A Bratislava, l’imperativo di un’Europa di pace, che non lasci indietro nessuno

È cominciata oggi a Bratislava la terza edizione delle Giornate sociali europee. Inizialmente previste per esplorare i nuovi inizi in Europa subito dopo la pandemia di Covid-19, le giornate si sono inevitabilmente confrontate con la guerra in atto in Ucraina a pochissimi chilometri dalla capitale slovacca. Qui, la mobilitazione umanitaria delle istituzioni, di organizzazioni, comunità e individui è stata immensa sin dall’inizio. Risuonano quindi forti le parole di Papa Francesco ai partecipanti: “Si trasformino i muri ancora presenti in Europa in porte di accesso al suo patrimonio di storia, di fede, di arte e cultura; si promuovano il dialogo e l’amicizia sociale, perché cresca una convivenza umana fondata sulla fraternità”

Lo tsunami Ucraina ha travolto le Giornate sociali europee cattoliche. Siamo a Bratislava, in Slovacchia, Paese al confine con l’Ucraina. Appena si arriva alla stazione ferroviaria, si trova all’ingresso un punto di accoglienza e aiuto per i rifugiati in fuga dalla guerra. Si capisce subito che il conflitto qui è alle porte. “Oggi la guerra in Ucraina rende imperativo per ogni europeo, cristiano o no, credente o no, l’impegno per una vera pace”.

(Foto redazione Sir)

Stazione di Bratislava

È il card. Michael Czerny, prefetto ad interim del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, a rimettere a fuoco le priorità dell’incontro. Le Giornate sociali europee erano inizialmente previste per esplorare i nuovi inizi in Europa subito dopo la pandemia di Covid-19. Ma proprio in questi giorni è scoppiata la guerra. Il card. Czerny e il card. Konrad Krajewski sono stati inviati da papa Francesco in Polonia, Ungheria e Slovacchia, per portare la sua presenza a fianco del popolo ucraino. Il prefetto – di ritorno da una missione al confine slovacco-ucraino È racconta la sua esperienza: “Ho visto la guerra in un altro modo: negli occhi degli sfollati e dei disperati, nelle storie personali e familiari bruscamente travolte”. “Persone che sono fisicamente vive ma la cui vita è finita violentemente”. Durissime le parole pronunciate contro il ricorso alla violenza. “Ogni guerra deve essere vista come un fallimento della politica e, come diceva san Giovanni Paolo, ‘una sconfitta per l’umanità’, perché, come scrive Francesco, lascia il nostro mondo peggiore di prima”.

Qui in Slovacchia, la mobilitazione umanitaria delle istituzioni, di organizzazioni, comunità e individui è stata immensa sin dall’inizio. Secondo i dati ufficiali, circa 12.000 persone attraversano il confine con la Slovacchia ogni giorno, ma si prevede che questo numero sia destinato a crescere, considerando i chilometri di persone in fila sul lato ucraino del confine e prendendo in considerazione anche il fatto che il confine con la Polonia, nella regione di Leopoli, non è più sicuro. Ed è proprio sull’imperativo della solidarietà oggi in Europa, si è centrato il messaggio inviato da Papa Francesco a mons. Gintaras Grušas, arcivescovo di Vilnius e presidente del Ccee. “Chi ama – scrive Francesco – supera la paura e la diffidenza nei confronti di quanti si affacciano alle nostre frontiere in cerca di una vita migliore: se accogliere, proteggere, accompagnare e integrare tanti fratelli e sorelle che scappano da conflitti, carestie e povertà è doveroso e umano, ancor più è cristiano. Si trasformino i muri ancora presenti in Europa in porte di accesso al suo patrimonio di storia, di fede, di arte e cultura; si promuovano il dialogo e l’amicizia sociale, perché cresca una convivenza umana fondata sulla fraternità”.

La Slovacchia è in prima linea e non ha voltato lo sguardo dall’altra parte. Zuzana Čaputová, presidente della Repubblica di Slovacchia, è venuta personalmente ad accogliere i partecipanti alle Giornate sociali. Nel suo intervento, confida come il conflitto militare in atto abbia travolto la vita in Slovacchia. Ma aggiunge subito: “In questo momento ci concentriamo sull’aiuto, la solidarietà e la compassione per i sofferenti, i rifugiati e i perseguitati”. L’impegno va oltre l’accoglienza al confine. La presidente della Repubblica ha quindi colto l’occasione delle Giornate sociali europee per ringraziare i “molti volontari, sia slovacchi che ucraini”, le varie organizzazioni cattoliche in prima linea nel dare aiuto. Si è consapevoli che si tratta di un impegno a lungo termine “in cui non dobbiamo perdere la pazienza e l’umiltà”. E aggiunge: “Come ci ricorda il Santo Padre Francesco nella sua enciclica Fratelli Tutti siamo una comunità mondiale che naviga nella stessa barca, dove la sofferenza di uno provoca danni a tutti, e nessuno può salvarsi da solo; possiamo salvarci solo insieme”. Le fa eco, il card. Jean-Claude Hollerich, presidente dei vescovi Ue: “Come già espresso da Papa Francesco in Fratelli Tutti, la prima vittima di ogni guerra è l’innata vocazione della famiglia umana alla fraternità. Per questo, durante questa terza edizione delle Giornate sociali, vi invito a riscoprire insieme la nostra vocazione alla fraternità, a riflettere e a dibattere sul cammino che conduce a una giusta ripresa in Europa, senza lasciare indietro nessuno”.

In questi tre giorni, i delegati europei alle Giornate sociali esploreranno tre delle transizioni principali che caratterizzeranno la ripresa dell’Europa in questa nuova fase post-Covid: la transizione demografica e la vita familiare; la transizione tecnologica e digitale e la transizione ecologica. L’evento è organizzato dalla Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione europea (Comece), dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) e dalla Conferenza episcopale Slovacca, in collaborazione con il Dicastero Vaticano per la Promozione dello sviluppo umano integrale. È stato scelto come logo della manifestazione la figura di San Martino, patrono dell’arcidiocesi di Bratislava. È l’arcivescovo della città, mons. Stanislav Zvolenský, a spiegare perché: il santo “non è indifferente alla povertà, la percepisce e non esita a mostrare amore in modo concreto. Non ha niente ma condivide quello che ha per alleviare la sofferenza. Non si aggrappa alle sue comodità quando vede un fratello in Cristo che è nel bisogno”. “Questa immagine è molto pertinente alla nostra situazione. Siamo di fronte a sfide che ci richiedono di agire in modo concreto, di condividere, di non voler proteggere la nostra comodità a tutti i costi quando vediamo la sofferenza degli altri”. “Nello spirito dell’incoraggiamento del Santo Padre Francesco, non vogliamo soccombere a una cultura dell’indifferenza, ma costruire una cultura che serva la vita, che si ispiri al Vangelo, che si occupi dei più poveri, che non scarta nessuno, che non lasci indietro nessuno”.

 

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