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Mons. Crociata (Comece): “Sul bivio di civiltà, si gioca il futuro stesso dell’Unione”

"Il punto cruciale per tutti noi e per i Paesi europei, è se la persona umana rimane davvero il principio su cui regolare ogni scelta sociale e politica, oppure no. In questo senso siamo dinanzi a un bivio di civiltà. Se non si comprende questo, la nostra umanità è in pericolo". Mons. Mariano Crociata, presidente dei vescovi dell’Unione europea, traccia al Sir un bilancio sugli Incontri del Mediterraneo che si sono svolti a Marsiglia, dal 17 al 24 settembre

(Photo Albin Hillert CEC)

Mettere al centro sempre e in ogni scelta sociale e politica la persona umana altrimenti “la nostra umanità è in pericolo” e l’Europa si trova davvero alla “fine della civiltà”. Appena tornato da Marsiglia, mons. Mariano Crociata, presidente della Commissione degli episcopati dell’Unione europea (Comece), traccia un bilancio su quanto emerso agli Incontri del Mediterraneo. Dal 17 al 24 settembre, 70  vescovi e 70 giovani si sono confrontati – separatamente e insieme – sulle grandi sfide che attraversano le cinque sponde del mare: dai temi delle migrazioni a quelle del cambiamento ambientale, ma anche pace ed educazione dei giovani. A concludere i lavori è stato papa Francesco che prima di recarsi alla sessione finale al Palais du Pharo, si è chinato, insieme con i leader delle religioni, in un momento di raccoglimento e preghiera per i migranti dispersi in mare, pronunciando parole forti, rivolgendosi anche all’Europa.

Il Papa a Marsiglia ha detto che ci troviamo oggi di fronte ad un “bivio di civiltà”: “Da una parte la fraternità, che feconda di bene la comunità umana; dall’altra l’indifferenza, che insanguina il Mediterraneo”. Mons. Crociata, verso dove sta andando l’Europa?
Il bivio di civiltà di cui ha parlato il Papa a Marsiglia è lo stesso di fronte al quale si trova ancora una volta l’Unione Europea e in qualche modo tutta l’Europa.

È un bivio in cui è in gioco anche il futuro dell’Unione stessa.

Sebbene sia difficile pensare che essa possa dissolversi, tuttavia non si intravede quale futuro la attenda senza passi avanti concreti verso una maggiore unità. Una unità possibile a condizione di scegliere la via della civiltà. Il Papa l’ha indicata nella via della fraternità. Il punto è davvero cruciale, come ha evidenziato il momento di preghiera per i marinai e i migranti morti in mare che si è svolto al santuario di Notre Dame de la Garde. Qui si è potuto percepire con lucidità estrema che la questione, per tutti noi e per i Paesi europei, è se la persona umana rimane davvero il principio su cui regolare ogni scelta sociale e politica, oppure no. In questo senso siamo dinanzi a un bivio di civiltà. Se non si comprende questo, la nostra umanità è in pericolo. Perché vorrà dire che si apre un futuro nel quale le persone potranno essere usate o ignorate o semplicemente cancellate a seconda della convenienza del momento. Ma questo sarà il segno (e la realtà) della fine della civiltà.

Lei ha partecipato agli Incontri del Mediterraneo. Quale sguardo, quali preoccupazioni, quali sfide sono emerse?
Le situazioni dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo sono molto diverse tra loro, sia dal punto vista sociale, economico e politico, sia dal punto di vista religioso. Le preoccupazioni sono dunque davvero tante; basti tenere conto dei temi principali che sono stati toccati nel corso del dibattito: la libertà di coscienza e la libertà religiosa; l’accesso al lavoro, le condizioni sociali e i flussi migratori; il problema ecologico che con questi ultimi si connette in maniera drammatica; la questione educativa; i conflitti di ogni genere fino a quelli propriamente bellici. Le sfide sono davvero grandi. E tuttavia non mancano segni di speranza. Uno di essi è emerso nel corso degli Incontri grazie alla presenza di circa 60 giovani di tutti i Paesi del Mediterraneo. Si fa avanti una nuova generazione che non si accontenta più di subire un andazzo di sconfitta e di disperazione, una generazione che sa costruire legami, fare progetti, guardare al futuro. Si tratta di dare forza a una speranza che è fondata e che chiede che i cuori si aprano ai suoi segni e alle sue prospettive.

