Papa Francesco e la pastorale dei poveri. Mons. Ambarus: “I processi nella Chiesa sono avviati, bisogna solo seguirli”

“Vorrei una Chiesa povera per i poveri”: queste le parole di Papa Francesco che risuonano nella mente di tutti e che hanno tracciato una linea ben precisa del suo Pontificato. Spiegata a più riprese dallo stesso Pontefice arrivato dalla “fine del mondo” e che ha scelto il nome del “poverello di Assisi”. Una direzione indicata e che la Chiesa ora deve solo seguire. Questo è quanto ripete mons. Benoni Ambarus, vescovo ausiliario della diocesi di Roma e responsabile dell’Ambito della diaconia della carità, che riflette sul pensiero bergogliano del Cristo piagato, della benedizione di essere nati “fortunati”, ma anche sul modo scherzoso del pontefice morto di trattare ogni argomento e delle parole che avrebbe voluto dirgli, come quella che lo commuove “grazie”

Foto Calvarese/SIR

“Vorrei una Chiesa povera per i poveri”: queste le parole di Papa Francesco che risuonano nella mente di tutti e che hanno tracciato una linea ben precisa del suo pontificato. Spiegata a più riprese dallo stesso pontefice arrivato dalla “fine del mondo” e che ha scelto il nome del “poverello di Assisi”. Una direzione indicata e che la Chiesa ora deve solo seguire. Questo è quanto ripete mons. Benoni Ambarus, vescovo ausiliario della diocesi di Roma e responsabile dell’Ambito della diaconia della carità, che riflette sul pensiero bergogliano.

Foto Calvarese/SIR

Cosa può dirci del pontificato di Papa Francesco, della sua predilezione per una Chiesa povera attraverso una vera e propria pastorale dei poveri?
A me personalmente sembra che il suo mettere al centro il sacramento dei poveri e dei fragili sia stata una scelta di sacramento. I poveri rappresentano un luogo dove si incontra Dio, un esercizio costante di tutti per riconoscere che si è poveri tutti. Una persona sicura di sé, difficilmente si apre al grido di salvezza di Dio. È importante non confondere il messaggio di Papa Francesco, perché non è riferimento semplice alla dimensione sociale, ma è realmente riconoscere Dio piagato nei poveri e nelle persone bisognose. Qualsiasi siano le povertà delle donne e degli uomini che incontriamo, è importante riconoscere in loro Cristo. Proprio attraverso il rapporto con i poveri, siamo facilitati nel rapporto con la nostra fede. L’incontro con i poveri rappresenta una riconoscenza di fede. Io sono il primo povero, il contatto con loro serve per capire che abbiamo bisogno di Dio.

Riflettendo sulle parole più volte ripetute da Bergoglio, l’ultima volta uscendo dal carcere di Regina Coeli di Roma il Giovedì Santo scorso, con la voce fiaccata dalla malattia era tornato a sottolineare: “Ogni volta che io entro in questi posti mi domando: perché loro e non io?”. Affermazioni che lasciano intendere come la povertà, la disperazione, il bisogno, non siano scelte ma situazioni nelle quali chiunque potrebbe ritrovarsi.
Io mi ripeto spesso che se avessi dovuto affrontare il 20% delle difficoltà che i poveri si trovano ad affrontare quotidianamente, forse sarei diventato un delinquente. Io me lo ripeto ogni volta che incontro persone in difficoltà. Quando li incontro ripeto: Signore, quanto sei stato buono con me! Penso ogni volta a Sant’Agostino e alle sue parole di riconoscenza per i doni ricevuti dal Signore, ma io lo ringrazio anche per avermi evitato le difficoltà che devono affrontare e che mettono alla prova le persone che incontro.

Quanto la linea del Papa argentino ha attecchito nella Chiesa?
Proprio il Papa ripeteva spesso che non bisogna risolvere le cose ma far partire processi. Sono convinto e consolato da questo e dal fatto che questi processi siano avviati. Si tratta di un processo di riforma ma già solo il pensiero di una Chiesa in uscita, una Chiesa ospedale da campo, una Chiesa che valorizza le differenze, sono solo esempi di come il processo sia avviato, e che quindi la strada sia già tracciata. Le linee guida sono incardinate nella Chiesa e sono convinto che verranno portate avanti. Anche la sinodalità e la partecipazione sono agli inizi ma si registra un consenso unanime nella Chiesa su queste e su tutte le altre linee guida di Papa Francesco. Per questo motivo credo che non possano che andare nella direzione giusta. L’ossatura è pronta per i prossimi anni, bisogna solo seguirla.

Qual è il suo ricordo personale di Papa Francesco?
Potrei descriverlo con 1000 parole o con un aneddoto. Tante volte sono andato da lui a chiedere soldi. L’ultima volta è stato il 2 gennaio scorso, quando lui scherzando mi ha mi ha detto: “Si, vediamoci. Ho piacere di incontrarti. Ma questa volta non mi chiedere soldi perché non ne ho, li ho finiti tutti. Scherzava su di me anche con altre persone amiche in comune, ripetendo loro “Don Benoni ha una malattia”, mentre faceva il gesto con la mano agitata come un mendicante. Per intendere che chiedo sempre soldi. Solo uno scherzo, un modo per sorridere assieme com’era nel suo carattere, anche perché poi non mi ha mai lasciato andar via a mani vuote ed ha sempre accontentato comunque le mie richieste per i poveri.

Sapendo che sarebbe morto, cosa avrebbe voluto dire a Papa Francesco?
Come figlio al padre, avrei voluto dirgli tante cose. Come collaboratore, semplicemente grazie.

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