Senza limiti, senza rispetto

L’evidente completa ignoranza circa “i riti dei Cristiani” (diciamola così, dai) da parte degli autori, che si evince dall’impostazione stessa dello spot, ha prodotto l’ennesima incivile mancanza di rispetto, perché ignorare il credo altrui significa ignorare non solo il valore che una cosa può avere per l’altro, ma anche calpestare i valori altrui, “fregandosene” sfacciatamente. Questa non è satira, non è libertà di espressione, è violenza ideologica giustificata dall’indifferenza dei più

(Foto internet)

Non si dovrebbe mai parlare di spot pubblicitari di cattivo gusto, perché se ne amplifica la portata, sopperendo involontariamente all’imperizia di origine dei suoi autori, con le loro becere scelte argute e ardite quanto quella di un adolescente che scrivesse una bestemmia sul banco di scuola ritenendosi l’antieroe del momento. Ci immaginiamo gli autori demenzialmente adolescenziali di cui sopra al momento del loro “atto creativo”: “Oh, le patatine al posto delle ostie, figo eh?” E giù a sghignazzare. Wow, dei veri decadentisti.

Tuttavia una parola è giusto spenderla sul tema in generale, e vorrei a tal proposito suggerire un’ipotesi narrativa.

Immaginiamo una pubblicità in cui si vedesse la preghiera del sabato in una sinagoga; l’incaricato porta solennemente i rotoli sacri della Torah, avvolti in preziose stoffe istoriate, attraverso l’assemblea fino al luogo della lettura, e mentre passa i più devoti baciano le nappe del rivestimento come segno di venerazione verso la Legge di Dio. Poi l’incaricato toglie il rivestimento… et voilà, al posto del rotolo della Torah c’è una confezione di fantastici wurstel di tacchino, che tutti iniziano a mangiare entusiasticamente!

Divertente? Per chi?

Altra scena: siamo ai primi del Novecento nei nascenti Stati Uniti, e un gruppo di giovani nativi americani provenienti da varie tribù, in cerchio attorno a un grande falò, si prepara al combattimento decisivo contro gli invasori; tra i canti e i suoni ritmici dei tamburi, l’anziano capo porge a ciascuno dei giovani il calumet, come segno di alleanza perenne tra le tribù contro il comune nemico… e in un crescendo di musichette scherzose i giovani guerrieri mettono su un rave party attorno al fuoco, perché il contenuto del calumet era stato sostituito, con sgomento dell’anziano, con l’ultima trovata in fatto di cannabis legale, di cui lo spot assicura però l’efficacia quanto allo sballo, e il tutto finisce con la scena di loro che spengono il fuoco orinandoci dentro tra le risate e gli schiamazzi.

Qui avrebbe senso parlare di appropriazione culturale? Qualcuno si domanderebbe se la cosa potrebbe avere offeso chicchessia?

Due esempi, anche piuttosto triviali… (utilizzati, lo ribadiamo, solo per sottolineare la mancanza di attenzione), tra i mille che si sarebbero potuti fare, perché quando una cosa è molto in alto, come lo sono il credo religioso e l’identità culturale delle persone, è facilissimo infangarla. Basta poco per denigrare, è sufficiente portare sul piano dell’ordinario quanto ordinario non è – ecco perché il kitsch degli articoli religiosi è evidentissimo e facile da ottenere, perché il sacro e i suoi simboli, portati in una tazza, in un posacenere o in un deodorante per la casa rivelano subito lo stridore tra significati non conciliabili. E se è vero che è sempre importante e bello esercitare l’ironia, si dovrebbe ricordare che la forma di ironia più significativa è l’autoironia e che prendere in giro quanto gli altri hanno di sacro non ci dona più libertà di espressione di quella di emettere peti in pubblico senza farci problemi, o quella insultare gli sconosciuti che incontriamo per strada tanto per passare il tempo – e la storia recente avrebbe dovuto insegnarci, peraltro, che la satira su gruppi etnici e religiosi può sempre diventare il prodromo di ben peggiori accanimenti.

Chiudiamo qui, perché sono stati messi in campo fin troppi temi solo per contestare l’ultimo spot di una marca di patatine industriali: non ne vale la pena, non se lo merita.

L’evidente completa ignoranza circa “i riti dei Cristiani” (diciamola così, dai) da parte degli autori, che si evince dall’impostazione stessa dello spot, ha prodotto l’ennesima incivile mancanza di rispetto, perché ignorare il credo altrui non significa solo ignorare il valore che una cosa può avere per l’altro, ma calpestare i valori altrui, “fregandosene” sfacciatamente. Questa non è satira, non è libertà di espressione, è violenza ideologica giustificata dall’indifferenza dei più.

Negli ultimi anni il boicottaggio è stata l’arma con cui gruppi culturali spregiudicati hanno messo in ginocchio aziende che si erano permesse considerazioni marginali che potevano in qualche modo contrariarli. Adesso si spera che noi Cattolici avremo abbastanza fermezza nello scegliere come alimentarci nei momenti di svago o di fronte alla tv ma soprattutto di iniziare a fare più rumore in casi come questo, per la tutela di quanto conta per noi.

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