Papa in Bahrein: “Il mondo avrà futuro solo nella fraternità”

Nella terza giornata del viaggio apostolico, Francesco ha celebrato di mattina la Messa al Bahrain National Stadium. Di pomeriggio ha incontrato circa 800 giovani alla Scuola del Sacro Cuore, rivolgendo loro tre inviti

(Foto: Vatican Media/SIR)

Un incontro emozionante, con i giovani, circa 800, della Scuola del Sacro Cuore, ad Awali, ha chiuso la penultima giornata del viaggio apostolico di Papa Fancesco in Bahrein. Ad accogliere il Pontefice la direttrice e due docenti. Prima del discorso del Papa, uno studente musulmano e una studentessa cattolica hanno portato la loro testimonianza. Successivamente, dopo un canto e la testimonianza di un giovane cattolico della parrocchia del Sacro Cuore, Papa Francesco si è rivolto ai suoi giovani interlocutori sollecitandoli su tre “piccoli inviti – ha detto – non tanto per insegnarvi qualcosa, quanto per incoraggiarvi”.

“Abbracciare la cultura della cura – ha esordito il Papa – anzitutto di voi stessi: non tanto dell’esterno, ma dell’interno, della parte più nascosta e preziosa di voi, della vostra anima, del vostro cuore”. Cultura della cura poi come “antidoto contro un mondo chiuso impregnato di individualismo, imprigionato dalla tristezza, che genera indifferenza e solitudine. Perché se non impariamo a prenderci cura di ciò che ci sta attorno – degli altri, della città, della società, del creato – finiamo per trascorrere la vita come chi corre, si affanna, fa tante cose, ma, alla fine, rimane triste e solo perché non ha mai gustato fino in fondo la gioia dell’amicizia e della gratuità. Non via accada – ha ribadito – turisti della vita”. A seguire il secondo invito:

seminare fraternità.

Seminate fraternità – ha proseguito – e “sarete raccoglitori di futuro, perché il mondo avrà futuro solo nella fraternità!”. Essere prossimi di tutti, senza fare differenze perché “le parole non bastano: c’è bisogno di gesti concreti portati avanti nel quotidiano”. Infine l’ultimo invito, forse il più difficile: fare delle scelte nella vita. “Come davanti a un bivio – ha sottolineato –, bisogna scegliere, mettersi in gioco, rischiare, decidere. Ma questo richiede una buona strategia: non si può improvvisare, vivendo solo di istinto o solo all’istante! Ma come allenare ‘la capacità di scegliere’, la creatività, il coraggio, la tenacia? Come affinare lo sguardo interiore, imparare a giudicare le situazioni, a cogliere l’essenziale?”. Nella “preghiera silenziosa”, ha indicato il Papa, rassicurando i giovani sulla presenza costante di Dio che “non vi lascia soli, pronto a darvi una mano in atte che gliela chiediate. Egli ci accompagna e ci guida. Non con prodigi e miracoli, ma parlando delicatamente attraverso i nostri pensieri e i nostri sentimenti”.

Prima di chiudere un nuovo appello, “cercate sempre prima dei suggerimenti in internet – ha ricordato – dei buoni consiglieri nella vita. Persone sagge e affidabili che possano orientarvi, aiutarvi. Penso ai genitori e agli insegnanti, ma anche agli anziani, ai nonni, e a un bravo accompagnatore spirituale. Ognuno di noi ha bisogno di essere accompagnato nella strada della vita!”.

In mattinata il Papa aveva incontrato la comunità cattolica alla Messa per la pace e la giustizia, presso il Bahrain National Stadium. Presenti circa 30mila persone giunte dai quattro Paesi del vicariato apostolico dell’Arabia del Nord – Bahrein, Kuwait, Qatar e Arabia Saudita – ma anche da altri Paesi del Golfo e da altri territori. Nella sua omelia Francesco ha puntato alto invitando i fedeli a riflettere sul potere di Cristo: l’amore, esortando tutti ad “amare nel suo nome, ad amare come ha amato Lui”. E quello che propone Cristo non è “un amore sentimentale e romantico” – ha spiegato il Papa – ma concreto e realista perché “parla esplicitamente di malvagi e di nemici”. E non si può ristabilire la pace – ha affermato il Pontefice – se a una parola cattiva si risponde con una parola ancora più cattiva, se a uno schiaffo ne segue un altro: no, “serve ‘disinnescare’, spezzare la catena del male, rompere la spirale della violenza, smettere di covare risentimento, finire di lamentarsi e di piangersi addosso”. Ma l’amore non basta “se lo confiniamo nell’ambito ristretto di coloro da cui riceviamo altrettanto amore”.

(Foto: Vatican Media/SIR)

La vera sfida, per essere figli del Padre e costruire un mondo di fratelli, è imparare ad amare tutti, anche il nemico, e questo “significa portare in terra il riflesso del Cielo – ha aggiunto –, è far discendere sul mondo lo sguardo e il cuore del Padre, che non fa distinzioni, non discrimina”. E tale capacità – ha concluso – “non può essere solo frutto dei nostri sforzi, è anzitutto una grazia” da chiedere a Dio perché tante volte portiamo all’attenzione del Signore molte richieste, ma questo è l’essenziale per il cristiano, saper amare come Cristo. Amare è il dono più grande”.

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