Condannati a restare appesi a qualche senatore

Appesi a qualche senatore. Noi italiani oggi siamo così: appesi a qualche senatore. Non è un’immagine particolarmente elegante ed edificante, ma fotografa l’incredibile realtà politica del Paese in questo complicato inizio di 2021. Mentre, infatti, chiudiamo questo numero del nostro settimanale, il dibattito al Senato sul voto di fiducia al Governo Conte è ancora in corso e quindi non sappiamo se sarà raggiunto il numero di voti favorevoli che consentano al professore la prosecuzione della navigazione tra i marosi insidiosi della politica nostrana, oppure se dovrà salire al Colle per rassegnare le dimissioni nelle mani del Capo dello Stato.

(Foto ANSA/SIR)

Appesi a qualche senatore. Noi italiani oggi siamo così: appesi a qualche senatore. Non è un’immagine particolarmente elegante ed edificante, ma fotografa l’incredibile realtà politica del Paese in questo complicato inizio di 2021. Mentre, infatti, chiudiamo questo numero del nostro settimanale, il dibattito al Senato sul voto di fiducia al Governo Conte è ancora in corso e quindi non sappiamo se sarà raggiunto il numero di voti favorevoli che consentano al professore la prosecuzione della navigazione tra i marosi insidiosi della politica nostrana, oppure se dovrà salire al Colle per rassegnare le dimissioni nelle mani del Capo dello Stato.
Comunque vada il quadro politico, che già non brillava per solidità e sicurezza, ne uscirà comunque indebolito e molto più incerto di una settimana fa. Se l’esecutivo non avrà i numeri il quadro si farà, se possibile, ancora più ingarbugliato e tutto tornerà nelle mani del Presidente Mattarella (i cui appelli di fine anno, evidentemente, non sono stati ascoltati). Se invece il Conte2 proseguirà, sarà sempre appeso a qualche senatore, perché la maggioranza resterà comunque risicatissima. Certo, dirà qualcuno, non è la prima volta che accade. Ma questa volta ha una drammaticità inedita.
Nel pieno di una pandemia sanitaria, economica e sociale, alla vigilia di appuntamenti europei decisivi per il nostro futuro (vedi Recovery Fund) invece che seguire l’azione di un governo impegnato a far uscire prima possibile il Paese da questa tragedia, chi vorrà capire come evolverà il quadro politico, dovrà dunque cercare di interpretare le intenzioni del senatore di turno che può far pendere la bilancia da una parte piuttosto che dall’altra.
Di fronte alla crisi voluta da Matteo Renzi, nessuno deve più stupirsi se a Bruxelles qualcuno, quando ci saranno da dare dei soldi al nostro Paese, avanzerà qualche dubbio e magari torcerà un po’ il naso, dubitando sulla serietà italiana. Se questa crisi risulta, infatti, poco comprensibile per chi parla la lingua dei nostri parlamentari, immaginiamo oltre i nostri confini quali pensieri devono fare. Peraltro, se c’era bisogno di una conferma della distanza siderale tra la classe politica e i cittadini italiani questa crisi l’ha data in tutta la sua drammaticità. In questo senso, uno degli effetti della pandemia, come già abbiamo avuto modo di evidenziare su queste pagine, è di fare da megafono anche delle gravi difficoltà che sta attraversando il sistema democratico (per carità, non solo in Italia).
Ci sono sicuramente molte attenuanti a partire dal fatto che nessun esecutivo si è mai trovato a fronteggiare negli ultimi decenni una crisi di queste dimensioni. Ma questo non basta a rendere ragioni delle contorsioni politiche che si stanno vivendo nel nostro Paese. E’ evidente che quanto è accaduto (l’apertura di una crisi in uno dei momenti peggiori per il nostro Paese nel Secondo dopoguerra, e gli scenari comunque complicatissimi che si apriranno da qui a poche ore) segnala come la dinamica politica si stia pericolosamente attorcigliando su sé stessa.
In questo momento c’è da sperare che qualcuno non tifi per il “tanto peggio tanto meglio” e che, invece, nei Palazzi della politica si recuperi un po’ di razionalità e di senso dello Bene Comune. Il clima politico va comunque ricomposto. Non si possono affrontare le enormi sfide che ci sono di fronte con la gazzarra e gli insulti reciproci. Non ce lo possiamo davvero permettere.

(*) direttore “La Voce dei Berici” (Vicenza)

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