I 95 anni del Movimento apostolico ciechi: “La disabilità non deve essere nascosta”

In occasione del convegno “Da 95 anni pellegrini e testimoni di speranza”, promosso a Roma dal Movimento apostolico ciechi (Mac), parlano il presidente nazionale, Michelangelo Patanè, e l'assistente, don Alfonso Giorgio: "L’assistenzialismo rientra nella cultura del passato ma, già da diverso tempo, l’atteggiamento è cambiato"

(Foto Movimento Apostolico Ciechi)

La persona con disabilità è un soggetto attivo nella Chiesa. A ribadirlo è il Movimento apostolico ciechi (Mac) che, in occasione dei 95 anni di fondazione, ha promosso delle giornate di condivisione in cui il messaggio al centro è stata la speranza di cui sono testimoni i tanti partecipanti. “L’assistenzialismo rientra nella cultura del passato e non possiamo negare che le Congregazioni religiose abbiano fatto un lavoro eccellente quando della disabilità nessuno si curava”, afferma don Alfonso Giorgio, assistente nazionale del Movimento. “Già da diverso tempo – osserva -, l’atteggiamento è cambiato. Alcune volte, però, ci sono famiglie di persone con disabilità che ancora non si sentono affiancate e preferiscono tenere distanti i propri figli. Come Movimento, invece, cerchiamo di stare vicini. Pure alcuni confratelli rinunciano ad accogliere perché pensano di non avere i mezzi. Ma se c’è una fragilità, che non riusciamo a gestire, dobbiamo metterci a nudo e chiedere aiuto per trovare una soluzione. La cosa più importante è avere cuore per accogliere tutti. All’inizio anch’io non ero preparato, ma nel tempo ho imparato molto”.

La persona con disabilità è un soggetto attivo nella Chiesa e “la disabilità non deve essere nascosta”, commenta il presidente nazionale del Movimento apostolico ciechi, Michelangelo Patanè. “Siamo chiamati alla santità come tutti gli altri – spiega – e non siamo santi perché disabili.

C’è ancora la necessità di porre nelle condizioni di parità i servizi, ma nel complesso le persone con disabilità hanno diritti e doveri come tutti”.

Le chiese italiane sono riuscite ad abbattere gran parte delle barriere architettoniche, “ma manca – continua Patanè – ancora in tante diocesi l’interprete del linguaggio dei segni per le persone sorde”. Le attività promosse del Movimento non si limitano all’Italia, ma si spingono nelle periferie del mondo. “Il Mac – ricorda don Alfonso – è stato fra i primi, con sorpresa di molti, a rispondere al grido di aiuto per i Paesi più poveri, dopo la lettera enciclica Populorum Progressio. Spesso abbiamo affiancato le diocesi locali. Per esempio in Etiopia o in Kenya, i progetti sostenuti dal Mac hanno permesso l’apertura di scuole per non vedenti e realizzato il miracolo per dei ragazzi mendicanti di diventare insegnanti. Anche in Tanzania, l’ultimo progetto attivato mira ad aiutare i bambini albini per sottrarli ai pregiudizi culturali o al commercio criminale degli organi”.

(Foto Movimento Apostolico Ciechi)

In occasione della VII Giornata mondiale dei poveri, una delegazione del Movimento ha partecipato alla messa nella Basilica Vaticana di San Pietro. “Vedere il Papa in carrozzina – prosegue don Alfonso – è stato un segnale per noi importante, perché dimostra la semplicità con cui Francesco manifesta la sua fragilità. Mi ha colpito quando il Pontefice ha detto che le povertà vanno cercate perché il pudore le nasconde e di non fare del bene solo a chi ci passa davanti”. La partecipazione alla messa ha rappresentato anche un ulteriore conferma che la Chiesa riconosce come parte di sé tutti: “Siamo un’associazione – evidenzia il presidente nazionale Patané – e teniamo al nostro carattere ecclesiale”.

Nel messaggio inviato in occasione dell’anniversario di fondazione, il cardinale Angelo De Donatis, vicario generale di Sua Santità per la diocesi di Roma, ha auspicato che la speranza arrivi soprattutto ai giovani “i quali – ha affermato – più di tutti non vedono con chiarezza il proprio futuro”. Anche nell’associazione ci sono giovani vedenti e non vedenti. “Con loro – racconta don Alfonso – abbiamo vissuto una parte delle giornate, fra loro si respira la voglia di ritrovarsi e di essere un segno, un incoraggiamento.

Il vedente giovane è un accompagnatore e allo stesso tempo un compagno di viaggio del non vedente. Insieme riescono a superare i limiti e questo li esorta a fare di più. Gli stessi non vedenti capiscono che è importante l’aiuto degli altri. La speranza viene seminata attraverso la testimonianza cristiana.

Con il Movimento si va oltre la disabilità, per costruire le relazioni e vivere nella società”. Un segnale di speranza viene anche dalle numerose testimonianze di inclusione espresse da giovani nelle scuole, nelle chiese o nel lavoro, durante le giornate di condivisione del Mac. “Stiamo vedendo – commenta il presidente – che c’è un interesse quando si va alle cose concrete. Un messaggio che vogliamo mandare ai giovani è questo: ci siamo abituati ad avere tanto e spesso ci lamentiamo per ciò che non abbiamo. Ricordo le parole di Papa Ratzinger che diceva che sprechiamo il superfluo mentre altrove manca il necessario”.

Altri articoli in Chiesa

Chiesa