L’incontro dei leader delle Chiese cristiane alla Cei: “Chiamati a essere maestri e testimoni di pace e riconciliazione”

Si è svolto oggi a Roma, nella sede della Conferenza episcopale italiana, l’incontro dei responsabili delle Chiese cristiane in Italia, dedicato al tema: “Ecumenismo tra le chiese cristiane. La via italiana del dialogo”. “C’è una vocazione a cui rispondere oggi”, afferma il vescovo di Pinerolo, mons. Derio Olivero: “Le Chiese devono imparare a essere maestre di riconciliazione e di dialogo. C’è un bisogno urgente di testimoni che dimostrino al mondo che è possibile dialogare anche tra diversi”

Incontro leader Chiese cristiane in Italia in Cei (Foto Sir/Biagioni)

“Siamo allibiti dalla facilità con cui si parla di guerra e di riarmo. Siamo allibiti dall’assuefazione ai diversi conflitti che sono in atto e siamo allibiti dal fatto che le guerre si stanno estendendo oltre che acuendo nella loro crudeltà. Siamo in apprensione e non possiamo non tenerlo presente anche in questo incontro”. Così mons. Derio Olivero, presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo, introduce l’incontro dei responsabili delle Chiese cristiane in Italia che si è svolto questa mattina a Roma nella sede della Conferenza episcopale italiana. “Ecumenismo tra le Chiese cristiane. La via italiana del dialogo” è il tema dell’incontro al quale hanno partecipato presidenti e delegati della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei), delle Chiese valdese, battista, metodista, dell’Esercito della Salvezza, della Chiesa d’Inghilterra, la Federazione delle Chiese pentecostali. Nutrita anche la presenza degli ortodossi con rappresentanti della Sacra ortodossa di Italia, della Chiesa copta, serbo-ortodossa, romena, apostolica armena. L’intento dell’incontro è avviare un processo di lavoro per la preparazione di un simposio. Ma mentre a Roma, nella sede della Cei in via Aurelia 50, i leader delle Chiese cristiane in Italia si incontravano sui temi del dialogo, i focolai di guerra in Europa e in Medio Oriente si infiammavano. “Ormai il mondo è globalizzato”, dice a questo proposito mons. Olivero, “e in un mondo globalizzato non esiste nessuna azione compiuta da qualche parte del pianeta che non sia interconnessa con noi. Proprio per questo abbiamo bisogno di incontri di questo genere tra le Chiese”. “Perché c’è una vocazione a cui rispondere oggi: le Chiese devono imparare a essere maestre di riconciliazione e di dialogo. C’è un bisogno urgente di testimoni che dicano e dimostrino al mondo che si può dialogare anche tra diversi. La pace nasce dalla capacità di dialogo e non semplicemente dalla difesa di sé. Purtroppo, ormai sempre di più si confonde o si riduce la parola pace alla parola sicurezza. Ci vogliono invece delle persone che ancora credono che la pace si costruisca con un serio dialogo, con alleanze rispettate e dunque anche nel rispetto di organismi sovranazionali che possono lavorare per questo. Tutto ciò è andato in frantumi”.

Mons. Derio Olivero, presidente Commissione Cei per l’ecumenismo

La giornata è cominciata con un confronto a più voci sullo stato dell’ecumenismo in Italia e sulle “modalità concrete di lavoro nelle comunità per andare oltre la formalità”. A moderare il dibattito, la teologa Giuseppina De Simone, che avverte subito: “Portiamo con noi le ricchezze, le storie, la vita delle Chiese di cui siamo rappresentanti per costruire dialogo”. “Siamo chiamati a far emergere e dar forma alla presenza di Dio che, nonostante tutto, attraversa la storia”. È il pastore Daniele Garrone, presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, a proporre per primo di “mappare” tutto ciò che esiste a livello locale in Italia sotto il segno della collaborazione ecumenica: liturgie, azioni sociali, letture bibliche, Consigli di Chiese… “Questo lavoro – ha detto – ci permetterebbe di vedere cosa abbiamo acquisito fino ad oggi ma anche di individuare sfide e difficoltà che invece emergono”. E se il vescovo cattolico di Lodi, mons. Maurizio Malvestiti, parla di “formazione ecumenica” da inserire sempre più nella pastorale ordinaria, la diacona Alessandra Trotta, moderatora della Tavola valdese, rilancia a questo proposito il testo riaggiornato della Charta Oecumenica, un documento che delinea le sfide contemporanee, riflette le realtà in evoluzione della società europea e del cristianesimo ma che soprattutto formula, per ogni argomento, una serie di impegni concreti, dalla pace alla democrazia.

All’incontro non si nascondono le criticità. Il vicario generale della Chiesa ortodossa romena in Italia, padre Militaru Gheorghe, dice: “Le Chiese fanno fatica a trasmettere la fede in un mondo sempre più secolarizzato e indifferente alla proposta religiosa. In questo contesto, il rischio che corrono le nostre Chiese è quello di chiudere lo sguardo su se stesse. Occorre superare questa autoreferenzialità”. C’è chi parla anche della difficoltà di coinvolgere la base, chi dell’aumento inesorabile dell’età e chi della mancanza di comunicazione delle cose che si promuovono nelle Chiese. Giovanni Treattino, vescovo e presidente della Chiesa della Riconciliazione, propone come via per sanare queste sfide la “relazione personale”, l’amicizia, l’incontro, la tavola. “È nella relazione che Dio ci parla e si rivela. È nella relazione che scopriamo che l’altro è nostro fratello e che nel fratello è all’opera lo Spirito Santo. L’esperienza si fa rivelazione e la rivelazione abbatte i muri, fa superare le montagne che ci dividono, genera speranza”. Insomma, l’ecumenismo in Italia ha voglia di fare un salto di qualità. Andare oltre alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, farsi condivisione di vita, diventare “esperienza di comunione”, far emergere i “mondi di unità che esistono”, proseguire con “perseveranza” le iniziative già avviate come i corridoi umanitari, a fianco dei più poveri, per la pace. E se gli studi sociologici hanno decretato che tutte le realtà del “noi” sono in crisi, hanno anche rilevato che la ricerca di spiritualità è in aumento. “La collaborazione ecumenica deve andare in questa direzione”, sintetizza mons. Olivero: “Incrociare la sete di spiritualità che c’è e dare forma alla presenza di Dio nella storia”.

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