Medio Oriente: il “tappeto” di Papa Francesco

Tra parresia e dialogo: è racchiuso in questo binomio il legame di Papa Francesco con la Terra Santa, culla del Cristianesimo, e con il Medio Oriente. Ne è convinto il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa al quale abbiamo chiesto di descrivere questo particolare rapporto

(Foto Siciliani - Gennari/SIR)

Tra parresia e dialogo: è racchiuso in questo binomio il legame di Papa Francesco con la Terra Santa, culla del Cristianesimo, e con il Medio Oriente.

Il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa (Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Ne è convinto il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, francescano della Custodia di Terra Santa, dal 1990 a Gerusalemme. Oltre 30 anni vissuti in Medio Oriente: dal 2004 al 2016 è stato Custode di Terra Santa. Nominato da Papa Francesco, ha ricoperto prima l’incarico di Amministratore apostolico sede vacante della diocesi Patriarcale di Gerusalemme dei Latini, e dal 24 ottobre 2020, quello di patriarca latino di Gerusalemme. A lui fanno capo i cattolici di rito latino residenti in Israele, Palestina, Giordania e Cipro. Pizzaballa è stato uno dei protagonisti al convegno di Bari dei vescovi del Mediterraneo del 2020. Stimato dal Papa, fu coinvolto nell’organizzazione dell’incontro di pace (2014) nei Giardini Vaticani tra i presidenti Abu Mazen e Shimon Peres.

Gerusalemme (Foto Sir)

“In questi primi dieci anni di Pontificato – dichiara al Sir il patriarca – il Papa ha continuamente rivolto il suo sguardo a questa tormentata regione del mondo, facendone meta di viaggi – quello in Terra Santa (maggio 2014) fu il secondo del suo pontificato dopo quello a Rio de Janeiro per la Gmg (2013) – di visite apostoliche (Egitto nel 2017, Emirati Arabi Uniti nel 2019, Cipro e Iraq nel 2012 e Bahrein nel 2022, ndr.) e destinataria di messaggi e di pressanti appelli alla pace, al dialogo, e alla fratellanza”. Tuttavia, aggiunge, “per comprendere meglio questo legame bisogna anche cercare di capire cosa è accaduto in Medio Oriente nel decennio appena trascorso: abbiamo assistito alla primavera araba, all’avvento dell’Isis, a guerre e scontri settari, ma abbiamo visto anche Abu Dhabi, il Bahrein, i viaggi in Iraq, in Egitto, a Cipro, il pellegrinaggio in Terra Santa. Ci sono stati tanti eventi che hanno cambiato, spesse volte anche in peggio, il Medio Oriente. Davanti a tutti questi mutamenti Papa Francesco ha risposto con grande continuità di insegnamento”.

“Il Papa è sempre stato chiaro – ribadisce Pizzaballa – da un lato la parresia, con l’esortazione alle Chiese, alle autorità religiose ma anche quelle politiche al rispetto dei diritti umani, della vita, della dignità delle persone. C’è bisogno della franchezza della denuncia del male che provoca povertà e ingiustizie da cui dipendono conflitti e migrazioni”. Il Medio Oriente, per il Pontefice, non è una terra da depredare, come lui stesso ribadì durante un’udienza (giugno 2018) alla Roaco (Riunione delle Opere di Aiuto alle Chiese Orientali): “Alcune potenze mondiali guardano il Medio Oriente forse non tanto con preoccupazione per la cultura, la fede, la vita di quei popoli; bensì lo guardano per prenderne un pezzo e avere più dominio”. “Dall’altro, i continui appelli al dialogo con l’Islam, e non solo, alla tolleranza, alla convivenza e alla fratellanza per contrastare ogni forma di negazione del dialogo e del rispetto. Il dialogo è, e resta, per il Pontefice, l’unica prospettiva possibile” rimarca il patriarca.

