“Non sussiste”

Rattrista leggere il dispositivo di sentenza con cui la Corte d’Assise di Massa, nei giorni scorsi, ha assolto l’ormai “famoso” Marco Cappato dall’accusa di “istigazione al suicidio” per la vicenda di Davide Trentini, condotto in una clinica svizzera per l’eutanasia, come già era accaduto per altri casi simili.

Rattrista leggere il dispositivo di sentenza con cui la Corte d’Assise di Massa, nei giorni scorsi, ha assolto l’ormai “famoso” Marco Cappato dall’accusa di “istigazione al suicidio” per la vicenda di Davide Trentini, condotto in una clinica svizzera per l’eutanasia, come già era accaduto per altri casi simili.
Forse i giudici avrebbero dovuto scegliere una frase più “soft” per parlare di morte, magari anche rifacendosi a tutte le motivazioni pietistiche che per la maggior parte delle persone oggi giustificano una scelta simile.
Rattrista, perché in quelle poche parole, fredde, non viene semplicemente giustificata una scelta, almeno discutibile, ma viene “cancellata “una vita. La vita di Davide, in questo caso.
Un colpo di spugna…”il fatto non sussiste” quella vita “non sussiste” la vita di Davide “non sussiste”, quindi non c’è mai stata.
Con quella sentenza i giudici hanno di colpo cancellato la nascita di Davide, hanno cancellato le gioie e le speranza dei suoi genitori che gli hanno donato la vita, hanno cancellato le sue speranze, i suoi momenti belli, le sue sofferenze (che fanno parte della vita), hanno “cancellato” Davide.
Questo il risultato dell’eutanasia, soprattutto se “letta” semplicemente dal punto di vista giuridico.
E’ come se Davide non fosse mai esistito…un tratto di penna…una vita cancellata. Non gli hanno concesso nemmeno il beneficio del dubbio.
Rattrista, ma preoccupa anche…perché si mette in mano ad una persona la possibilità di decidere della vita di un altro…e si sa che da cosa nasce cosa…le giustificazioni giuridiche per ammazzare la gente poi si trovano sempre.
Possiamo discutere di tutto sull’eutanasia, ma proprio le sentenze del tribunale fanno emergere la freddezza” con cui si guarda alla vita in certe culture ed ideologie.
Ci viene un raffronto.
Le testimonianze di molti medici e personale infermieristico nel tempo forte del coronavirus, dicono che sono sempre davanti ai loro occhi i volti di coloro che stavano morendo…volti di sofferenza atroce, di disperazione, che quasi gridavano la loro consapevolezza della morte
Quei volti, pur nella sofferenza della morte, parlano ancora oggi di attaccamento alla vita, “raccontano” tutta una vita, in quegli occhi c’era la loro famiglia, i figli, i coniugi, i nipoti…. e il desiderio di vivere…una morte che in realtà “urlava la vita”!
La “dolce morte” di Davide oggi, come di Welby ieri, sarà pur “dolce”, ma è “solo” morte….appunto il “fatto non sussiste”.

(*) direttore “Araldo Lomellino” (Vigevano)

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