Basta Dad. I ragazzi tornino in classe

Lo avevamo creduto o almeno lo avevamo sperato in tanti: con la fine delle vacanze natalizie, le vacanze meno vacanze di sempre, i ragazzi avrebbero nuovamente varcato il cancello delle loro scuole superiori e avrebbero, finalmente, ripreso le lezioni in presenza. Ce lo avevano promesso. Anzi, per essere corretti, lo avevano promesso a loro, ai giovani che stanno vivendo il trauma di veder ridotto il diritto allo studio a uno schermo piatto

(Foto: ANSA/SIR)

Lo avevamo creduto o almeno lo avevamo sperato in tanti: con la fine delle vacanze natalizie, le vacanze meno vacanze di sempre, i ragazzi avrebbero nuovamente varcato il cancello delle loro scuole superiori e avrebbero, finalmente, ripreso le lezioni in presenza. Ce lo avevano promesso. Anzi, per essere corretti, lo avevano promesso a loro, ai giovani che stanno vivendo il trauma di veder ridotto il diritto allo studio a uno schermo piatto.
Stato, Regioni, Comuni e Uffici scolastici regionali lo avevano detto solennemente: la scuola sarebbe ripresa in sicurezza il 7 gennaio, al massimo l’11. E invece sappiamo come è andata. Solo in Toscana, Abruzzo e Valle d’Aosta le aule sono tornate a vivere.| Nelle altre regioni, compreso il nostro efficientissimo Veneto, l’appuntamento è rinviato.
Per carità, che la situazione sia complicata non servono gli esperti per capirlo. Se anche paesi molto più rigorosi di noi, poi, quali Inghilterra e Germania si sono visti costretti a lasciare a casa gli studenti, vuol dire che il virus continua a circolare ancora molto pericolosamente. D’altra parte i numeri parlano chiaro: la maledetta curva dei contagi non si abbassa. Il problema del rientro a scuola dei questi giovani dai 14 ai 19 anni è, peraltro, soprattutto legato agli spostamenti e quindi ai trasporti, non alla presenza in classe. A complicare ulteriormente il quadro c’è il consueto e avvilente scarica barile tra Stato e Regioni. Questo, purtroppo, tipicamente italiano.
E così i due milioni e mezzo di studenti delle Superiori sono ancora condannati a ritrovarsi soli davanti al monitor chissà ancora per quanto.
L’anno scolastico in presenza per questi adolescenti è durato, fino ad ora, la bellezza di sei (6!) settimane, da metà settembre a fine ottobre. Veramente una miseria.
Lo sciopero al quale in tanti adolescenti hanno partecipato lunedì scorso ci sta dunque tutto ed esprime nel suo nome il loro stato d’animo: Sad, (“triste” in inglese, acrostico di Sciopero a distanza). Sono, infatti, numerosi gli studi che segnalano le possibili conseguenze psicologiche, cognitive e relazionali in questa generazione di giovani di quanto non stanno vivendo.
Riconosciamolo: la Didattica a distanza ha esaurito la sua funzione di supplenza. La Dad non è la scuola. È un surrogato, prezioso ma che può funzionare in emergenza, non diventare la normalità. Più manca e più risulta evidente che la vita relazionale innanzitutto (ma non solo) con i coetanei è parte integrante e fondamentale dell’esperienza scolastica.
Quella che questi giovani stanno vivendo è una vera emergenza di cui dovrebbe farsi carico tutto il Paese e innanzitutto la politica. Il problema è che i giovani (purtroppo lo abbiamo già scritto altre volte su queste pagine) non sono tra le priorità di nessuna forza politica. Se lo fossero si troverebbe una qualche soluzione per far tornare a scuola in tempi ragionevoli i ragazzi: per esempio si attivino altri spazi dove fare lezione, si modulino gli orari per ridurre gli assembramenti, si potenzino davvero i trasporti. C’è, poi, la proposta di vaccinare gli insegnanti e i giovani. Certo, vuol dire che qualcuno si vaccinerà dopo. Ma è questione di priorità, non di impossibilità.
Quello che è davvero triste è che sembra che la classe politica non si renda conto (o non voglia rendersi conto) che il nostro futuro passa per forza da questi nostri giovani e che è da loro che bisogna ripartire. Ma forse a più di qualcuno basta gestire il presente perché come ebbe a scrivere Lorenzo il Magnifico “di doman non c’è certezza”.

(*) direttore “La Voce dei Berici” (Vicenza)

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