Una grande sfida

Siamo tutti preoccupati, molto preoccupati: è inutile nasconderlo. Una preoccupazione visibile e palpabile ovunque, a cominciare dal volto teso del premier, che sente sulle spalle una responsabilità imprevista e imponderabile, dai pronunciamenti documentati degli esperti, dalla tensione operosa nel mondo sanitario, anche dal volto e dalle parole dei nostri vescovi. Fino a dieci giorni fa dominava la preoccupazione per la crisi economica e per il lavoro o per il problema immigrazioni o per le tensioni internazionali. Ora la preoccupazione è una e concentrata sul problema Covid-19

foto SIR/Marco Calvarese

Siamo tutti preoccupati, molto preoccupati: è inutile nasconderlo. Una preoccupazione visibile e palpabile ovunque, a cominciare dal volto teso del premier, che sente sulle spalle una responsabilità imprevista e imponderabile, dai pronunciamenti documentati degli esperti, dalla tensione operosa nel mondo sanitario, anche dal volto e dalle parole dei nostri vescovi. Fino a dieci giorni fa dominava la preoccupazione per la crisi economica e per il lavoro o per il problema immigrazioni o per le tensioni internazionali. Ora la preoccupazione è una e concentrata sul problema Covid-19, tanto più che anche ogni ripresa economica ha come premessa necessaria la sconfitta del virus e, tra l’altro, mentre prima tenevamo a distanza i migranti che volevano entrare in Italia, ora siamo noi tenuti a distanza dagli altri… Le nuove misure governative di mercoledì, seguite a tamburo battente a quelle dell’1 marzo, su indicazione del comitato scientifico, parlano fin troppo chiaro sulla gravità della situazione che stiamo affrontando. Per dirla in sintesi: osservare la distanza di almeno un metro tra le persone, evitare luoghi affollati, non baci e abbracci né strette di mano, stop a manifestazioni sportive per un mese, gli anziani sopra i 75 anni (o sopra i 65 se con problemi di salute) restino a casa e resti a casa chiunque abbia la febbre. Il presidente del Consiglio Conte non esclude l’eventualità della chiusura di tutte le scuole a livello nazionale; il ministro della salute Speranza fa capire chiaramente che il regime di limitazioni potrebbe durare settimane perché – secondo gli esperti – il trend di diffusione del virus è ancora in crescita. Si saprà solo fra diversi giorni se le misure adottate sono risultate efficaci, e in questo caso non si dovrà comunque mollare; se non si riveleranno tali occorrerà intensificarle. E’ una “cosa seria”, seria davvero! Serve anche consonanza politica di vera emergenza, senza particolari distinzioni tra maggioranza e opposizione. E non sono ammesse leggerezze: ne va della salute di tutti! Per questo il ministro chiede che ogni cittadino collabori, seguendo le indicazioni. Non si tratta di coercizione ma di necessità: ognuno deve fare la propria parte. Il virus si può fermare solo se c’è la volontà di tutti. “Bastano pochi gesti semplici” ripete il ministro. Nessuno di noi deve dunque sottrarsi a questa responsabilità individuale e collettiva. Sappiamo che occorre vincere quanto prima questa sfida inattesa e inusitata per evitare il collasso del sistema sanitario e per una ripresa della normalità in ogni campo, compreso quello della vita religiosa e comunitaria. Pur nella necessaria prudenza e, appunto, nell’osservanza delle norme, vanno anche messi al bando o comunque vinti quegli spontanei sentimenti di ingiustificato sospetto reciproco, come pure va vinta quella sorta di vergogna che prende chi è stato colpito dal virus, sia per esservi caduto sia nel sentirsi rischio per altri: cadere non è una colpa, ma atteniamoci alle regole e ai suggerimenti. Tutti meritano comprensione, condivisione, empatia e sostegno, evitando un dannoso panico collettivo. Sostegno, simpatia e riconoscenza in particolare per quanti si dedicano alla cura dei malati e per quanti hanno la responsabilità di dare direttive. Ne usciremo.

(*) direttore “Nuova Scintilla” (Chioggia)

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