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Papa all’udienza: “Guerre distruggono tutto, il dialogo non annacqua”

Papa Francesco ha dedicato l'udienza di oggi alle tappe del viaggio in Bahrein. Durante l'udienza e nei saluti finali i riferimenti alla "martoriata Ucraina" e alla "folle guerra" che, come tutte le altre guerre in atto nel mondo, distrugge tutto

foto SIR/Marco Calvarese

“Il dialogo è l’ossigeno della pace”. Lo ha ribadito il Papa, ripercorrendo idealmente, durante l’udienza di oggi, le tappe del suo viaggio in Bahrein, all’insegna di tre parole: “Dialogo, incontro e cammino”. “Scegliere la via dell’incontro e rifiutare quella dello scontro”, uno degli inviti lanciati nel suo 39° viaggio apostolico: “Quanto bisogno ne abbiamo! Quanto bisogno abbiamo di incontrarci!”, ha esclamato Francesco:

“Penso alla folle guerra di cui è vittima la martoriata Ucraina, e a tanti altri conflitti, che non si risolveranno mai attraverso l’infantile logica delle armi, ma solo con la forza mite del dialogo”.

“Ma tranne l’Ucraina, che è martoriata, pensiamo alle guerre che durano da anni”, ha proseguito il Papa a braccio: “Pensiamo alla Siria, più di dieci anni, pensiamo ai bambini dello Yemen, pensiamo al Myanmar. Adesso la più vicina è l’Ucraina, ma cosa fanno le guerre? Distruggono. Distruggono l’umanità, distruggono tutto”. Anche al termine dell’udienza, nel saluto ai fedeli di lingua italiana, e poco prima in quello ai pellegrini polacchi, Francesco ha menzionato “la martoriata Ucraina”:

“chiediamo al Signore la pace per questa gente così tribolata e che soffre tanta crudeltà dalla parte dei mercenari che fanno la guerra”.

“Il Bahrein, un arcipelago formato da tante isole, ci ha aiutato a capire che non si deve vivere isolandosi, ma avvicinandosi. Lo esige la causa della pace, e il dialogo è l’ossigeno della pace”, ha esordito il Papa. “Non dimenticatevi questo:

il dialogo è l’ossigeno della pace, anche della pace domestica”,

ha aggiunto a braccio: “Se fate una guerra fra marito e moglie, poi c’è il dialogo. In famiglia, dialogare: col dialogo si costruisce la pace”. “In Bahrein – ha raccontato Francesco – ho auspicato che, in tutto il mondo, i responsabili religiosi e civili sappiano guardare al di fuori dei propri confini, delle proprie comunità, per prendersi cura dell’insieme. Solo così si possono affrontare certi temi universali, come la dimenticanza di Dio, la tragedia della fame, la custodia del creato, la pace”. “Non ci può essere dialogo senza incontro”, la ricetta del Papa: “In Bahrein ci siamo incontrati, e più volte ho sentito emergere il desiderio che tra cristiani e musulmani gli incontri aumentino, che si stringano rapporti più saldi, che ci si prenda maggiormente a cuore. In Bahrein – come si usa in Oriente – le persone si portano la mano al cuore quando salutano qualcuno. L’ho fatto anch’io, per fare spazio dentro di me a chi incontravo. Perché, senza accoglienza, il dialogo resta vuoto, apparente, rimane questione di idee e non di realtà”.

“La prima visita di un Papa in Bahrein ha rappresentato un nuovo passo nel cammino tra credenti cristiani e musulmani”,

il bilancio del viaggio: “non per confonderci o annacquare la fede – no, il dialogo non annacqua – ma per costruire alleanze fraterne nel nome del padre Abramo, che fu pellegrino sulla terra sotto lo sguardo misericordioso dell’unico Dio del Cielo, Dio della pace”.

“Il dialogo non annacqua –

ha proseguito Francesco a braccio – perché per dialogare ci vuole avere un’identità propria, si deve partire dalla propria identità. Se tu non hai identità, non puoi dialogare: perché un dialogo sia buono, si deve partire dalla propria identità, essere consci della propria identità, e così si può dialogare”. Poi il riferimento al primo incontro ecumenico di preghiera per la pace, “con il caro Patriarca e Fratello Bartolomeo e con fratelli e sorelle di varie confessioni e riti”. “I fratelli e le sorelle nella fede, che ho incontrato in Bahrein, vivono davvero in cammino”, l’omaggio del Papa: “sono per la maggior parte lavoratori immigrati che, lontani da casa, ritrovano le loro radici nel popolo di Dio e la loro famiglia nella grande famiglia della Chiesa”. “E’ meraviglioso vedere questi immigrati, questi cristiani che si radunano e si sostengono nella fede”, ha commentato a braccio: “e vanno avanti con gioia, nella certezza che la speranza di Dio non delude”. “Incontrandoci e pregando insieme, ci siamo sentiti un cuore solo e un’anima sola”, ha testimoniato Francesco: “Pensando al loro cammino, alla loro esperienza quotidiana di dialogo, sentiamoci tutti chiamati a dilatare gli orizzonti”.

“Per favore, cuori dilatati, non questi cuori chiusi, duri,

perché questa fratellanza umana vada più avanti”, l’appello finale a braccio, unito all’invito “ad aprirci e allargare gli interessi, a dedicarci alla conoscenza degli altri”. “Se tu ti dedichi alla conoscenza degli altri, mai sarai minacciato”, ha garantito il Papa ancora fuori testo: “ma se tu hai paura, tu stesso sarai minacciato. Io dà la mano, ma se dall’altra parte non c’è l’altra mano, non serve. Perché il cammino della fraternità e della pace, per procedere, ha bisogno di tutti e di ciascuno”.

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