“Esiste un dovere morale e giuridico di trattare ogni persona con dignità e in modo umano, dall’inizio alla fine del percorso migratorio, senza eccezioni”. È quanto afferma il Segretariato della Comece, la Commissione degli episcopati dell’Unione europea, delineando al Sir la posizione dei vescovi dell’Ue sulle migrazioni alla luce del nuovo regolamento europeo riguardante la gestione dei flussi migratori, in particolare per i migranti irregolari, approvato dal Consiglio Affari interni dell’Ue. Si tratta di un pacchetto di norme sui rimpatri, sul concetto di Paesi terzi sicuri e sulla lista Ue dei Paesi di origine sicuri. In particolare, si è introdotta la possibilità di creare centri di gestione nei Paesi terzi, sul “modello Albania”, consentendo ai governi membri di semplificare e accelerare le procedure di rimpatrio. È stato inoltre raggiunto l’accordo sul fondo di solidarietà per il 2026, fissato a 21mila ricollocamenti o contributi equivalenti. L’Italia figura tra i quattro Stati che dovranno ricevere solidarietà obbligatoria, anche se molte capitali preferiscono contributi finanziari al trasferimento di migranti. Le nuove regole includono infine una lista ampliata di “Paesi sicuri”, tra cui Bangladesh, India, Marocco e Tunisia.
Interpellato dal Sir in merito al fatto se fosse necessaria ora questa “stretta” nella gestione dei flussi migratori e sui rimpatri, il Segretariato risponde: “Riteniamo che questa stretta avvenga proprio ora perché, a nostro avviso, si è consolidata in una parte delle società europee la percezione che il fenomeno migratorio non sia pienamente sotto controllo. Si avverte l’idea che i meccanismi di integrazione dei migranti e dei richiedenti asilo non funzionino come dovrebbero e che, in ultima istanza, alcuni migranti non siano realmente interessati a integrarsi e ad adottare i valori delle società ospitanti. Riconosciamo con onestà che questa percezione, in alcuni casi, ha anche un fondo di realtà. È una sensazione che oggi si riflette sempre di più nei partiti, nei governi, nei parlamenti nazionali e di conseguenza anche nelle istituzioni dell’Unione europea. Il timore principale che ha guidato queste scelte è quello di una crescente disaffezione e sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni, siano esse nazionali o europee”. Secondo la Comece su questa questione, l’Unione europea sta giocando una partita molto seria.
“La gestione dei flussi migratori è diventata un banco di prova decisivo per la credibilità politica dell’Unione”.
La Comece ricorda le “linee guida” che devono guidare l’Unione europea e gli Stati membri nella gestione della questione migratoria che “da sempre” richiama e – aggiunge – “sono chiare”. “Primo: esiste un dovere morale e giuridico di trattare ogni persona con dignità e in modo umano, dall’inizio alla fine del percorso migratorio, senza eccezioni. Secondo: deve essere sempre salvaguardata l’unità familiare. Diciamo con fermezza no alla separazione delle famiglie, che produce ferite profonde e spesso irreversibili. Terzo: dobbiamo ricordare che stiamo parlando di persone, di esseri umani, non di pacchi postali da spostare secondo logiche puramente amministrative”.
I rimpatri e la lista dei Paesi sicuri. “Per quanto riguarda i rimpatri – afferma il Segretariato della Comece –, riteniamo indispensabile l’esame individuale di ogni singolo caso, uno per uno. Comprendiamo la praticità di individuare categorie di Paesi sicuri, ma questa classificazione non può mai essere applicata in modo automatico”. Per spiegarsi meglio, il responsabile stampa della Comece, Alessandro Di Maio, fa “un esempio concreto” e spiega: “un migrante irregolare, musulmano convertito al cristianesimo, se trasferito in un Paese musulmano ritenuto ‘sicuro’ dove però l’apostasia viene perseguita, per quella persona quel Paese non può essere considerato sicuro”.
“La tutela della vita resta prioritaria”.
Infine, per quanto riguarda la solidarity pool, il Segretariato della Comece dice di accogliere “positivamente” l’idea che gli Stati contribuiscano in modo solidale secondo le proprie possibilità e necessità. “Tuttavia, chiamiamo tutti a uno sforzo ulteriore, perché la solidarietà non può restare solo un principio astratto, ma deve tradursi in responsabilità condivisa concreta”.