Che cosa chiedono i vescovi e i giovani del Mediterraneo all’Unione Europea e ai suoi Stati membri?
Ad essere interpellate sono tutte le istituzioni e le organizzazioni internazionali e in qualche misura tutti i Paesi, poiché attorno al Mediterraneo si intrecciano un po’ tutte le questioni inerenti la geopolitica globale. Oggettivamente i temi di cui si è parlato, interpellano in maniera singolare l’Unione europea. A cominciare dalle migrazioni. A tale riguardo è la situazione a interpellare le istituzioni europee, dal momento che le iniziative messe in campo non hanno incidenza sui flussi migratori, che proseguono in un crescendo incontrollabile, almeno stando alle misure finora adottate. C’è bisogno di concordia e di visione insieme per trovare una strategia che componga interventi che incidano nelle varie fasi del processo migratorio, fino ai Paesi di partenza. L’esigenza di razionalizzare e mettere ordine va soddisfatta tutelando l’integrità e la dignità delle persone, programmando l’accoglienza e l’inserimento nella misura oggettivamente sostenibile per il Paese di accoglienza e stabilendo un rapporto responsabile con il Paese di partenza degli immigrati. A questo proposito, l’Unione Europea fin dai suoi inizi si ritrova il compito di instaurare rapporti strutturali con i Paesi dell’Africa. Ora più che mai la questione migratoria si potrà affrontare solo con un quadro organico di riferimento e scelte il più possibile condivise.

Il Papa ha usato parole molto forti per denunciare le morti in mare definendoli “crimini di umanità”. Ha parlato anche delle difficoltà che ci sono nei soccorsi in mare, dicendo: “Sono i gesti di odio verso il fratello travestiti da equilibrio”. L’Europa è all’altezza oggi di rispondere a questa emergenza? E concretamente, come fare?
Non manca una istanza politica volta ad affrontare le grandi questioni che assillano oggi i popoli dell’area mediterranea, ma il disaccordo di alcuni talora di altri rallenta fino a paralizzare l’azione di tutti. L’Ue è più che mai in grado di affrontare la sfida, ma potrà farlo con un’altra forza di partecipazione e con tutt’altra capacità di visione e di iniziativa. Il caso delle migrazioni chiede uno scatto d’orgoglio nel voler affrontare coerentemente il problema in tutte le sue spinose sfaccettature. Bisognerebbe ricordarsi che non c’è solo il giudizio degli elettori da affrontare ma quello di chi, in un domani non troppo lontano, dovrà constatare con amarezza che tutta una generazione non ha avuto la lucidità e la forza di decisione di cogliere la portata di un problema e di cercarvi una soluzione organica. Il rischio è che tutta una classe politica e un’intera opinione pubblica risultino non all’altezza del compito che la storia oggi affida a tutti noi.

Il Papa ha lanciato l’idea di “una Conferenza dei vescovi del Mediterraneo”, che permetta ulteriori possibilità di scambio e dia maggiore “rappresentatività ecclesiale alla regione”. Lei cosa ne pensa e quale vocazione hanno oggi le Chiese dei Paesi mediterranei per l’Europa e per il mondo che disperatamente bussa alle sue porte?
La questione dell’immigrazione è quella che più drammaticamente segnala una sfida di questo tempo ai nostri Paesi che abbraccia tutti i temi caldi dell’attualità sociale e politica.

La chiesa non è una osservatrice neutrale di un processo che non la tocchi, ma vi è dentro con in più la responsabilità del vangelo e la coscienza che la fede le consegna. Le nostre chiese sono chiamate a trovare unità di giudizio e sforzo di immaginazione oltre che capacità di iniziativa sui temi che travagliano il Mediterraneo. Esse sanno che è la stessa fede a richiederlo, e quindi l’esigenza in ultimo di una fedeltà a se stessi. Esse devono anticipare nel loro scambio spirituale e pastorale quel movimento di coscienza collettiva e di unità che è richiesto ai Paesi rivieraschi.  L’iniziativa di Marsiglia, che segue quelle di Bari e Firenze, è la conferma che le chiese del Mediterraneo sono chiamate ad un compito storico di servizio alla fede e ai loro popoli. E le due cose non possono essere separate. L’idea di uno strumento stabile di ascolto e preghiera, riflessione ed elaborazione di iniziative comuni si impone naturalmente all’attenzione di chi ha percepito il significato e il valore di queste giornate. Organismi ecclesiali europei come la Commissione degli episcopati dell’Unione europea (Comece) non intendono stare a guardare, per quanto di loro competenza e può essere richiesto, per non mancare l’appuntamento della storia.

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