Papa in Bahrein: “Un cristiano prima o poi deve sporcarsi le mani per vivere la sua vita cristiana e dare testimonianza”

Si è chiuso con un nuovo appello a una pace duratura in Etiopia e nella martoriata Ucraina il viaggio apostolico di Papa Francesco in Bahrein. Un viaggio breve ma intenso, in cui il Papa, tenendo ben presente la realtà del luogo visitato, ha voluto ricordare le linee guida per costruire una società capace di accogliere, condividere e convivere in pace: la fraternità, l’accoglienza, l’amore incondizionato e senza misura

(Foto: Vatican Media/SIR)

Si è chiuso con un nuovo appello a una pace duratura in Etiopia e nella martoriata Ucraina il viaggio apostolico di Papa Francesco in Bahrein. Un viaggio breve ma intenso, in cui il Papa, tenendo ben presente la realtà del luogo visitato, ha voluto ricordare le linee guida per costruire una società capace di accogliere, condividere e convivere in pace: la fraternità, l’accoglienza, l’amore incondizionato e senza misura. Questa mattina, dopo aver celebrato la Santa Messa in privato, il Santo Padre si è congedato dalla Residenza papale per trasferirsi alla Chiesa del Sacro Cuore a Manama, la prima chiesa cattolica, sorta nel 1940, in Bahrein. Ad attenderlo i vescovi locali, 60 sacerdoti e oltre 1300 tra catechisti e operatori pastorali tutti appartenenti al Vicariato Apostolico dell’Arabia del Nord, dove, lavorano circa 2 milioni di cattolici presenti in Bahrein, Kuwait, Qatar e Arabia Saudita. Con loro, il Papa ha celebrato l’ultimo appuntamento di questo importante viaggio: un incontro di preghiera terminato con la recita dell’Angelus. Ad accoglierlo, al suo arrivo, tre bambini accompagnati da una religiosa, mons. Paul Hinder, amministratore apostolico del Vicariato dell’Arabia del Nord e il Parroco della chiesa del Sacro Cuore con tanto di croce e l’acqua benedetta poi utilizzata dal Santo Padre per aspergere l’assemblea. A precedere le parole del Papa, la testimonianza di Chris Noronha, operatrice pastorale, impegnata nell’accoglienza dei migranti (e le loro famiglie) alla ricerca di un lavoro, e della religiosa Suor Rose Celine testimone dell’impegno missionario, suo e della sua comunità, all’interno delle carceri con le detenute. Il Pontefice, commentando un brano del Vangelo di Giovanni, ha anzitutto esortato i presenti a far crescere e sgorgare nel cuore i doni dello Spirito Santo, facendo riferimento all’acqua viva che sgorga dal Cristo e dai credenti. “Le parole di Gesù – ha esordito il Papa – mi hanno fatto pensare proprio a questa terra: è vero, c’è tanto deserto, ma ci sono anche sorgenti di acqua dolce che scorrono silenziosamente nel sottosuolo, irrigandolo. È una bella immagine di quello che siete voi e soprattutto di ciò che la fede opera nella vita: in superficie emerge la nostra umanità, inaridita da tante fragilità, ma nel sottofondo dell’anima, nell’intimo del cuore, scorre calma e silenziosa l’acqua dolce dello Spirito, che irriga i nostri deserti, disseta la nostra sete di felicità. È di questa acqua viva che parla Gesù, è questa la sorgente di vita nuova che ci promette: il dono dello Spirito Santo, la presenza tenera, amorevole e rigenerante di Dio in noi”. Ricordando quindi il luogo in cui Gesù pronunciava quelle parole, il Tempio, il Papa ha ricordato che Gerusalemme è il luogo sacro dove Gesù morirà sulla croce. Ed è proprio dalla croce, dal cuore trafitto di Cristo che “uscirà l’acqua della vita nuova, l’acqua vivificante dello Spirito Santo, destinata a rigenerare tutta l’umanità liberandola dal peccato e dalla morte”. Perché “ricordiamoci sempre questo: la Chiesa – ha sottolineato – nasce lì, nasce dal costato aperto di Cristo, da un bagno di rigenerazione nello Spirito Santo che ci consegna e ci chiede di accogliere e di vivere: la gioia, l’unità, la profezia”.

