Una opportunità

Siamo tutti alle prese con l’emergenza sanitaria per arginare il diffondersi del Coronavirus, ben più di una generica influenza. Misure preventive, disagi, preoccupazioni e un certo allarmismo che a volte rasenta il panico, specie nelle regioni più colpite. C’è chi ritiene eccessive le misure precauzionali e chi le ritiene tardive. Certo, alcuni provvedimenti creano sconcerto e frenano in modo molto pesante la vita economica e quella sociale (sportiva compresa), oltre ad altre espressioni di vita comunitaria come, in particolare, quelle religiose ed ecclesiali.

foto SIR/Marco Calvarese

Siamo tutti alle prese con l’emergenza sanitaria per arginare il diffondersi del Coronavirus, ben più di una generica influenza. Misure preventive, disagi, preoccupazioni e un certo allarmismo che a volte rasenta il panico, specie nelle regioni più colpite. C’è chi ritiene eccessive le misure precauzionali e chi le ritiene tardive. Certo, alcuni provvedimenti creano sconcerto e frenano in modo molto pesante la vita economica e quella sociale (sportiva compresa), oltre ad altre espressioni di vita comunitaria come, in particolare, quelle religiose ed ecclesiali. “Neanche in guerra – ricorda qualcuno tra i più anziani – pur tra le grandi limitazioni imposte dal coprifuoco, ci si è dovuti privare della messa pubblica, che magari veniva celebrata nelle barchesse o nelle stalle opportunamente adattate”. Ma il provvedimento, giustamente adottato dai nostri vescovi, risponde ad evidenti esigenze di evitare assembramenti compromettenti e va preso anche come una salutare privazione. Le messe, comunque, vengono celebrate, anche se in forma, per così dire, “privata” e magari trasmesse in streaming o in radio e tv, mantenendo esse sempre il loro valore infinito e aprendo a quella comunione spirituale che è l’essenza del mistero cristiano. Piuttosto, non sono mancati, anche in questa occasione, dissidi e polemiche a livello politico-istituzionale, con rischi di “sciacallaggio” da parte di frange dell’opposizione, per altro poi fortunatamente, almeno in parte, rientrati, e con incomprensioni tra governo centrale
e governi regionali, anche queste poi superate. Appare ovvio, infatti, che in tali situazioni di emergenza occorre agire tutti uniti e in modo solidale ad ogni livello. Purtroppo, non sono mancati e non mancano intemperanze e atteggiamenti discriminatori nei riguardi di persone e zone colpite: se nella fase precedente questi si ripercuotevano, in modo ingiustificato, su cittadini di origine cinese o su ospiti cinesi, ora assistiamo all’ostracismo esplicito nei riguardi non solo degli abitanti delle zone rosse, ma genericamente di veneti e lombardi, respinti nei voli internazionali o segnati a dito nelle altre regioni. Un’esperienza triste, sulla nostra stessa pelle, che ci fa rendere conto ancora di più dell’assurdità di certi atteggiamenti che magari noi stessi a volte abbiamo tenuto o avallato, al di là evidentemente di opportuni accorgimenti e della necessaria prudenza per riguardo sia a noi
che ai nostri parenti e amici. Ma, tornando alla sfera più propriamente ecclesiale, va sottolineato l’accordo unanime dei vescovi che, adeguandosi alle misure cautelari diramate dall’autorità pubblica, hanno diffuso, pur con rammarico particolare per la coincidenza con l’inizio della Quaresima, i loro comunicati. Ascoltiamo, in modo speciale, il nostro vescovo Adriano che, anzi, ci suggerisce di cogliere questa occasione come una “opportunità” per capire di più che “la famiglia deve essere la prima scuola e il primo luogo di preghiera”, per “iniziare un processo che abbia un seguito nel fare delle nostre famiglie luoghi di pratica e di educazione alla preghiera, che avrà poi nella comunità eucaristica domenicale il suo culmine”, per fare “uscire dal cuore di ciascuno le invocazioni di aiuto e i sentimenti di ringraziamento”, imparando poi così “a pregare sia in famiglia sia in chiesa”.

(*) direttore “Nuova Scintilla” (Chioggia)

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