Santa Teresa del Bambino Gesù: no reperto museale ma testimone vivente

L’esistenza consumata in un oscuro Carmelo di Normandia non la ha resa avulsa dal suo secolo e Francesco ne mette in primo piano il coinvolgimento nella storia. Teresa non è un reperto museale e neppure una pia immagine, è testimone vivente

(Foto Siciliani - Gennari/SIR)

Le parole d’apertura dell’esortazione “C’est la confiance”ne contengono già il sigillo: “È la fiducia e null’altro che la fiducia che deve condurci all’Amore!”, afferma Teresa e Francesco di rimando: “Soltanto la fiducia, ‘null’altro’, non c’è un’altra via da percorrere per essere condotti all’Amore che tutto dona. Con la fiducia, la sorgente della grazia trabocca nella nostra vita, il Vangelo si fa carne in noi e ci trasforma in canali di misericordia per i fratelli”.

“Genio della sua spiritualità” ma anche genio di dottrina, troppo spesso messo da parte o non compreso nella radicale originalità:

“Precisamente, il contributo specifico che Teresina ci regala come Santa e come Dottore della Chiesa non è analitico, come potrebbe essere, per esempio, quello di San Tommaso d’Aquino. Il suo contributo è piuttosto sintetico, perché il suo genio consiste nel portarci al centro, a ciò che è essenziale, a ciò che è indispensabile. Ella, con le sue parole e con il suo personale percorso, mostra che, benché tutti gli insegnamenti e le norme della Chiesa abbiano la loro importanza, il loro valore, la loro luce, alcuni sono più urgenti e più costitutivi per la vita cristiana. È lì che Teresa ha fissato lo sguardo e il cuore”.
Teresa è Dottore della scienza dell’amore: “Una delle scoperte più importanti di Teresina, per il bene di tutto il Popolo di Dio, è la sua “piccola via”, la via della fiducia e dell’amore, conosciuta anche come la via dell’infanzia spirituale. Tutti possono seguirla, in qualunque stato di vita, in ogni momento dell’esistenza. È la via che il Padre celeste rivela ai piccoli”.

Francesco ha voluto che non si guardasse a una ricorrenza per pubblicare l’Esortazione, quasi per onorarla, ma ha voluto dischiuderla in un’apertura maggiore: “La data della pubblicazione, memoria di Santa Teresa d’Avila, vuole presentare Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo come frutto maturo della riforma del Carmelo e della spiritualità della grande Santa spagnola”.

Considerata la semplicità e la brevità di vita di Teresa sembrerebbe ovvio cogliere la sua personalità, mentre Teresa fora e sfora in quanto va sperimentando: “…la scoperta del cuore della Chiesa è una grande luce anche per noi oggi, per non scandalizzarci a causa dei limiti e delle debolezze dell’istituzione ecclesiastica, segnata da oscurità e peccati, ed entrare nel suo cuore ardente d’amore, che si è incendiato nella Pentecoste grazie al dono dello Spirito Santo. È il cuore il cui fuoco si ravviva ancora con ogni nostro atto di carità. “Io sarò l’amore”: questa è l’opzione radicale di Teresina, la sua sintesi definitiva, la sua identità spirituale più personale”.
L’esistenza consumata in un oscuro Carmelo di Normandia non la ha resa avulsa dal suo secolo, Francesco ne mette in primo piano il coinvolgimento nella storia: “È vissuta infatti alla fine del XIX secolo, cioè nell’“età d’oro” dell’ateismo moderno, come sistema filosofico e ideologico. Quando scriveva che Gesù aveva permesso che la sua anima «fosse invasa dalle tenebre più fitte», stava a indicare l’oscurità dell’ateismo e il rifiuto della fede cristiana.”
Teresa non è un reperto museale e neppure una pia immagine, è testimone vivente: “Sta pellegrinando con noi, facendo il bene sulla terra, come ha tanto desiderato. Il segno più bello della sua vitalità spirituale sono le innumerevoli “rose” che va spargendo, cioè le grazie che Dio ci dona per la sua intercessione piena d’amore, per sostenerci nel percorso della vita”.

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