“Lo Spirito – ha ribadito – è anzitutto sorgente di gioia. È l’acqua dolce che il Signore vuole far scorrere nei deserti della nostra umanità, è la certezza di non essere mai soli nel cammino della vita. Lo Spirito è infatti Colui che non ci lascia soli, è il Consolatore; ci conforta con la sua presenza discreta e benefica, ci accompagna con amore, ci sostiene nelle lotte e nelle difficoltà, incoraggia i nostri sogni più belli e i nostri desideri più grandi, aprendoci allo stupore e alla bellezza della vita”. Poi un’esortazione rivolta a chi ha scelto la via della consacrazione. “A voi, che avete scoperto questa gioia e la vivete in comunità, vorrei dire: conservatela, anzi, moltiplicatela”. E per moltiplicarla, il Papa indica una sola via: donare! “Sì, è così: la gioia cristiana è contagiosa, perché il Vangelo fa uscire da sé stessi per comunicare la bellezza dell’amore di Dio. È essenziale che nelle comunità cristiane la gioia non venga meno, che sia condivisa. Al contrario, se ci limitiamo a ripetere gesti per abitudine, senza entusiasmo e creatività. perderemo la fede e diventeremo una comunità noiosa, ed è brutto! La gioia cristiana non si può tenere per sé, no: la gioia cristiana non si può tenere per sé e quando la mettiamo in circolo, si moltiplica”.

Il Papa ha quindi ricordato che “lo Spirito Santo è sorgente di unità” e che la vita nello Spirito non può concedere spazio per l’egoismo e le opere della carne, e cioè alle divisioni, alle liti, alle maldicenze e alle chiacchiere. “State attenti al chiacchiericcio – ha ricordato ancora una volta – perché le chiacchiere distruggono una comunità. Per questo, quando lo Spirito del Risorto discende sui discepoli, diventa sorgente di unità, e sorgente di fratellanza contro ogni egoismo”. Francesco è tornato quindi sul perno della fraternità perché “ci rende credibili agli occhi del mondo”. E praticarla fa e farà la differenza “nelle comunità, nelle case religiose, nelle famiglie e nella società multireligiosa e multiculturale in cui viviamo: sempre a favore del dialogo, tessitori di comunione con i fratelli di altri credo e confessioni”.

Infine “lo Spirito come sorgente di profezia” perché “la storia della salvezza – ha continuato il Papa – è costellata da numerosi profeti che Dio chiama, consacra e manda in mezzo al popolo perché parlino a suo nome”. Una storia giunta fino a noi che racconta la vocazione profetica che appartiene ogni cristiano perché “tutti i battezzati hanno ricevuto lo Spirito e tutti sono profeti. E in quanto tali non possiamo far finta di non vedere le opere del male, restare nel “quieto vivere” per non sporcarci le mani. Un cristiano prima o poi deve sporcarsi le mani per vivere la sua vita cristiana e dare testimonianza. Al contrario, abbiamo ricevuto uno Spirito di profezia per portare alla luce, con la nostra testimonianza di vita, il Vangelo”. Solo attraverso la grazia e l’intervento dello Spirito, spiega il Papa, possiamo essere capaci di incarnare e vivere le beatitudini evangeliche, magna carta del cristiano, e di viverle nel quotidiano edificando “quel Regno di Dio nel quale l’amore, la giustizia e la pace si oppongono a ogni forma di egoismo, di violenza e di degrado”. Alla fine un ultimo ringraziamento, alla terra che lo ha accolto e tutti quelli che “hanno lavorato per questo viaggio, a Sua Maestà il Re e alle Autorità di questo Paese, per la squisita ospitalità”.

Altri articoli in Chiesa

Chiesa