(Foto Vatican Media/SIR)

Uno spartiacque di questo decennio, per Pizzaballa, è certamente il viaggio apostolico ad Abu Dhabi (3-5 febbraio 2019), dove venne firmato lo storico “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” con il Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyib, che indicava come bussole la cultura del dialogo, la collaborazione comune e la conoscenza reciproca. “Abu Dhabi – sottolinea il patriarca – è stato un punto di svolta per il dialogo con l’Islam, così come lo fu il viaggio in Egitto dell’aprile del 2017. Ma in questi 10 anni – ricorda ancora il francescano – Papa Francesco ha sempre promosso il dialogo tra israeliani e palestinesi. Continui e pressanti i suoi appelli alle due parti a riprendere i negoziati, a far tacere la violenza. Significativo l’incontro, da lui stesso voluto, nei Giardini Vaticani tra i presidenti di Israele e Palestina, Shimon Peres e Abu Mazen. Gesti, segni e parole che, nelle intenzioni del Pontefice, non ricercano risultati immediati, ma piuttosto offrire delle indicazioni di metodo importanti”. Lo sguardo di Papa Francesco si è rivolto in questi 10 anni anche all’Iraq, alla Siria in guerra da oltre 12 anni e ora piegata dal terremoto, e al vicino Libano attraversato da una crisi politica economica e finanziaria spaventosa. Anche per questi Paesi non si contano appelli e messaggi.

Ma non sono solo il dialogo, la convivenza, il rispetto dei diritti, la cittadinanza “le medicine” indicate dal Pontefice per curare le ferite aperte del Medio Oriente. “In questi 10 anni – ricorda Pizzaballa – Papa Francesco ha sempre esortato alla preghiera: ricordo la Giornata di digiuno e preghiera per la pace in Siria, in Medio Oriente e nel mondo intero, il 7 settembre 2013, quella per il Libano del 4 settembre del 2020, e l’atto di consacrazione del Medio Oriente alla Sacra Famiglia, in occasione dell’Anno di San Giuseppe del 27 giugno del 2021”. Per questa occasione il Pontefice inviò una lettera ai Patriarchi cattolici del Medio Oriente in cui ricordava che “la consacrazione alla Sacra Famiglia convoca anche ciascuno di voi a riscoprire come singoli e come comunità la vostra vocazione di essere cristiani in Medio Oriente, non soltanto chiedendo il giusto riconoscimento dei vostri diritti in quanto cittadini originari di quelle amate terre, ma vivendo la vostra missione di custodi e testimoni delle prime origini apostoliche”. “Sono gesti di preghiera – ricorda Pizzaballa – che si affiancano alla denuncia, alla richiesta di chiarezza e di giustizia. Il Papa ha sempre chiesto alle Chiese del Medio Oriente di stare vicino al popolo, di ascoltarlo di più, di essere più unite tra loro. Il Medio Oriente è anche una responsabilità dei cristiani chiamati a essere luce e non a perdersi in diatribe interne”.

Se c’è un’immagine che più di ogni altra rappresenta il legame del Papa con il Medio Oriente, questa è quella del ‘tappeto’ evocata dallo stesso Pontefice durante la sua visita apostolica in Iraq: quel tappeto, sono parole del Pontefice, che “le mani sapienti degli uomini e delle donne del Medio Oriente sanno intessere creando geometrie precise e preziose immagini, frutto però dell’intreccio di numerosi fili che soltanto stando insieme fianco a fianco diventano un capolavoro. Se la violenza, l’invidia, la divisione, possono giungere a strappare anche solo uno di quei fili – sottolinea il Papa – tutto l’insieme viene ferito e deturpato”. “È un tappeto – conclude Pizzaballa – che deve essere completato e rifinito. Purtroppo alcune parti sono state sfilacciate. Ma dal momento che non è stato terminato se ne può riprendere la trama” grazie anche alle grandi tradizioni orientali, copta, maronita, melkita, siriaca, armena, caldea, latina.

 

 

Altri articoli in Chiesa

Chiesa