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Gli adolescenti italiani da Papa Francesco: la carica dei 100 mila. Don Falabretti (Snpg), “La Chiesa è viva”

“La Chiesa è ancora viva, i 100 mila adolescenti accorsi il giorno di Pasquetta in piazza san Pietro per incontrare Papa Francesco lo dimostra”: così don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale di Pastorale giovanile (Snpg) della Cei traccia al Sir un bilancio di “#Seguimi”, il pellegrinaggio degli adolescenti italiani da Papa Francesco lunedì 18 aprile, Pasquetta. In piazza anche Blanco che ha cantato "Blu celeste".

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“La Chiesa è ancora viva, i 100 mila adolescenti accorsi il giorno di Pasquetta in piazza san Pietro per incontrare Papa Francesco lo dimostra. Questi ragazzi ci hanno sorpreso anche per la loro voglia di incontrarsi, di ritrovarsi, superando in maniera straripante qualunque attesa”: così don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale di Pastorale giovanile (Snpg) della Cei traccia al Sir un bilancio di “#Seguimi”, il pellegrinaggio degli adolescenti italiani a Roma “per condividere un momento di ascolto e di preghiera” insieme a Papa Francesco. La festa che ha preceduto l’incontro con il Papa è stata presentata da Andrea Delogu, insieme a Gabriele Vagnato, con gli interventi di Giovanni Scifoni, Michele La Ginestra e Matteo Romano.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Don Falabretti, cosa l’ha colpita di più dell’incontro con questa marea di adolescenti?
Quello che mi ha sorpreso molto, e non solo me è stata la rilettura del Vangelo, il brano della pesca miracolosa narrata da Giovanni, fatta dai ragazzi. Hanno portato la loro testimonianza parlando a braccio, con il cuore, dimostrando che hanno dentro molto di più di quel che pensiamo, che sanno esprimerlo e che, quando sono liberi di farlo, generano una disposizione all’ascolto da parte degli adulti che è sorprendente. Ci sono stati dei vescovi che ascoltandoli si sono commossi. Mi hanno colpito la loro profondità e la loro compostezza davanti a certi temi risuonati in piazza san Pietro. Il silenzio della piazza in alcuni momenti significativi, come durante il messaggio del Papa, ha fatto venire i brividi.

L’evento, il primo dopo la pandemia, intendeva ridare attenzione a questa generazione che ha sofferto molto in questi due anni. A tale riguardo, quale impegno lascia agli educatori, agli adulti questo incontro?
Per rispondere uso le parole di un pastoralista napoletano, mons. Luigi Pignatiello, che diceva che i ragazzi non sono solo i destinatari di un annuncio ma sono protagonisti attivi della vita dello Spirito, partecipano a questa vita insieme agli adulti.

Il Vangelo non può essere comunicato solo dall’alto verso il basso.

Ascolto e accompagnamento sono due parole chiave sulle quali si è molto discusso nel Sinodo per i giovani di quattro anni fa. L’ascolto mette il maestro, cioè gli adulti, siano essi vescovi, sacerdoti, religiosi, educatori, nella condizione di offrire una testimonianza più credibile proprio perché colpiti da quella dei ragazzi. È a questo punto che arriva la ‘conferma’ nella fede dei giovani da parte del maestro, come Gesù con Pietro, nella consapevolezza che confermare non significa escludere.

Prima di parlare con loro occorre saperli ascoltare?
Non si può pensare di parlare con loro, di convincerli con le parole, se prima non si è disposti ad ascoltarli, senza la pretesa di giudicare il loro mondo. In questo senso Blanco è un regalo ricevuto e ridonato ai ragazzi.

Da più parti, durante la pandemia, è risuonato una sorta di ‘De profundis’ per la Chiesa. Il pellegrinaggio degli adolescenti sembra aver detto tutt’altro, è proprio così?
Questo pellegrinaggio ci ha mostrato che la Chiesa non è finita. La pandemia è stata una prova dura per tutti. La sospensione della liturgia, avere i nostri luoghi ecclesiali, come parrocchie e oratori, vuoti ci ha trasmesso la paura che tutto era finito, che nulla sarebbe tornato come prima. Quante volte abbiamo udito cose simili in questi due anni? In realtà non si è dimostrato vero. Nel momento in cui le nostre chiese locali, i territori, hanno offerto a questi ragazzi ancora una volta un’esperienza di incontro, i ragazzi hanno risposto. È un segno che il radicamento storico, secolare, della Chiesa italiana genera ancora delle attese e rappresenta un punto di riferimento.

La prima cosa che questo evento ci ha donato è che le fila del Vangelo vanno riprese, la vita della Chiesa non è morta.

Ora che ‘il grande evento’ è terminato, bisogna riprendere il cammino…
Riprendiamo il cammino sapendo che, una volta spente tutte le luci del grande evento, si ritorna nella quotidianità, e che non si spegne il compito che ci è affidato: vivere il Vangelo a casa nostra. Davanti alla sorpresa donataci da questi ragazzi, a noi spetta interrogarci sul nostro modo di restare in contatto con loro, di continuare ad accompagnarli e di volergli bene. I ragazzi, per dirla con le parole di Papa Francesco, hanno il fiuto non solo delle cose che amano ma anche e soprattutto del bene che vogliamo loro. Dobbiamo cercare di comprenderli, far capire loro che non siamo giudici ma che gli vogliamo bene per quel che sono, per la loro vita. Gesù non ha smesso di volere bene agli apostoli quando, al momento della Passione, sono andati via tutti. Questo è il motivo per cui il Vangelo ha attraversato 2000 e più anni di storia.

(Foto Vatican Media/SIR)

Questi ragazzi avranno ancora bisogno di noi. Bisogna capire e aspettare i loro tempi, avere pazienza. Andiamo a riprendere questi giovani mostrando il bene che nutriamo per loro. Volergli bene nella consapevolezza che noi non siamo perfetti. Anche noi adulti siamo fragili. I ragazzi ci aiutano a tenere i piedi per terra, a non sentirci migliori di loro, a non salire sulla cattedra degli infallibili. Questo atteggiamento con i ragazzi non paga.

 

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