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Papa all’udienza: “Chi si crede padrone non è un evangelizzatore”

Papa Francesco ha ripreso oggi le udienze in piazza San Pietro, continuando il ciclo di catechesi sullo zelo apostolico e soffermandosi in particolare sull'eredità e l'attualità del Concilio. Al termine dell'udienza, un applauso alle donne, nella Giornata internazionale a loro dedicata

foto SIR/Marco Calvarese

“L’evangelizzazione si fa sempre ‘in ecclesia’, cioè in comunità, e senza mai fare proselitismo: quella non è evangelizzazione”. Lo ha detto, a braccio, il Papa, che ha dedicato anche l’udienza di oggi – la prima in piazza San Pietro dopo la pausa invernale in Aula Paolo VI – soffermandosi in particolare sul Concilio Vaticano II, “per scoprire che evangelizzare è sempre un servizio ecclesiale, mai solitario, mai isolato, mai individualistico”. Al termine dell’udienza, un applauso alle donne, nella Giornata a loro dedicata: “le ringrazio per l’impegno a costruire una società più umana, mediante la loro capacità di cogliere la realtà con sguardo creativo e cuore tenero. Questo è un privilegio solo delle donne”.

“C’è come un ponte tra il primo e l’ultimo Concilio, nel segno dell’evangelizzazione, un ponte il cui architetto è lo Spirito Santo”,

la tesi di Francesco: “L’evangelizzatore, infatti, trasmette sempre ciò che lui stesso o lei stessa ha ricevuto. Lo scriveva per primo San Paolo: il vangelo che lui annunciava e che le comunità ricevevano e nel quale rimanevano salde è quello stesso che l’apostolo aveva a sua volta ricevuto. Si riceve la fede e si trasmette la fede”. “Questo dinamismo ecclesiale di trasmissione del messaggio è vincolante e garantisce l’autenticità dell’annuncio cristiano”, ha ricordato il Papa citando la lettera di San Paolo ai Galati: “Se anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anatema”. “E’ bello questo, e questo viene bene a tante visioni che sono alla moda”, ha commentato a braccio: “La dimensione ecclesiale dell’evangelizzazione costituisce perciò un criterio di verifica dello zelo apostolico”.

“L’amore di Dio non è per un gruppetto soltanto, è per tutti: quella parola mettetevela bene nel cuore, tutti, nessuno escluso”,

ha ribadito il Papa a braccio, commentando il decreto conciliare Ad Gentes: “L’amore del Padre ha per destinatario ogni essere umano. È un amore che raggiunge ogni uomo e donna attraverso la missione del Figlio, mediatore della salvezza e nostro redentore, e mediante la missione dello Spirito Santo, che opera in ciascuno, sia nei battezzati sia nei non battezzati”. “La tentazione di procedere in solitaria è sempre in agguato, specialmente quando il cammino si fa impervio e sentiamo il peso dell’impegno”, il monito di Francesco, secondo il quale

“altrettanto pericolosa è la tentazione di seguire più facili vie pseudo-ecclesiali, di adottare la logica mondana dei numeri e dei sondaggi, di contare sulla forza delle nostre idee, dei programmi, delle strutture, delle relazioni che contano”.

“Questo non va, questo deve aiutare un po’, ma il principale è un’altra cosa”, ha commentato a braccio: “la forza che lo Spirito ti dà per annunciare il Vangelo, tutte le altre cose non sono necessarie”.

“L’evangelizzazione è un servizio: se una persona si dice evangelizzatore e non ha quell’atteggiamento, quel cuore di servitore e si crede padrone, non è un evangelizzatore: è un poveraccio”,

ha detto il Papa a braccio riferendosi allo zelo apostolico, che “non è entusiasmo, è un’altra cosa: è la grazia di Dio che agisce”. “Nel popolo di Dio pellegrino ed evangelizzatore non ci sono soggetti attivi e soggetti passivi, non ci sono quelli che annunciano il Vangelo e quelli che stanno zitti”, ha spiegato Francesco. “Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione”, ha ribadito citando l’Evangelii gaudium: “Tu sei cristiano? Sì, sono cristiano, ho ricevuto il battesimo’. ‘Se tu non evangelizzi, non dai testimonianza del battesimo che hai ricevuto, tu non sei un cristiano’”. “In virtù del battesimo ricevuto e della conseguente incorporazione nella Chiesa, ogni battezzato partecipa alla missione della Chiesa e, in essa, alla missione di Cristo Re, Sacerdote e Profeta”, ha ricordato il Papa: “Questo compito è uno e immutabile in ogni luogo e in ogni situazione, anche se in base al variare delle circostanze non si esplica allo stesso modo”. “Questo ci invita a non sclerotizzarci o fossilizzarci”, l’esortazione papale: “lo zelo missionario del credente si esprime anche come ricerca creativa di nuovi modi di annunciare e testimoniare, di nuovi modi per incontrare l’umanità ferita di cui Cristo si è fatto carico. Insomma, di nuovi modi per rendere servizio al Vangelo e all’umanità”. “Risalire all’amore fontale del Padre e alle missioni del Figlio e dello Spirito Santo non ci chiude in spazi di statica tranquillità personale”, l’indicazione di rotta: “Al contrario, ci porta a riconoscere la gratuità del dono della pienezza di vita alla quale siamo chiamati, dono per il quale lodiamo e ringraziamo Dio. E anche questo dono non è solo per noi, è per darlo: e ci porta anche a vivere sempre più pienamente quanto ricevuto e condividerlo con gli altri, con senso di responsabilità e percorrendo insieme le strade tante volte tortuose e difficili della storia, in attesa vigilante e operosa del suo compimento”. “Chiediamo al Signore questa grazia”, l’appello finale a braccio: “di prendere in mano questa vocazione cristiana e rendere grazie al Signore di quello che ci ha dato, di questo tesoro, e cercare di comunicarlo agli altri”.

 

 

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