Una vita donata per amore

Oggi, 2 febbraio, la Chiesa celebra la Giornata della vita consacrata. È un’occasione propizia per rileggere il nostro cammino in preparazione al Giubileo. Noi consacrati siamo chiamati a compiere delle scelte importanti per verificare non solo se l’individualismo sta penetrando quotidianamente nelle nostre storie, ma soprattutto se stiamo vivendo secondo la missione affidata personalmente da Dio che continua a fidarsi di noi. Il giorno della professione noi consacrati abbiamo pronunciato il nostro sì al Signore nella Chiesa per il mondo. Che cosa rimane di vitale ancora oggi di quella esperienza?

(Foto Vatican Media/SIR)

Oggi, 2 febbraio, la Chiesa celebra la Giornata della vita consacrata. È un’occasione propizia per rileggere il nostro cammino in preparazione al Giubileo.
Noi consacrati siamo chiamati a compiere delle scelte importanti per verificare non solo se l’individualismo sta penetrando quotidianamente nelle nostre storie, ma soprattutto se stiamo vivendo secondo la missione affidata personalmente da Dio che continua a fidarsi di noi.
Il giorno della professione noi consacrati abbiamo pronunciato il nostro sì al Signore nella Chiesa per il mondo.

Chiediamoci: che cosa rimane di vitale ancora oggi di quella esperienza? Ed ancora: in che modo stiamo coltivando ogni giorno e in ogni momento con passione e con slancio la nostra adesione a Cristo?
Ciò ci interpella sul senso e sull’orientamento della nostra vita di consacrati, sulle energie e sulle risorse che stiamo concretamente impegnando per seguire fedelmente Gesù, sull’essere attualmente segno profetico soprattutto dove regna la confusione, lo smarrimento, la paura.
A volte sembra sfuggirci dalle mani la vita, perché non sempre ci lasciamo orientare dal senso che la dovrebbe qualificare, Gesù e il Vangelo. Anche noi, come “il tale del Vangelo” continuiamo a chiedere a Gesù che cosa fare e non come essere, per seguirlo, testimoniarlo. Manca talvolta l’impegno costante che Paolo ha affidato a Timoteo, ma che in realtà riguarda tutti: “Ravviva il dono di Dio che è in te” (2 Tm 1,6).
Papa Francesco rivolto il 13 aprile 2023 all’Assemblea generale dell’Unione superiore maggiori d’Italia (Usmi), ci chiede di metterci in ascolto della vita sotto la guida dello Spirito Santo. Ed ancora il Papa invita coloro che sono senza speranza a “tornare alla fonte e recuperare la freschezza originale del Vangelo, perché da questa scelta spuntano nuove strade, metodi creativi, altre forme di espressione, segni più eloquenti, parole cariche di rinnovato significato per il mondo attuale” (cfr.EG 11).
Quando l’esistenza non è fondata in Cristo e non è orientata dal progetto evangelico, la persona non riconosce più i valori fondamentali per cui donare sempre la vita. Spesso brancola qua e là per trovare soddisfazioni immediate nelle cose da fare, e non si ferma per allargare gli orizzonti con la fede in Dio.
Lasciandoci agganciare da mille cose, spesso non riflettiamo sulla strutturazione del tempo. Coltivando la relazione con Cristo che illumina la quotidianità e che aiuta a prefiggersi degli obiettivi da raggiungere, possiamo essere segno dell’amore di Dio tra i fratelli e le sorelle. Nella preghiera impariamo a vivere come Gesù in ogni ambiente, liberando in noi e intorno a noi la bellezza dell’umanità e trasmettendo la certezza che Dio è sempre presente nella vita di ogni vivente.
Oggi c’è l’urgenza della presenza di profeti, di coloro che sappiano dire con la vita che l’amore di Dio per noi e tra noi è una realtà e che ogni accadimento rimanda alla presenza del Signore che segue sempre con amore i nostri passi.Scegliere di vivere per Cristo significa avere a cuore la costante unificazione della propria vita intorno a Lui, abbandonando l’idea di essere il centro dell’universo, per mescolarsi con chi si vive e con la gente. Le persone che vivono con noi o che incontriamo, hanno bisogno di una testimonianza significativa che fa vedere la presenza di Dio in opera, di coloro che sono capaci di donare segni di speranza, senza forme eclatanti, ma attraverso gesti autenticamente umani.

I consacrati, consapevoli di essere sempre alla presenza del Signore, vivono anche nella vita interamente contemplativa accanto ad ogni fratello e sorella, testimoniando con la preghiera continua o con il servizio gratuito che Dio esiste, che Dio è amore.
Chi segue Gesù non costruisce un suo mondo parallelo, non difende il proprio spazio. A fondamento della sua esistenza mette la relazione con Lui e il Vangelo come progetto di vita. Non insegue modelli umani che comprendono la competizione, i ruoli, la carriera, ecc., ma solo la via del dono di sé nella gratuità sull’esempio di Cristo: costoro non pensano a se stessi, scelgono solo di essere riflesso della presenza di Dio ovunque.

Come curiamo quotidianamente la relazione con il Signore?
Da che cosa capiamo che stiamo vivendo relazioni evangeliche in fraternità e con chi incontriamo?

La qualità relazionale è segno profetico soprattutto in questo tempi in cui molte persone vivono l’esperienza di isolamento, anche inconsapevole, a causa di una gestione inadeguata del mondo digitale e faticano a rimanere accanto ai propri simili.
Come impegniamo le nostre energie per interagire, collaborare con persone umane, concrete, incarnate e abitate dallo Spirito, anche se non credenti?
Abbiamo bisogno in questo tempo di ricentrarci nel Signore, per poter amare senza competizione, mettendo tutto di noi a disposizione degli altri, per contribuire ad essere insieme collaboratori di Dio nella costruzione del puzzle che ha affidato a ciascuno e nella fraternità.

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