Sette proposte concrete per rimettere la pace al centro della politica dell’Unione europea: è quanto hanno proposto le Acli nazionali con un Manifesto pubblico concludendo la Carovana della pace che, dopo 78 tappe italiane, è approdata all’Europarlamento di Strasburgo lunedì 15 dicembre.
“La consegna del Manifesto Peace at Work – Per un’Europa di pace” al Parlamento europeo rappresenta il punto di arrivo di un viaggio durato 100 giorni che ha attraversato l’Italia raccogliendo il lavoro silenzioso e quotidiano di chi costruisce pace nelle scuole e nelle fabbriche, negli ospedali e nei cantieri, nei servizi, nello sport, nella cultura e nelle comunità”, è stato detto. “Da questo patrimonio di esperienze nasce un appello chiaro rivolto all’Europa: riconoscere e sostenere il contributo di chi, ogni giorno, fa della pace un lavoro concreto”.
Al centro del Manifesto appunto sette proposte politiche, elaborate a partire dalle storie e dai territori visitati. Le Acli chiedono anzitutto che l’Unione europea torni a esercitare un ruolo guida nella diplomazia multilaterale attraverso una nuova Conferenza di pace sul modello di Helsinki, “per ricostruire dialogo, sicurezza cooperativa e legalità internazionale”. Si propone inoltre – secondo punto – di porre il “lavoro dignitoso” come strumento geopolitico dell’Unione attraverso un’Agenda europea del lavoro “che promuova qualità, sicurezza, dignità e protezione sociale”.
Il Manifesto chiede poi di riconoscere e diffondere le Case della pace, “luoghi comunitari dedicati alla mediazione, al dialogo e alla formazione alla nonviolenza, già presenti in molte realtà locali e oggi bisognosi di un sostegno europeo coordinato”. Le Acli avanzano come quarta proposta di istituire Corpi civili di pace europei, ovvero “forze civili formate per la prevenzione dei conflitti, la ricostruzione sociale e la diplomazia popolare”.
Insieme a queste misure, il documento sollecita l’istituzione di un Commissario europeo per la pace, “responsabile della diplomazia preventiva, della cooperazione internazionale, dei diritti umani e della trasparenza nelle filiere degli armamenti”; contestualmente si chiede agli Stati membri di valutare l’istituzione di ministeri per la pace e agli enti locali la creazione di specifici assessorati dedicati. Un sesto elemento è la richiesta di garantire “piena trasparenza sul commercio delle armi”, ispirandosi al modello della legge italiana 185/1990, “per consentire ai parlamenti nazionali ed europeo un controllo effettivo sulla coerenza delle esportazioni e dei transiti con i principi di pace e diritti umani”. Infine, la settima proposta riguarda la creazione di Corridoi lavorativi europei, percorsi regolari e sicuri per “l’ingresso lavorativo accompagnati da formazione nei Paesi d’origine, così da trasformare la mobilità umana in occasione di sviluppo, dialogo e crescita sociale, riducendo i conflitti generati da precarietà e irregolarità”.
“Queste sette proposte – ha affermato il presidente nazionale Acli Emiliano Manfredonia giungendo a Strasburgo – non sono un’agenda teorica, ma l’espressione politica dell’Italia che abbiamo incontrato: un’Italia che esiste, resiste e costruisce; che affronta i conflitti senza violenza; che difende la dignità delle persone e tiene insieme responsabilità e diritti”. Il Manifesto “chiede all’Europa di ascoltare questo Paese reale e di tornare a investire nella pace con maggiore efficacia e con la stessa determinazione con cui oggi investe nella difesa armata”.

