Il vescovo, la consacrata, il docente universitario: tre voci per un’esperienza condivisa della sinodalità

Intorno ai tavoli sinodali come intorno a quelli della crisi Russo-Ucraino, si corre spesso il rischio che ciascuno partecipi col proprio linguaggio e le proprie finalità, senza il convincimento di voler compiere passi insieme. È il grande rischio che oggi potrebbe correre anche il cammino sinodale proposto da Papa Francesco, che è un’occasione convincente, realmente ecclesiale ed evangelica, ma che ha il suo punto debole in una struttura che cerca ancora cose da fare, piuttosto che stili nuovi da assumere. Tre voci appartenenti a stati di vita diversi offrono alcune considerazioni sul cammino che si sta compiendo in luoghi differenti

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Intorno ai tavoli sinodali come intorno a quelli della crisi Russo-Ucraino, si corre spesso il rischio che ciascuno partecipi col proprio linguaggio e le proprie finalità, senza il convincimento di voler compiere passi insieme. È il grande rischio che oggi potrebbe correre anche il cammino sinodale proposto da Papa Francesco, che è un’occasione convincente, realmente ecclesiale ed evangelica, ma che ha il suo punto debole in una struttura che cerca ancora cose da fare, piuttosto che stili nuovi da assumere.

Tre voci appartenenti a stati di vita diversi offrono alcune considerazioni sul cammino che si sta compiendo in luoghi differenti.

Beniamino Depalma, arcivescovo emerito di Nola, afferma che il desiderio di tutti è ricomporre la Chiesa in una vera unità, dove ognuno porta il proprio contributo. I laici devono essere apprezzati come maestri di vita, i sacerdoti come maestri della fede ed i religiosi come maestri dell’esperienza viva. Il cammino sinodale ha tre verbi essenziali: guardare, ascoltare, discernere. Avere lo sguardo che Dio ha su questa nostra storia, così martoriata e difficile da interpretare, è il primo verbo sinodale proposto. La domanda “siamo capaci di ascoltare?” nasce spontanea di fronte a due difficoltà: la prima è capire se come chiesa siamo realmente in grado di ascoltare, dopo secoli in cui ci siamo specializzati a parlare; la seconda è se gli altri ci vogliono incontrare, dopo una pastorale spesso non inclusiva. Ancora una volta dovremo imparare l’arte del discernimento, non avere la pretesa di soluzioni a problemi, ma far rinascere semplicemente il gusto di prendere contatto con la vita reale.

Suor Diana Papa, clarissa, rileva che in questo tempo molti hanno iniziato con entusiasmo il cammino di sinodalità, ma che gli incontri, a volte organizzati per pochi esperti e non sempre rappresentativi di tutte le realtà ecclesiali, stanno originando in alcuni casi un notevole dispendio di energie. La difficoltà che emerge nasce a volte dalla preoccupazione immediata di trovare delle soluzioni, pur importanti, ma che portano fuori strada, perché non finalizzate a sperimentare che cosa significhi vivere da battezzato. Manca, a volte, il contatto con il silenzio, per qualificare e rendere efficace l’ascolto reciproco. Sembra che ognuno voglia riempire spazi e tempi con iniziative, con attività pur significative, che abbia risposte e soluzioni per tutto, senza lasciarsi toccare dal silenzio che interroga. È significativo quanto dice Papa Francesco a proposito dell’ascolto: “Solo facendo attenzione a chi ascoltiamo, a cosa ascoltiamo, a come ascoltiamo, possiamo crescere nell’arte di comunicare, il cui centro non è una teoria o una tecnica, ma la capacità del cuore che rende possibile la prossimità”.

Infine, come docente universitario, posso dire che la relazione Vocazione – Missione oggi non è riferibile solo al mondo “ecclesiale” ma ad ognuno di noi: il Signore affida a ciascuno una missione nel mondo in virtù del battesimo ricevuto. Si tratta quindi di un binomio che coinvolge tutti nella Chiesa e che prevede un percorso da intraprendere insieme, laici, sacerdoti e religiosi. Un cammino non indefinito, non casuale, non interminabile, ma che stabilisce tappe e scadenze e che richiede decisioni da prendere. Per percorrere l’itinerario bisogna che ognuno sia consapevole che è un inviato e che sappia andare in virtù dell’invito. Ogni battezzato infatti ha ricevuto la chiamata ad andare, per annunciare una Parola acquisita che, in virtù della propria vocazione, ciascuno può testimoniare ed annunciare.

Ecco alcuni aspetti colti del cammino sinodale in atto. Essi possono narrare già in poche battute che l’esperienza condivisa della sinodalità apre orizzonti vasti da esplorare. L’acquisizione di uno stile sinodale che non si esaurisce con le date indicate, anche se importanti, rappresenta infatti una svolta significativa che non si esaurisce nel tempo. Il camminare insieme prevede l’apertura del cuore all’azione dello Spirito di Dio che guida e sorprende sempre coloro che ha chiamato per vivere il Vangelo. La consapevolezza che questo è un tempo di avvio, fa ben sperare che soprattutto dalla base, dai movimenti, dalle associazioni e da tutti gli uomini e le donne di buona volontà possa esserci un fermento che porta buoni frutti.

(*) Università degli Studi Niccolò Cusano

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