Chiamati a governare i processi

Nel suo primo importante discorso al Centro culturale di Belém è emersa una visione completa delle relazioni, tra persone, comunità e paesi, offerta ai tantissimi giovani provenienti da ogni angolo della terra per vivere insieme un’esperienza per molti alla luce della fede, per alcuni nella dimensione di ricerca o di risposta ad un annuncio. Secondo ciò che lo Spirito ispira

(Foto Vatican Media/SIR)

Governare i processi e non subirli, sapendo che per i giovani non è importante enunciare obiettivi, ma viverli in una dimensione pronta ad abbattere frontiere o gli schemi rigidi della divisione, capace di abbracciare le diversità e di porsi all’ascolto delle cose nuove.
È quanto si coglie dalle prime parole di Papa Francesco ieri in Portogallo per celebrare la Gmg. Nel suo primo importante discorso al Centro culturale di Belém è emersa una visione completa delle relazioni, tra persone, comunità e paesi, offerta ai tantissimi giovani provenienti da ogni angolo della terra per vivere insieme un’esperienza per molti alla luce della fede, per alcuni nella dimensione di ricerca o di risposta ad un annuncio. Secondo ciò che lo Spirito ispira.

Quello Spirito che Francesco evoca non solo di fronte ad una platea attenta, fatta di istituzioni, diplomatici e società civile portoghese, tutti in attesa di idee e riflessioni, ma con un respiro planetario, quel respiro che da sempre coinvolge tutta la Gmg e che sembra aver trovato il suo assetto, i suoi obiettivi e i suoi possibili seguiti.

Nel parlare all’Europa, a quell’antico continente che proprio nelle l’espandersi verso nuove terre e popoli ha aperto lo spazio della modernità, il papa si è rivolto al mondo intero. Del resto le grandi sfide – dalla mobilità umana al rispetto dei diritti fondamentali, dalla povertà agli orrori della guerra – non sono appannaggio di un territorio, né di un continente, ma sono purtroppo fenomeni globali.
L’evocare la globalizzazione che solo apparentemente unisce, ma di fatto è già strumento di divisione e contrapposizione, pone in risalto l’appello a individuare rotte di pace, recupero di radici per i processi di integrazione, un nuovo multilateralismo in grado di leggere le questioni dell’oggi.

È sembrato che Francesco volesse esprimere a tutti il modo di rendere sempre nuovo, attento ed operante il monito evangelico di annunciare la buona novella a tutte le genti declinandola nell’oggi della storia, non però per “gridare rabbia”, ma per “condividere la speranza del Vangelo, la speranza della vita”. La Gmg per i giovani è “occasione per costruire insieme” le modalità utili per superare barriere e abbattere i muri, quelli dell’odio, dell’incomprensione tra le generazioni; occasione per superare i contrasti sempre più base dei conflitti che “insanguinano il mondo”.

I giovani diventano protagonisti nelle parole di un papa che non smette di leggere il messaggio cristiano nella luce e nelle ombre del nostro mondo, in una quotidianità nella quale sembrano molto più evidenti i semi della discordia. Realtà di fronte alla quale, a più riprese, Francesco contrappone la speranza, quasi a voler dire che la preoccupazione principale non è eliminare l’erba cattiva per salvaguardare le spighe di grano quanto piuttosto affidarsi a chi verrà per separare il grano dalla zizzania. È un modo per lanciare ai giovani la sfida a diventare protagonisti e a fare la loro esperienza di fede una modalità di azione, una spinta ad agire per non lasciarsi travolgere dai semi di violenza e, ancor più grave, da quella indifferenza che è segno non di saper vivere per proteggere interessi particolari, ma di vera opposizione alla vita.

Per dare poi l’enfasi necessaria, e meglio si direbbe per offrire un pratico spunto e altrettanti strumenti operativi, il papa inaugura la Gmg di Lisbona prospettando “tre cantieri di speranza” intorno ai quali certamente possono convergere tutte le generazioni. Indica tre “luoghi simbolo” in cui il rapporto intergenerazionale è già garanzia di un’attività che procede e può essere finalizzata a costruire una diversa dimensione della società. L’importante è lasciarsi guidare dalla novità, dalla creatività, dal soffio dello Spirito.

Riferendosi all’ambiente, Francesco lo riconduce alla dimensione della tutela della casa comune che è l’effetto della coesistenza e anche dell’intersecarsi di prospettive diverse: ambiente e educazione, ambiente e sana economia, ambiente e lavoro, ambiente e rispetto della dignità e dei diritti.
Poi il futuro pensando alle nuove generazioni, ad iniziare da coloro che si affacciano alla vita e che magari trovano impedimenti nel proseguire, perché ideologie, politiche, legislazioni solo in apparenza si occupano di dare entusiasmo e continuità al loro futuro. Futuro che significa in primo luogo correzione di metodi ed obiettivi politici, economici e legislativi, per riportarli realisticamente alle esigenze di singoli e di comunità; e poi partecipazione che si traduce nella capacità di dialogo con tutti e su tutto.

La fraternità, allora, non è soltanto il terzo cantiere, ma anche il punto di arrivo di una cultura e di un’ideale che nei giovani non va inculcato, ma è già vissuto come normalità. Non un’aggiunta, né come via per ‘lasciarsi vivere’ senza ideali e radici.

Governare i processi aprendo cantieri di speranza. Questo permette a Francesco di concludere con un appello, che è anche un programma: “Sentiamoci tutti insieme chiamati, fraternamente, a dare speranza al mondo in cui viviamo”.

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