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Ucraina. Mons. Gugerotti: “La situazione è pesantissima. Bombardamenti, fughe nei rifugi, gente che scappa cercando la salvezza”

L'attuale nunzio apostolico per il Regno Unito fino al 2020 era a Kiev: ora rimane in costante collegamento telefonico con le tante persone che ha lasciato nel Paese e di cui teme per la vita

(Foto: ANSA/SIR)

Oggi è a Londra, nunzio apostolico per il Regno Unito. Ma fino al 2020 il veronese mons. Claudio Gugerotti era a Kiev, a seguire l’Ucraina: laddove ora rimane in costante collegamento telefonico con le tante persone che ha lasciato lì e di cui teme per la vita. Perché a Kiev – e in buona parte dell’Ucraina – si spara. Sono arrivati i carri armati russi, la violenza è spaventosa, la capitale non è ancora capitolata solo perché i russi per adesso si tengono a breve distanza: “Sono tutto il giorno al telefono, in contatto con le persone che sono lì, per sapere come va, se sono vive…”: lo dice con la voce incrinata dalla commozione.

Cosa le dicono i suoi contatti?

Che la situazione è pesantissima, c’è una forte resistenza di tutti, anche a mani nude…

Bombardamenti, fughe nei rifugi, la gente che scappa cercando salvezza nell’Ovest o in Europa: la situazione è allo stremo.

Spiragli?

Purtroppo per ora non se ne vedono. Ci vuole un intervento speciale dello Spirito Santo e la fede per accoglierlo. L’intenzione dichiarata è quella di prendere tutta l’Ucraina.

Cosa si può fare?

Il problema è che, oltre alla voce del Papa forte e chiara (e a un costante e silenzioso lavorìo diplomatico della Santa Sede), non so quali autorità mondiali godano della forza e dell’autorevolezza tali da convincere ad allestire un vero tavolo di negoziato, o semplicemente ne abbiano la voglia. La contrapposizione a questo punto è frontale, e non primariamente tra russi e ucraini, ma tra un’area orientale e la cultura occidentale. Come già si è verificato molte volte.

Lei conosce gli ucraini. Che popolo è?

Sono buoni, disponibili, laboriosi. E allo stesso tempo fieri e fortemente legati alla propria terra. Se anche ci fosse una completa occupazione del Paese, il rischio è quello di un secondo Afghanistan, di una continua guerriglia partigiana di resistenza. Se qualcuno pensava di essere accolto a braccia aperte, non è stato così e non sarà così.

E ora?

Come non avremmo mai immaginato che iniziasse una cosa simile, così non abbiamo idea di come evolverà. Si intende abbattere il solo governo ucraino? Annettersi questi e altri territori? Arrivare alla Transnistria escludendo l’Ucraina dal Mar Nero? Occupare la Moldavia? E non mi faccia aggiungere altro.

Noi occidentali stiamo rispondendo con forti sanzioni economiche…

Che peseranno su tutti, ma che saranno pagate soprattutto dalle fasce più deboli, dai più poveri.

Non ho mai visto i ricchi soffrire per le sanzioni che si scatenano.

O ne sono solo scalfiti o spesso anzi li ho visti trarne profitto a scapito dei più deboli. I soldi sono molto versatili nel trovare nuovi canali. L’attuale situazione è fortemente dovuta all‘ avvicinamento degli ucraini all’Ovest. Noi quindi abbiamo una responsabilità speciale.

A proposito, lei è stato nunzio apostolico pure in Bielorussia, altro popolo in difficoltà.

Gente silenziosa, modesta, tranquilla. Che si è sempre trovata ad accettare condizioni che non voleva.

La situazione dei cattolici in Ucraina?

Ci sono circa 4 milioni di cattolici di rito greco, che sono uno degli obiettivi della violenza russa in quanto forti promotori dell’identità nazionale. E poi un milione circa di cattolici di rito latino, in parte di origine polacca. Dobbiamo aiutarli, sostenerli. Ci saranno milioni di fuggitivi. Anche il governo britannico ha messo da parte la sua ritrosia ad accogliere i rifugiati, buon segno. A Kiev c’è il nuovo nunzio apostolico, mons. Visvaldas Kulbokas, che sta facendo un lavoro straordinario e che è un punto di riferimento sicuro.

Lei aveva già vissuto la guerra in Ucraina “a bassa intensità”, nel Donbass.

In realtà una guerra spaventosa, in Occidente se ne sa poco. Quando sono stato là, ho visto la gente uscire dai rifugi, dalle cantine, dai sotterranei in lacrime, disperata, prostrata dalla miseria e dal coprifuoco, con i cattolici confortati solo dal fatto che il Papa non si era dimenticato della loro esistenza.

Cosa possiamo fare noi?

Pregare, aiutare. E avere fede. La fede smuove le montagne; se non si muovono è perché non abbiamo abbastanza fede. Mi creda. E poi riflettere molto e uscire dalla nostra superficialità del “tutto garantito”. Senza ideali alti e globali, senza saggezza o basandosi sulla pura istintualità ogni catastrofe è sempre possibile.

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