatti è per sua natura globale”.Che contributo possono dare cristiani e musulmani rispetto a questo scenario? Nella tradizione islamica – ha detto Diez – la figura dell’uomo emerge come “custode”, o meglio ancora, come “luogotenente di Dio” nella custodia del creato. “Appunto, non creatore ma custode” e in questa visione antropologica, “prospettiva biblica e islamica  si incontrano”.

“Custodire  è la parola chiave di tutto”, fa eco da Teheran la teologa musulmana Shahrzad Houshmand Zadeh. “Custodire se stessi e il prossimo umano, custodire la vita degli animali e della Terra, custodire la famiglia umana”. L’essere umano ha ricevuto in dono la libertà ma è chiamato ad agire “con responsabilità perché è capace di farlo”.

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