55 anni di Avvenire. Girardo (direttore): “Una piazza aperta in cui si possono confrontare le idee, a servizio della Chiesa e della società”

Un richiamo alla storia, con il mandato di Paolo VI a informare "secondo giustizia, verità e carità", e uno sguardo al futuro, con la volontà di "produrre contenuti e distribuirli sulle diverse piattaforme" con l'obiettivo di "essere un giornale di dialogo con le radici salde nella nostra identità, ma senza che ciò diventi arroccamento". Marco Girardo, direttore di Avvenire, celebra i 55 anni di storia del quotidiano dei cattolici italiani

foto SIR/Marco Calvarese

“Leggere i fatti e gli avvenimenti in un flusso di notizie che si è fatto sempre più pervasivo e confuso, che vive di istanti e di impressioni. Essere un giornale di idee significa scegliere, in questo mare di notizie in cui siamo immersi, le cose che vale la pena raccontare e portarle in prima pagina”. Marco Girardo, direttore di Avvenire, fa un bilancio dei 55 anni di storia del quotidiano che ricorrono oggi e apre alle prospettive sul futuro.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Cosa è cambiato rispetto al 1968?
Abbiamo la stessa ispirazione e lo stesso sguardo cattolico, cioè universale rispetto alla lettura dei fatti. Ma adesso dobbiamo scegliere ancore di più cosa raccontare. Alle volte andando controcorrente, per essere comunque sempre vicini alle persone. Paolo VI ci chiese di rispettare e servire le persone. In questo contesto informativo,

rispettare le persone significa scegliere gli argomenti da portare in pagina.

Con uno sguardo alla Chiesa e alla società che non abbia preconcetti?
Dobbiamo essere aperti al confronto e al dibattito dentro la Chiesa, che è un mondo fatto anche di ispirazioni diverse che devono convergere verso una comunione. Bisogna essere coraggiosi nell’ospitare queste posizioni.

Essere un giornale di dialogo con le radici salde nella nostra identità, ma senza che ciò diventi arroccamento.

Avvenire è una piazza in cui si possono confrontare le idee.

È un giornalismo che richiede coraggio. Alcuni potrebbero pensare che è un’informazione in perdita…
Per essere al servizio delle persone bisogna avere coraggio. Anche essere uno strumento con cui, per usare le parole di Papa Francesco, si riesce a comunicare cordialmente lo richiede. Nelle dinamiche digitali e sui social, funziona l’informazione polarizzata che alimenta le bolle autoreferenziali. Non dobbiamo essere schiavi di questo meccanismo ma tenere dritta la barra, concentrandoci su quelle che sono le istanze che riteniamo utili a un servizio secondo giustizia, verità e carità. È il mandato che ci ha consegnato Paolo VI. Dobbiamo avere il coraggio di fare delle scelte, anche controcorrente, per le quali essere disposti a pagare un prezzo.

Quanto è importante, per i cattolici italiani, avere un giornale di riferimento dove potersi sentire comunità?
È fondamentale. Avvenire è all’interno di un ecosistema informativo della Chiesa italiana che è fatto di un’agenzia di stampa come il Sir, di una televisione come Tv2000, della rete radiofonica di InBlu2000 e della presenza capillare dei giornali diocesani.

È un sistema informativo complesso, a servizio di una Chiesa ricca, diversificata, radicata sul territorio con posizioni e interpretazioni alle volte diverse che sono un arricchimento. Avere questa piazza informativa in cui è possibile un confronto aperto e trasparente è prezioso.

La Chiesa italiana e il pontificato di Francesco sono spesso oggetti di un racconto divisivo e polemico. Come si può offrire una narrazione onesta?
È sicuramente uno dei compiti più sfidanti, ma anche più appassionanti. La Chiesa italiana è accanto alle persone in ogni circostanza, soprattuto dove il tessuto sociale è lacerato e ferito. Vogliamo essere sinceri, trasparenti, onesti e capaci di ospitare posizioni diverse nella Chiesa: è un atto doveroso in questo momento. È uno degli elementi del servizio che possiamo fare alla Chiesa italiana e ai nostri lettori.

Come si sta ripensando Avvenire nel digitale?
A partire dalla neutralità del contenuto informativo che produciamo, per declinarlo nelle varie piattaforme. Un lavoro interno di riorganizzazione che prevede la capacità di selezionare le notizie, i racconti, le analisi, i commenti. E poi, in un secondo tempo, di scegliere su quale piattaforma poterli sviluppare: il giornale di carta, il podcast, la newsletter, l’informazione digitale.

Produrre contenuti e distribuirli sulle diverse piattaforme partendo dalla nostra identità.

Vogliamo avvicinare i lettori più giovani, gli under 30, e capire cosa chiedono ad Avvenire per i prossimi 55 anni. Idealmente ci domandano di essere chiari nella complessità, di avere opinioni separate dei fatti, di avere punti di vista diversi sui grandi temi, di farci prossimi a chi legge, di essere onesti nello sguardo sulla realtà.

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