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Guardando a Santa Marta, per non perdere ciò che è importante

Marta, la donna del Vangelo che accoglie nella sua casa Gesù che “amava Marta e sua sorella e Lazzaro” (Gv 11,5), ci fa vedere plasticamente come viviamo a volte quando siamo presi da mille cose e trascuriamo le persone. Responsabile di tutto l’andamento della casa, ella si preoccupa di onorare l’ospite, di programmare tutto, perché non manchi nulla al Maestro. Non si ferma, non rimane di fronte a lui per incontrare lo sguardo, sembra ignorare la sua presenza reale, anche se si adopera con ansia per preparare il pasto. Si identifica con il suo ruolo, non si lascia guidare dal senso della sua vita che orienta tutti i momenti dell’esistenza. Ha bisogno di essere riconosciuta perfetta, perché non riconosce che l’essere umano ha in dotazione anche le fragilità

(Fonte Wikipedia)

Siamo in questo tempo alla continua ricerca di un contenitore simile al tagadà che ci faccia provare l’ebbrezza della sospensione a tutti gli effetti. Abbiamo, a volte, paura di fermarci, di sentire i piedi aderenti alla terra. Ci lasciamo avvolgere dai tanti rumori che, come un fiume in piena, tacitano il presente, tanto da non accorgerci neanche di chi ci sta accanto. Nell’impeto del movimento, spesso trasciniamo tutto ciò che incontriamo di umano, senza rendercene conto. É come se il verso dantesco “non ti curar di lor, ma guarda e passa” sia stato assunto oggi come un invito ad ignorare tutti e tutto, per occuparci solo del nostro io.

Il diritto individuale ormai è slegato da ogni criterio della cura del bene comune. Ognuno si allena a guardare solo il particolare, sganciato da tutto il resto…purché ogni cosa vada bene solo per sé!

Continuiamo a rimuginare per trovare ogni soluzione che difenda il nostro orticello. Gridiamo se un micino o un cucciolo di cane sono stati abbandonati, ci preoccupiamo di trovare i farmaci per loro per colesterolo, spendiamo tanti soldi per i cibi senza grasso… mentre ai bambini dei Paesi in via di sviluppo si misura il polsino, per verificare lo stato di salute precaria a causa della denutrizione.

Siamo presi da mille pensieri che ci attraversano, da fiumi di parole che sembrano riempire il vuoto e che ci allontanano sempre di più dalle relazioni. Acronimi, frasi con varie ellissi, pause e messaggi vocali sincopati, ecc. costituiscono la maggior parte della comunicazione oggi. A volte si ha la sensazione che chi parla e chi ascolta sono realmente assenti, le loro voci sembrano non incrociarsi e perdersi nell’etere, perché l’emittente e il ricevente, mentre blaterano, sono occupati contemporaneamente in tutt’altro.

Marta, la donna del Vangelo che accoglie nella sua casa Gesù che “amava Marta e sua sorella e Lazzaro” (Gv 11,5), ci fa vedere plasticamente come viviamo a volte quando siamo presi da mille cose e trascuriamo le persone. Responsabile di tutto l’andamento della casa, ella si preoccupa di onorare l’ospite, di programmare tutto, perché non manchi nulla al Maestro. Si rapporta con Gesù soprattutto a livello cognitivo. Non si ferma, non rimane di fronte a lui per incontrare lo sguardo, sembra ignorare la sua presenza reale, anche se si adopera con ansia per preparare il pasto. Si identifica con il suo ruolo, non si lascia guidare dal senso della sua vita che orienta tutti i momenti dell’esistenza. Ha bisogno di essere riconosciuta perfetta, perché non riconosce che l’essere umano ha in dotazione anche le fragilità.La sua esperienza ci rimanda bene al nostro comportamento: perdiamo spesso il senso dell’accadimento, siamo presi dall’ansia, non siamo attenti alla realtà, non rimaniamo in contatto con noi stessi nel qui e ora, non ci ascoltiamo e non ascoltiamo. Siamo spesso assenti dalla vita, mentre passano tante storie davanti ai nostri occhi e non ce ne accorgiamo.É sintomatico l’esempio di una donna anziana che con il caldo continua a coprirsi con la giacca a vento. Alla domanda: perché non togli la giacca? Ella risponde: mi fa compagnia! Il cucciolo è da accudire, da coccolare…ma è proprio vero che l’animale ha bisogno delle nostre coccole o siamo noi che non siamo più capaci di tenerezza e ci procuriamo quelle che non ci impegnano nella relazione, nella reciprocità, nell’accoglienza, nel dono gratuito?

Gesù dice anche a noi come a Marta di non agitarci per tante cose, perché possiamo lasciarci sfuggire ciò che è veramente importante nella vita. Ci chiede di non girare a vuoto, di non rischiare di perdere il motivo per cui rendiamo un servizio, di non occupare spazi per esercitare il potere, ma soprattutto di non perdere il senso della nostra vita.

Egli ci invita a non rimanere nel circuito di una visione parziale della vita, a valutare la situazione attraverso una lettura globale che ci permette di riconoscere la presenza propria e altrui. La generatività passa anche dall’abbattimento dello steccato che divide le relazioni umane, per riconoscere e rispettare la soglia del Mistero di ciascuno e scegliere di rimanere sempre con l’altro/a.

Il grido di Marta è anche il nostro, soprattutto quando perdiamo la bussola del momento presente. Presi solo dall’efficientismo, ci paralizziamo nei nostri schemi. Allora scopriamo il vuoto dentro e intorno a noi e andiamo in confusione. La stessa fede che ci porta a vedere la presenza di Dio nell’esistenza, sembra diventare molte volte evanescente. Così il tempo abitato da Dio sembra perdere consistenza. C’è l’illusione che tutto ha origine da noi, che ogni evento può essere deciso individualmente, che possiamo pilotare la vita a nostro piacimento.

Chi sono io, Signore? Chi sei Tu? Chi sono gli altri che incontro?

Gesù affettuosamente esorta Marta ed ella si ferma ad ascoltare: entra in intimità ritrovando il centro. Egli invita anche noi ad unificarci interiormente, a metterci in ascolto della Parola, perché la relazione con lui possa farci riscoprire la bellezza delle relazioni umane reali che rimandano al Mistero. Ancora oggi Gesù che cammina con noi, ci chiede di vivere la mistica dell’incontro, la mistica dello stare insieme.

Allora: a quando dirci con gioia la bellezza dell’essere umani?

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