“Un religioso esemplare e un grande artista” che “seppe tradurre in colori l’eloquenza della parola di Dio”. Così Giovanni Paolo II definì fra Giovanni da Fiesole, da tutti conosciuto come Beato Angelico, nell’omelia della messa in cui lo proclamò patrono degli artisti. Frate e pittore, il Beato Angelico seppe indicare, con la sua arte, la strada che porta a Dio. Quest’anno la sua memoria liturgica, che ricorre il 18 febbraio, si celebra proprio nel corso del Giubileo degli artisti e del mondo della cultura. Ci parla di lui fra Massimo Mancini, professore di storia della Chiesa nella Facoltà teologica dell’Emilia-Romagna e postulatore generale dell’Ordine domenicano.
Il pittore fra Giovanni da Fiesole, subito dopo la sua morte, fu chiamato da tutti “Beato Angelico” per la religiosità che traspariva dalle sue opere. Tuttavia, è stato beatificato soltanto il 3 ottobre 1982 da Giovanni Paolo II che, con il motu proprio “Qui res Christi gerit”, ne concesse il culto locale. Fra Mancini, può spiegare come mai e in cosa consiste questa particolare procedura?
Con ogni beatificazione, in generale, il Pontefice concede la possibilità di celebrare pubblicamente una persona santa nella liturgia della Chiesa. C’è una differenza con la canonizzazione: quest’ultima permette il culto pubblico universalmente, cioè in tutta la Chiesa; al contrario, con la beatificazione, ciò vale solo nell’ambito di un ordine religioso o di una comunità locale. Nel caso del frate domenicano Giovanni da Fiesole, più noto come Beato Angelico, Papa Giovanni Paolo II, dopo accurati studi, volle permettere il pubblico culto solo in tutto l’Ordine dei Predicatori (cioè i domenicani) e nella basilica di Santa Maria sopra Minerva, cioè la chiesa di Roma in cui il pittore Angelico è sepolto. La decisione si basa su una continua, ininterrotta fama di santità e di esercizio delle virtù: come sempre si fa in questi casi, numerosi studi sono stati dedicati al santo artista toscano, analizzando non solo le sue opere ma anche le testimonianze dei suoi contemporanei e tutto ciò che su di lui si è scritto.
In che modo l’arte può essere un mezzo per arrivare a Dio e uno strumento di annuncio del Vangelo?
Tutto ciò che è davvero “bello” ci riporta in qualche modo al Creatore.
Dio ha voluto e realizzato ciò che è bello nell’universo; con le loro capacità, il proprio ingegno e la fantasia di cui dispongono, gli uomini possono contribuire alla bellezza di questo mondo. Ci sono “talenti” che Dio, attraverso varie mediazioni umane (soprattutto la formazione e l’educazione), dona agli uomini perché tutti godano della bellezza. Musicisti, pittori, scultori, architetti, letterati: con le loro opere ci parlano della bellezza e della bontà di Dio e del senso della nostra esistenza di uomini creati per essere eternamente felici; ciò avviene perfino quando gli stessi artisti non ne sono consapevoli.
Qual è il messaggio di santità che il Beato Angelico comunica a noi oggi?
Da autentico frate domenicano, il Beato Angelico parla di Dio “con il suo pennello”. Possiamo dire che, come il fondatore del suo e nostro ordine, san Domenico di Caleruega, anche l’Angelico faceva due sole cose: o parlava con Dio, o parlava di Dio. La sua pittura è il frutto della preghiera e della contemplazione; ma è anche un mezzo efficace e sempre attuale per annunciare, tra le brutture morali ed estetiche di questo mondo, che il Signore è buono, anzi “bello” e ci rende capaci di essere interiormente “belli”.

